Un dato curioso: nonostante dal 2008 ben 33 film e 20 serial tv hanno portato milioni di euro nelle casse dei Marvel Studios e un numero incontrollato di spettatori ad appassionarsi alle gesta dei supereroi creati da Stan Lee, sono molto pochi tra questi coloro che leggono fumetti Marvel, ma quasi nessuno spettatore digiuno della Settima Arte si è avvicinato alla carta stampata sospinto dall’entusiasmo della visione dei film.
Probabilmente perché se chi ama i serial spillati in edicola, a maggior ragione ama vedere i propri personaggi (quasi) in carne e ossa nella realtà, è più difficile che ci sia attirato da un film al cinema -digiuno di fumetti- corra poi in edicola o in libreria a fare acquisti: il motivo risiede forse nella natura intrinseca delle pubblicazioni della Marvel Comics, ad oggi (dopo 60 anni di editoria ininterrotta) un vero e proprio epos moderno di storie che sono iniziate nel 1963 e da allora non hanno più terminato lo svolgimento.
Tutto Cominciò Così
L’azienda venne fondata nel 1939 e si chiamava allora Timely Publications e dai primi anni cinquanta iniziò ad essere conosciuta come Atlas Comics: la denominazione Marvel risale quindi al 1961, quando in edicola esordisce Fantastic Four, primo numero di una nuova serie che viene canonicamente fatto coincidere con l’inizio dell’Universo Marvel. Un Universo che prende il meglio della produzione passata (nello specifico, tre personaggi soprattutto -Captain America, Namor e Human Torch- e molte suggestioni) che viene però declinata con un nuovo gusto tutto moderno, ovvero quello di Stan Lee.
Sceneggiatore, supervisore e direttore artistico per la maggiorparte delle serie, ebbe un’intuizione geniale, tanto allora quanto oggi visto come il suo Marvel Universe ha rivoluzionato il cinema degli anni Dieci in poi: i diversi protagonisti delle diverse serie interagiscono tra di loro perché vivono nella stessa realtà, ovvero la nostra, quella fuori dalla finestra.
Se allora Spider-Man getta una buccia di banana per strada, è possibile che Captain America ci scivoli sopra; e che due giorni dopo, Thor trovi la buccia e la getti in una spazzatura.
In poche parole: continuità narrativa.Quello che succede a qualcuno influenza tutti gli altri e la realtà che lo circonda.
Caso specifico ancora più esemplificativo: in Captain America # 750, uscito nel settembre del 2023, Steve Rogers (l’uomo sotto la maschera di Captain America) si reca nel cimitero per ricordare il suo amico Arnie Roth, rievocando un’avventura tra le sue più pericolose dove vennero coinvolti insieme, avventura raccontata su Captain America # 298 uscito nell’ottobre 1984. Nei quarant’anni trascorsi nella pubblicazione, niente è stato dimenticato, tutto fa parte della vita dell’eroe. Insomma, come la nostra, di vita, ma un po’ più colorata.
Da quest’intuizione suprema, viene fuori il Marvel Universe: una mole abnorme di storie, personaggi, concetti, storie, lutti, tragedie, nevrosi, intrecciate in una sola enorme narrazione che le comprende tutte. Ne consegue direttamente che per poter far andare avanti la cosa, in sessant’anni è stato necessario -oggi più che allora- inventare nuove sorprese e nuove situazioni per rendere i propri eroi sempre appetibili.
Marvel NOW!
La Marvel, come casa editrice, ha attraversato innumerevoli fasi: dal rischio di bancarotta dei primi anni Novanta fino alla concessione di alcune licenze a studios esterni, dall’arrivo dei Marvel Studios all’osmosi con il cinema fino alla fase iniziata nel 2012 denominata Marvel NOW!, nella quale le testate ripartivano da uno presentando team artistici diversi. Fin qui, nella norma: ma da allora, i numeri 1 sono diventati più che frequenti, e le ripartenze si alternano con frequenza quasi annuale.
Se la continuità narrativa, inizialmente, era un’idea geniale quanto innovativa nella sua freschezza, dopo 60 anni comporta un bagaglio non indifferente di nozioni avvenute che devono essere poi ricordate anche dal lettore nel momento in cui si trova ad affrontare la lettura del fumetto.
È per questo, come si diceva sopra, che un lettore distratto difficilmente salterà a bordo di una serie con decenni di storie alle spalle, se la non conoscenza di questi decenni comporta una scarsa comprensione di ciò che si legge; ed è altrettanto per questo che i creativi della Marvel Comics devono necessariamente azzerare tutto senza azzerare niente, ovvero rendere le ambientazioni dei personaggi comprensibili per tutti i nuovi lettori senza però per questo cancellare tutto il passato.
