Ebbene sì: a quanto pare all’inizio The Last of Us 2 era molto, molto più simile a Bloodborne
“Quando abbiamo iniziato a fare The Last of Us Pt. 2, Neil [Druckmann] voleva essere davvero ambizioso nel cambiare il gioco quasi per intero. Per i primi quattro o cinque mesi, il gioco era una specie di open world ispirato da Bloodborne. Ed era puramente concentrato sul melee, era tutto combattimento a mano”.
Queste le dichiarazioni di Anthony Newman, co-director di TLOU Pt. 2, che ci rivelano qualcosa di inaspettato sulle prime fasi di sviluppo del videogioco Naughty Dog del 2020. “Non era solo il combattimento melee, guardavamo anche alla struttura layout”, aggiunge la lead game designer Emilia Schatz.
“Bloodborne aveva uno spazio davvero aperto che diventava sempre più grande man mano che esploravi. Mi piaceva davvero quel senso che ottenevi di dominio sopra il mondo, comincia a diventare quasi un personaggio nel gioco stesso. E quindi, era anche qualcosa alla quale guardavamo”.
Perché questa strada non è stata poi seguita? “[Ci pensavamo] nel cercare di renderlo il più possibile differente dal primo gioco, ma alla fine la cosa dell’open world non funzionava con la storia che cercavamo di raccontare”, spiega Newman. Peccato, perché sarebbe stato interessante vedere un TLOU strutturato così; comunque, una piccola porzione in stile open world rimane: quando Ellie e Dina esplorano le rovine di Seattle.