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A cura di Francesco Mirabella
Per omaggiare la memoria di Akira Toriyama, abbiamo voluto parlare di come lui e la sua opera magna, Dragon Ball, abbiano cambiato il mondo
Gli anni ‘80 sono stati etichettati, giustamente, come l’epoca d’oro dei Manga. Sono gli anni di Occhi di Gatto e City hunter, di Ranma ½, Lamù e Cara Dolce Kyoko, di Ken il Guerriero e Jojo. Sono gli anni in cui nelle TV giapponesi le prime tre serie di Gundam rivoluzionavano per sempre il genere Mecha. Eppure, tutti queste opere (che definire fenomenali è dire poco) rimasero per molto tempo un fenomeno insulare, localizzato nel mercato di riferimento, vale a dire il Giappone. Difficile credere che qualcuno potesse immaginare che, da lì a poco, Dragon Ball avrebbe cambiato la storia dei manga.
Toriyama era già un autore affermato prima di Dragon Ball, grazie al manga Dr. Slump, che seguiva le assurde (dis) avventure di Arale, una piccola androide creata dal Senbee Norimaki, un professore tanto geniale quanto pervertito.
Il successo di Arale (dovuto in non piccola parte alle linee guida del suo editor Kuzuhiko Torishima) aveva portato Shueisha, casa editrice produttrice di Weekly Shonen Jump in cui veniva pubblicato il manga, ad essere restia a lasciar concludere il manga, consentendo a Toriyama di portarlo a termine solo quando il suo prossimo lavoro sarebbe stato pronto. Dopo un paio di fallimenti con Chobit e Chobit 2, Toriyama iniziò a lavorare sull’opera che lo avrebbe reso famoso in tutto il mondo.
Ancora una volta, la storia ci insegna quanto possa essere fondamentale avere il giusto editor: fu Torishima a suggerire a Toriyama, grande fan di Bruce Lee e dei film di arti marziali di Hong Kong, di creare uno shonen Kung Fu manga.
Se Dr. Slump era chiaramente influenzato dall’occidente, Dragon Ball ha sempre avuto forti radici nella cultura orientale: la storia prende ispirazione da “Viaggio in Occidente”, un classico della letteratura cinese (Son Goku non è altro che la versione giapponese del nome Sun Wukong, il protagonista di Viaggio in occidente), mischiando humor e Kung fu, prendendo ampia ispirazione da Bruce Lee (Dragon deriva da “Enter the Dragon” e dai numerosi film cloni/imitazioni di Lee con la parola Dragon nel nome) e Jackie Chan.
La ricerca delle sfere avrebbe portato quell’elemento di gioco presente in molti shonen, ispirata dal romanzo Nansō Satomi Hakkenden, in cui i protagonisti devono ritrovare le Otto sfere di un rosario buddista che il vento ha sparso per il Giappone. Questi riferimenti culturali danno al manga quello sfondo familiare ed esotico (il torneo di arti marziali si svolge in un’isola modellata su Bali), che include riferimenti all’Asia Centrale, al Sud Est Asiatico, alla Cina e all’Indonesia.
Dragon Ball è, ancora oggi, il secondo manga più venduto di sempre, secondo solo a One Piece (vale la pena però mettere in prospettiva: Dragon Ball si ferma a 47 volumi, One Piece è arrivato a 108) e possiamo dire, senza timore di smentita, che senza l’opera di Toriyama la scena manga sarebbe stata incredilmente diversa da quella che conosciamo.
Dragon Ball ha costruito il prototipo del protagonista Shonen. Mettiamo a confronto Goku e Kenshiro: Goku presenta un design molto più semplice di quello di Kenshiro, e per questo immediatamente iconico, con un acceso colore dominante e un taglio di capelli assurdo ma unico, il tutto accompagnato da forme morbide.
Questi elementi di design verranno replicati ad nauseam negli anni a venire; molti di quelli che oggi consideriamo Cliché trovano in Dragon Ball la loro origine. Se prendiamo come immediato esempio Naruto e Luffy, la somiglianza è evidente, sopratutto all’inizio delle loro avventure.
Ma Dragon Ball non si limita ad influenzare il mero aspetto esteriore dei protagonisti che verranno: popolarizza i tropoi dei nemici che diventano amici fraterni e i canoni delle trasformazioni, che nei protagonisti nascono sempre da una crescita interiore. Il successo di Vegeta crea la figura del rivale/antagonista, che spesso inizia da nemico e passa tra i buoni senza mai diventarlo del tutto, che cresce mantenendosi diverso e distinto dal protagonista, di cui è lo specchio.
