Anche questa edizione degli Oscar è giunta al termine. E come ogni anno, abbiamo sempre qualcosa da ridire. Eppure, i vincitori sono stati davvero così deludenti, ingiusti e “sbagliati”?
All’Academy, l’organizzazione responsabile degli Oscar, è riconosciuto un passato pieno di errori, di premi mancati, di sbagli clamorosi a discapito di povera – si fa per dire – gente che si è fatta un culo così per un certo ruolo o per un certo film. Basti pensare che nel 1942 “Quarto Potere” di Orson Welles fu nominato in ben nove categorie, tra cui miglior film, e portò a casa una sola vittoria per la migliore sceneggiatura originale. A vincere al suo posto gli Oscar di miglior film e miglior regista fu “Com’era verde la mia valle” di John Ford.
Con questo non si vuole insinuare che Ford non sia un bravo regista, ma semplicemente avanzare l’idea che, grazie al cielo, tutto è soggettivo, soprattutto il cinema, e che non necessariamente i vincitori saranno ricordati nel tempo. Di conseguenza, i veri “Miglior film” non sono sempre quelli che vincono la statuetta, ma coloro che vincono la “morte” e rimangono ai posteri come esempio di cosa si possa fare con una macchina da presa. Diremmo che “Quarto Potere” è uno di questi.
Ritorniamo adesso al presente e cerchiamo di capire per quale motivo questa edizione sia stata un po’ più giusta rispetto alle altre. Ci è capitato di pensare che il “fan service” e il “politicamente corretto” stessero trasformando questa tipologia di trasmissioni in “politicamente corrotte”. Grazie ad “American Fiction”, film nominato in ben cinque categorie e che parla di un uomo che cerca di smascherare una società troppo stereotipata e annichilita proprio dal “politicamente corretto”, quest’anno abbiamo sentito una maggiore leggerezza nella consegna dei premi.
È stato come se avessero candidato questo film per tastare il terreno e vedere come avrebbe reagito il pubblico e, una volta che la simulazione è andata bene, si è deciso di fare le cose per come devono essere fatte, non per come ci si aspettava che dovessero essere. L’esempio lampante è sicuramente quello di Lily Gladstone, la prima attrice nativa americana ad essere nominata ad un Oscar per la migliore interpretazione femminile.
Se avesse vinto, non sarebbe stato sbagliato, poiché in “Killers of the Flower Moon” è stata davvero la ciliegina sulla torta. Allo stesso tempo, però, avrebbe sollevato il problema delle “intenzioni” dell’Academy. La premiano perché vogliono o perché sarebbe la prima nativa americana a vincere un Oscar? Per rispondere a questa domanda, dovremmo rispolverare la “Critica della Ragion Pratica” di Kant, ma non è questo né il luogo né il momento, motivo per cui ci riteniamo soddisfatti della meritatissima vittoria di Emma Stone per “Poor Things”.
E che dire di “Barbie” che, su otto candidature, ha vinto un solo premio? E “Killers of the Flower Moon” che non ne ha vinto neanche uno? Come detto prima, i vincitori non sono necessariamente quelli che portano a casa il maggior numero di statuette. Crediamo solo che, in questa stagione, siano stati entrambi molto sfortunati nel trovare dei film che, in un modo o nell’altro, competevano ad un livello uguale o maggiore al loro.
“Oppenheimer” ha letteralmente spaccato tutto, vincendo il premio per miglior film, miglior regia, miglior attore protagonista (Cillian Murphy) e non protagonista (Robert Downey Jr.), miglior fotografia, miglior montaggio e migliore colonna sonora. Nolan, con il suo “Oppenheimer”, ha vinto ben sette premi su tredici candidature. Allo stesso modo, Lanthimos, con “Poor things”, ha inevitabilmente intralciato la Gerwig e la sua “Barbie” nelle categorie dove altrimenti avrebbe avuto qualche speranza, come miglior trucco e acconciatura, migliore scenografia e migliori costumi.
A parte tutto, di certo è stata una serata movimentata, grazie al cane di “Anatomia di una caduta”, seduto compostamente in mezzo al pubblico, grazie a Steven Spielberg che fa uscire il suo innato lato comico, con Francesca Scorsese che fa TikTok con il padre Martin, con lo sketch di John Cena mezzo nudo sul palco e con l’esibizione di “I’m Just Ken” di Ryan Gosling. Hollywood si sta prendendo meno sul serio, nel bene e nel male. È forse questo un invito per il pubblico a fare lo stesso?
Alla fine dei giochi, siete soddisfatti dei vincitori di quest’anno? Avete visto tutti i film candidati? Nel caso in cui non foste riusciti, teniamo a ricordare che alcuni di essi sono ancora in programmazione nelle sale. Correte a vederli al cinema!