Negli anni 80 questo comportò un radicale cambiamento di look nei supereroi: Spider-Man indossò per la prima volta il famosissimo costume nero (poi rivelatosi un alieno, ovvero Venom… ma questa è davvero un’altra storia), Thor cambiò il suo costume classico per un’armatura e una folta barba bionda, Hulk diventa grigio, Captain America… smise di essere Captain America e indossò una tuta senza stelle e strisce.
Insomma, un restyling in piena regola; che nei tumultuosi anni Novanta si ripresentò, questa volta sottoforma di “universo tascabile” nel quale Avengers, Iron Man e compagnia combattente si ritrovano a vivere le loro storie senza memoria del passato, come una tabula rasa.
Negli Anni Zero e Dieci, qualcosa di contemporaneamente meno radicale e più sconvolgente: il costume resta, cambia la persona che sta sotto. E quindi niente più Peter Parker a favore del suo corrispettivo da una realtà alternativa, l’adolescente afro-americano Miles Morales; Iron Man è un’armatura vestita da più persone, ma stavolta Tony Stark muore definitivamente. Sono Thor e Captain America però a subire il destino più controverso: se il primo si dimostra indegno del suo martello magico che viene quindi impugnato da una donna, il secondo vede Steve Rogers invecchiato improvvisamente e quindi costretto a lasciare il proprio scudo al suo compagno storico, Sam Wilson, eroe di colore nato e cresciuto ad Harlem.
Insomma, un vero e proprio terremoto che ancora oggi scuote le fondamenta dell’Universo a fumetti più noto al mondo, non senza critiche.
Certo, dal punto di vista sociale e culturale va dato merito alla Marvel di essere non tanto al passo con i tempi, ma ancora di più: è normale che Captain America, simbolo di una Nazione, non sia –sempre- un wasp (white anglo saxon protestants, etnia storicamente dominante negli Stati Uniti), così come è normale che il supereroe con il costume più celebre al mondo, Spider-Man, sia rappresentativo anche della comunità afro-americana.
Dal punto di vista narrativo, la situazione si fa più sfumata: i cambiamenti non sempre sono stati giustificati in maniera coerente, anche se questo alla fine poco importa se la storia raccontata è valida.
The Mighty Thor, nel periodo in cui lo storico biondo dio del tuono non era più un dio ma ad indossare il suo casco c’era Jane Foster, è stato scritto da Jason Aaron e disegnato da Essad Ribic, Russel Dauterman e MikeDel Mundo, questi ultimi tre tra i più importanti illustratori contemporanei (Ribic e Del Mundo dalle suggestioni pittoriche), e Aaron uno dei più influenti scrittori di comics degli ultimi dieci anni, premiato con gli Eisner Awards -tra i più prestigiosi riconoscimenti statunitensi.
Ne consegue che i cinque anni di pubblicazioni (dal dicembre 2014, con Thor vol. 4 -6 numeri- fino all’ottobre 2019, con Thor vol.5 -16 numeri-, passando per Mighty Thor vol. 2 -31 numeri-) sono da considerare un’unica, enorme storia dal sapore mitologico, intrisa di suggestioni norrene ma con profondi risvolti psicologici e sociali mentre parla di malattia, accettazione della perdita e multinazionali.
Lo stesso si può dire per il buon vecchio Cap: se la testata già dagli anni Settanta, prima con Steve Englehart poi con Roger Stern e Mark Gruenwald, si era contraddistinta per la sua estrema aderenza alla situazione politica americana, nel 2005 con Ed Brubaker diventa una vera e propria spy-story affondata negli stati Uniti del complottismo e del post 11 settembre.
Oggi tutte le testate Marvel portano una doppia numerazione: quella del ciclo attuale e quella legacy, ovvero la numerazione storica che conta tutte le pubblicazioni dedicate a quel personaggio: per esempio, se allora in edicola troviamo Captain America 16, la numerazione porta anche il n. 751 quando considera le uscite di Cap dal lontano novembre 1964.
Il ciclone dei Marvel Studios non sembra però avere intaccato più di tanto lo status quo delle storie raccontate nei mensili in libreria, rappresentando oggi film e fumetti due strade che corrono in parallelo con li stessi eroi e con le avventure simili ma non uguali.