Dragon Ball crea anche il “sistema di potere” attraverso quello che in Italia è diventato il “livello di combattimento” e il presentarsi nei nemici in ordine dal più debole al più forte con provvidenziale power up ad esigenza di trama con annesso aumento drammatico della posta in gioco, fino a che non solo il proprio mondo, ma diversi universi vengono messi a rischio.
Oh, non dimentichiamo le “Tournament Arc”. Nulla di tutto questo esisterebbe senza Dragon Ball.
Come tutti gli innovatori, non tutto quello che Toriyama ha fatto è perfetto. Anzi, il sistema dei livelli di combattimento, che pure Dragon Ball ha inaugurato, viene rapidamente abbandonato di fronte all’assurda crescita nel giro di un arco narrativo (passiamo dai 1500 di Raditz ai 150 MILIONI di Frieza nel giro di due saghe) e questa continua crescita ci porta a momenti in cui il super mega cattivo della settimana prima non vale un pelo del nuovo arrivato, che può ucciderlo semplicemente guardandolo male. Così come le trasformazioni, che da rappresentazioni di un momento di crescita diventano la norma, abusate fino al punto di poter facilmente prevedere quello che sta per succedere.
Dragon Ball non è un manga perfetto. Ma è esattamente quello che il suo pubblico desiderava. Una storia piena di azione, dove il bene vince sempre alla fine, dove anche ai cattivi è data la possibilità di redimersi. Lontana dal percepito obbligo di “incupire” la storia nel nome di un qualche realismo, Dragon Ball è una storia colorata, di evasione, di scene luminose e iconiche.
Dragon Ball è, senza alcun dubbio, il padre degli Shonen moderni. Tutti i mangaka che si dedicano a questo genere sono cresciuti con lui e lo hanno preso a modello, a ispirazione. Senza questa monumentale opera non avremmo avuto One Piece, Naruto, Bleach, Fairy Tale.
Ma Dragon Ball non si è fermato qui. La storia ci porta in un mondo diverso dal nostro ma immediatamente comprensibile. Ci mostra un senso di idealismo, l’universale idea di avere qualcosa per cui lottare, l’universale aspirazione del bene che trionfa sempre sul male, di curarsi degli amici che ci circondano.
Se molti manga erano “ostacolati” da valori e letture che avevano bisogno di una (pur minima) comprensione della cultura nipponica o di una certa maturità, la semplicità di Dragon Ball ha trovato un riscontro immediato nel pubblico più giovane, che lo ha portato al successo in occidente.
Star Comics pubblicò il manga in Italia nel 1995, ma la vera storia di Dragon Ball nel nostro paese ha inizio nel 1999 su Italia 1. Non si trattò del primo tentativo (prima ci provò Doro TV e poi il circuito Junior TV) ma fu sicuramente la versione su Italia 1 a portarla al grande pubblico.
Gli anime non erano una cosa nuova in Italia (per quanto molti venissero macellati nell’editing e nel doppiaggio) ma Dragon Ball fu il primo che non si poteva non conoscere. Per la generazione nata a cavallo del 1990, Dragon Ball era l’immancabile appuntamento dopo la scuola. Si correva a casa e si mangiava davanti le avventure di Goku, di cui si sarebbe parlato l’indomani in classe. Tutti sapevano chi fosse Goku.
Tutti sappiamo chi è Goku. Non serve conoscere il manga o l’anime a menadito per sapere ad esempio a cosa si riferisce Caparezza quando canta “salgo di livello come un super saiyan”.
Uova di pasqua, giocattoli e chi più ne ha più ne metta. Ancora oggi la sigla italiana è sempre presente nei concerti di Giorgio Vanni, ed è incredibilmente difficile trovare un trentenne che non sappia cantare almeno il motivetto di “What is my destiny Dragon Ball…”
Dragon Ball ha spalancato la porta, portando il mondo degli anime e manga oltre la cerchia degli appassionati. Ammaliati da quest’opera tanti, crescendo, hanno cercato manga e anime simili, oppure hanno voluto diversificare, sperimentare cercando qualcosa che fosse radicalmente differente. E così facendo, le TV hanno potuto osare portando nuovi anime e le case editrici nuovi manga.
Anche chi non ha mai conosciuto Dragon Ball ne è in debito. Dragon Ball ha portato i manga da “nicchia orientaleggiante” a vera e propria forma di intrattenimento agli occhi del grande pubblico. Con la morte di Toriyama, se ne va un autore che ha accompagnato una generazione.
Grazie di tutto, sensei.
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