Fedez ha parlato di salute mentale insieme a oltre 300 ragazzi a Torino
Nelle scorse ore Fedez è stato ospite al Circolo dei Lettori di Torino per un incontro promosso dall’associazione Acmos e dalla Fondazione Circolo dei lettori nell’ambito della rassegna in programma fino al primo marzo e dal titolo «una comunità che cura», organizzata per parlare di salute mentale, specialmente nei giovani. Per l’occasione ha dunque parlato di questo importante argomento dicendo:
La tutela della salute mentale dovrebbe essere una priorità per la nostra società. Dobbiamo combattere non solo lo stigma che c’è intorno al tema della salute mentale e all’uso di psicofarmaci, ma anche accendere un riflettore serio su come aiutare i più giovani visto il numero impressionante, e in crescita, di casi di suicidio
Andando avanti Fedez ha parlato della sua malattia e di come abbia avuto paura di morire principalmente per i suoi figli.
Se fossi morto i miei figli non si sarebbero più ricordati di me, erano troppo piccoli. E questa è stata in assoluto la cosa che mi ha fatto più paura, più della morte stessa, ma è stato anche ciò che mi ha dato la forza e la determinazione per affrontare l’operazione. Sono arrivato al punto di prendere sette psicofarmaci tutti insieme fino a quando un antidepressivo mi ha dato, come effetto collaterale, balbuzie. Mi sono spaventato e ho smesso tutti i farmaci di botto, senza scalarli, creando il cosiddetto effetto rebound con conseguenze pesantissime: avevo crampi alle gambe, sono stato dieci giorni a letto senza potermi alzare, non distinguevo la realtà dai sogni, un’esperienza orribile
Il rapper ha poi parlato dei giovani, sempre più soli anche se iperconnessi.
Con la mia Fondazione quest’anno mi dedicherò a un centro di aggregazione che spero sia il primo di una lunga serie, perché credo che siamo noi adulti a dover offrire delle alternative valide al mondo digitale. Le nuove generazioni sono più in gamba di quanto pensiamo ma dobbiamo sostenerle. Questa generazione è la cavia dei social. Andrebbero studiate le ripercussioni psicologiche, psichiatriche e sociali degli stessi social network, ma oggi ci sono pochissimi studi, per questo siamo cavie