Anche il 2023 e il 2024 vedranno numerosi cambiamenti nei team creativi degli albi: se però dal Marvel NOW! fino al 2020 circa il panorama era preda di una vera e propria isteria di turnover autoriali, da qualche anno la situazione si è calmata. E se non si è arrivati allo status quo ante, quando uno scrittore poteva stare sulla stessa testata per anni o addirittura decenni (i casi più eclatanti sono quelli di Peter David su L’Incredibile Hulk, una run eccellente durata undici anni; e quello di Chris Claremont sugli X-Men, sedici anni), poco ci manca: sempre Aaron ha scritto Avengers dal 2018 al 2023.
La Marvel: oggi, domani e dopodomani
Su Captain America, dopo la breve parentesi di Jackson Lanzing e Collin Kelly che sono succeduti a Ta-NehisiCoates (scrittore, giornalista e attivista statunitense tra le altre cose corrispondente per The Atlantic e TheWashington Post), che hanno messo il protagonista in un intrigo internazionale contro Il Circolo Esterno, esseri immortali che governano le sorti del mondo usando denaro e politica, è arrivato a gennaio 2024 J. Michael Straczynski, sceneggiatore per il cinema (sono suoi i soggetti di Changeling di Clint Eastwood e la leggendaria serie tv Babylon 5) e autore di fumetti (storico la sua run su Amazing Spider-Man # 471/545).
Pare che Straczynski racconterà Steve Rogers su un doppio binario: da una parte il presente di Cap, nel quale lo scudiero a stelle e strisce deve fronteggiare una nuova minaccia soprannaturale, dall’altra lo Steve adolescente, nel periodo che va dalla morte dei suoi genitori all’esperimento con il siero del supersoldato che lo ha poi reso un supereroe.
Ha dichiarato lo scrittore a proposito: “Una cosa di Steve Rogers che non è mai stata affrontata è il periodo che intercorre tra la morte dei suoi genitori e il momento in cui diventa Capitan America. Stiamo parlando di un diciassettenne malaticcio e magro, che cerca per diversi anni di sopravvivere da solo in strada perché è testardo e indipendente, cercando di fare qualsiasi cosa, anche quelle più complicate, per permettersi il cibo e un posto dove stare.
Quindi contrapporremo una storia ambientata nel presente, in cui Capitan America affronta un nuovo cattivo di origine soprannaturale, con una nel passato che riguarda il suo io più giovane, ed entrambe le storie saranno strettamente intrecciate.E c’è un altro aspetto fondamentale di quel periodo che affronteremo. Gli anni in cui il giovane Steve era da solo erano gli stessi in cui l’American Bund -a tutti gli effetti il partito nazista in America- stava diventando molto potente nella New York del mondo reale, a pochi isolati da dove lui viveva.
Organizzavano marce e raduni pubblici, molestavano la gente e diffondevano l’odio, il tutto nel tentativo di portare l’America dalla parte dei nazisti. Una campagna che giunse al culmine con il più grande raduno nazista sul suolo americano della storia, quando decine di migliaia di persone, nazisti e simpatizzanti nazisti, si riversarono al Madison Square Garden per celebrare il loro sogno di un Reich millenario.
Metteremo il giovane Steve proprio al centro di quel vortice di vita reale, dove, nonostante le condizioni terribilmente avverse, farà la differenza in un momento ancora più cruciale”. Ancora una volta l’uomo che incontra e si scontra con la Politica e la Storia.
Una specie di ritorno al passato insieme ad un presente ben vivo è di scena anche sulle pagine in edicola ora del mensile dedicato al tonante Thor, The Immortal Thor, scritto da Al Ewing e disegnato da Martin Croccolo.,
Perché arriva nelle storie Toranos, entità tanto antica quanto potente proveniente da un reame mistico che ospita forze primordiali che sono considerate “gli dei degli dei”: non per niente, il primo numero (761 per la numerazione legacy) si apre con una citazione dell’Edda antica di Saemund Sigfussan (scrittore e presbitero inglese che scrisse un’opera probabilmente in latino, una saga dei re sulla storia dei re di Norvegia, opera oggi perduta): “Si scuote Yggdrasil, frassino eretto; geme l’albero antico, e il gigante è libero. Volete saperne ancora?”.
Contemporaneamente, sul numero 4 (che arriverà nelle edicole statunitensi a maggio 2024), la Roxxon -società immaginaria apparsa per la prima volta su Captain America # 180 nel settembre 1974, creata da Steve Englehart e poi riutilizzata da Aaron che l’ha trasformata in una multinazionale-, compagnia petrolifera spietata con a capo Dario Agger, un Minotauro, aprirà un progetto editoriale con cui minacciare la mitologia supereroica della stessa Marvel Comics. Nel farlo, chiuderà la testata The Immortal Thor (!!!) e la sostituirà con Roxxon presents Thor. Purissimo metafumetto, quindi: il passato degli dei norreni che incontra il presente della metaletteratura.
