Ve lo siete mai domandato? Perché nelle foto di un secolo fa o più le persone hanno sempre sguardi cupi o mogi? Una ragione c’è, e non è quella che pensate voi
Foto, ritratti e sorrisi mancati
Avete presente le caratteristiche foto antiche, risalenti al diciannovesimo secolo o magari all’inizio del ventesimo? Foto di avi, parenti o sconosciuti, tipicamente in bianco e nero, ricordi di un’epoca andata e testimonianze di momenti solenni ma anche ingenui, lasciate a imperitura memoria per i discendenti.
Eppure: perché in queste vecchie fotografie le persone sono sempre così serie? Alcune paiono mogie, o persino tristi. Non si vedono quasi mai sorrisi o sguardi accesi, come nelle foto di oggi. Perché? Potrebbe essere perché ai tempi il momento di scattare una fotografia era immensamente importante, avveniva davvero poco spesso. Ma non è tutto qui.
Brutti denti e tempi lunghi
Ci sono diverse spiegazione dietro a quegli sguardi così poco entusiasti. Una, che riguarda nello specifico l’assenza di sorrisi, è la scarsa igiene dentale e la mancanza di dentisti competenti. La cura dentale era poco diffusa, perciò sorridendo i soggetti avrebbero esposto terribili bocche con denti ingialliti, finti o del tutto assenti. Meglio tenere le labbra serrate.
Un’altra spiegazione, che riguarda più la serietà mostrata in queste foto, chiama in causa i lunghi tempi di realizzazione dell’immagine stessa. Noi siamo abituati a foto scattate in un secondo, ma ai tempi la pratica era ben più complicata. Poteva richiedere molto tempo, a seconda delle esigenze e del perfezionismo del fotografo, causando ai soggetti una grande frustrazione.
Tecnologia e arte
In ogni caso, c’è anche da considerare la tecnologia a disposizione, l’ambiente in cui si scattava la foto, la luce scelta per il momento; non solo: alcuni fotografi si ispiravano a famosi dipinti anche rinascimentali, per creare delle composizioni plastiche eleganti che imitassero l’arte del ritratto.
Questo comportava degli studi e delle richieste che spesso causavano l’impazienza dei soggetti, ai quali veniva domandato di spostarsi, muoversi, assumere posizioni particolari o comporre l’espressione facciale di conseguenza. Facile capire come, quindi, al momento finale dello scatto molti di essi non avessero alcuna voglia di sorridere.
L’arrivo dei sorrisi
E i sorrisi, quando sono arrivati allora? Secondo gli studi da dopo la Seconda Guerra Mondiale, e seguendo la cultura americana diffusa dalla pubblicità. Infatti è stato l’advertisement a far passare un concetto di felicità collegato all’aspetto nelle fotografie, un concetto che oggi abbiamo istintivamente familiare se pensiamo ai centinaia di selfie degli influencer sui social.
Ragion per cui con il prosieguo delle decadi nella seconda metà del novecento le persone hanno imparato a sorridere nelle foto e a mostrarsi felici non perché effettivamente lo fossero, ma perché credevano che persone felici dovessero appunto apparire così. Un cane che si morde la coda, insomma. Pensateci, quando farete il prossimo selfie.