Hulk invece esce da una lunga gestione dello stesso Ewing che ora scrive Thor: dal 2018 al 2024 The ImmortalHulk è stata una delle migliori serie in circolazione, ultrapop ma sottile, mainstream eppure dalla spiccata sensibilità, sofisticato e a tratti realmente pauroso. Grazie ai preziosi disegni di Joe Bennet, Immortal Hulk è stata una serie complessissima che ha giocato con il lettore come il gatto con il topo, seminando indizi testuali e grafici, in un labirinto di segni e segnali che diventano intreccio narrativo, scrivendo una storia apparente e una nascosta piena di riferimenti e significati esoterici e filosofici (come dice Hulk in un episodio: “ci sono due persone in ogni specchio: c’è quella che vedi, e c’è l’latra, quella che non vuoi”). A raccogliere il testimone è arrivato Phillip Kennedy Johnson: che non rinnega l’impostazione da horror cannibale del collega, anzi l’accentua, sostituendo però quel sottotesto esoterico con uno più misterico ed enigmatico.
Parlando invece di Daredevil, forse la serie Marvel Comics tradizionalmente più d’autore dal 1982 in poi, ovvero da quando Frank Miller l’ha trasformata in un affascinante noir: Chip Zdarsky ai testi e MarcoChecchetto ai (meravigliosi) disegni hanno creato, dal 2019 ad oggi, un affresco narrativo che tiene ben presente le lezioni di Miller, ma anche della Ann Nocenti, Joe Quesada, David Mack, Mark Waid, CharlesSoule, trattando cioè giustamente il giustiziere cieco come un supereroe esistenzialista, colui che incarna il dissidio interno a tutti gli eroi Marvel in maniera lampante, ovvero tutore della legge di giorno come avvocato e vigilante di notte. Per di più non vedente, una condizione fisica che si riflette in una metaforica e si collega alla profonda religiosità che ha sempre contraddistinto il personaggio (centrale nella saga capolavoro di Miller e DavidMazzucchelli, Born Again)
È quindi appena finito il ciclo di Zdarsky-Checchetto, che hanno ridefinito il ruolo di Matt Murdock mettendolo contro la sua nemesi di sempre (la setta ninja della Mano) insieme all’amore della sua vita, Elektra Natchios. Un ciclo finito con un botto: mentre tutti perdono la memoria circa la doppia identità -non più segreta- di Daredevil, Matt Murdock diventa prete! I prossimi numeri saranno ad opera di Saladin Ahmed ai testi e Aaron Kuder ai disegni.
Chiudiamo con il gruppo per eccellenza, ovvero gli Avengers. Da sempre legati a doppio filo con trame che rispecchiavano la situazione politica internazionale, tra crisi e guerre, il team di Cap, Iron Man e Thor ha avuto un momento di vera grandezza quando Jonathan Hickman, autore geniale, per cinque anni ha portati avanti le trame con una macrostoria riguardante il concetto di Multiverso (oggi diventato di pubblico utilizzo); e ancora prima, con Brian Michael Bendis, scrittore proveniente dal fumetto underground che ha rifondato il concetto di continuità nel Marvel Universe rifondando il gruppo stesso e portandolo nel nuovo millennio, con un ciclo durato sette anni.
Gli anni Venti sono stati appannaggio i Waid prima, con storie in bilico tra tradizione e modernità, e di nuovo Aaron che ha riportato la grandeur leggendaria.
Attualmente, Jed McKay scrive e R. B. Silva disegna: ancora una volta come in passato (con Roger Stern, Steve Englehart, John Byrne, Roy Thomas, Kurt Busiek…) le storie si legano a doppio filo con la politica internazionale e inseriscono gli eroi in una trama complessa che li mette a confronto con un nemico misterioso (Myrrdin) e con un alleato ex villain (Kang il conquistatore), per una guerra multiversale che mette a dura prova ogni singolo membro.
Quasi del tutto incurante del successo o meno al botteghino dei film collegati al suo universo, la Marvel continua insomma a rimescolare i suoi team creativi, riuscendo a rendere i suoi personaggi sempre freschi e attuali, specchio (a volte deformante, a volte oscuro, sempre realistico) della nostra realtà.
(tutti i fumetti Marvel Comics sono pubblicati in Italia da Panini Comics)