No Activity, la nuova serie di Prime: intervista a Maccio

Maccio è tra gli interpreti di No Activity, nuova comedy Prime: abbiamo incontrato l'autore per parlare di questo e tanto altro

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Dal 18 gennaio è disponibile su Prime Video la prima stagione di No Activity, adattamento del format australiano omonimo creato da Jungle Entarteinment. Lo show è prodotto da Amazon MGM Studios e Groenlandia e diretto da Valerio Vestoso e scritto da Laura Grimaldi, Paolo Piccirillo, Stefano Di Santi e Piero Seghetti. Il cast è sontuoso: Luca Zingaretti, Diego Abatantuono, Rocco Papaleo, Maccio Capatonda, Carla Signoris, Emanuela Fanelli, Tommaso Ragno, Fabio Balsamo e Alessandro Tiberi.

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In breve, la storia si svolge in tre location differenti con la narrazione che corre in parallelo: in attesa di un importante carico di droga e conseguente blitz della polizia, assistiamo ai momenti di attesa di due poliziotti in appostamento, due operatrici della centrale pronte ad inviare rinforzi, due criminali in attesa. Il carico non arriva, e l’attesa diventa estenuante…

No Activity è un piccolo gioiello di scrittura lasciato in mano ad un cast sbizzarrito e irresistibile.

La sceneggiatura -scritta a quatto mani- riesce nell’intento di tenere insieme una serie di sketch, scenette e siparietti in una storia lineare ma seghettata su tre diversi luoghi. Ma la cosa migliore è che No Activity ha un’impostazione classicissima, quasi vecchio stampo, guardando da vicino alle strisce slapstick che passavano una volta prima del prime time (o anche la struttura di fumetti da tabloid del secolo scorso): eppure ha un ritmo velocissimo e postmoderno, anche per l’estro di attori sopraffini ed efficacissimi.

Maccio Capatonda interpreta Nanni, o come si fa chiamare il personaggio “Nanni il Buon Sammaritano”: lo abbiamo incontrato per parlare del suo ruolo e del suo cinema

Maccio Capatonda e la sua evoluzione: l’intervista

GF: Su Prime Video c’è No Activity, una serie divertente e postmoderna nella quale hai il ruolo del Buon Sammaritano: ci racconti il ruolo, com’è nato e come lo hai adattato a te?

MC: Guarda, il ruolo me l’hanno proposto Valerio e gli autori della serie: ho accettato perché mi piaceva l’idea di esprimermi in quel modo. Ultimamente ho accantonato le mie solite macchiette, o comunque ruoli grotteschi, sto facendo quasi sempre me stesso. Invece questo Buon Sammaritano è una proposta in cui mi si chiedeva di spingere un po’ di più sulla caratterizzazione, e ho accettato anche perché mi permetteva di staccare da quello che sto facendo ora, anche nel mio ultimo film.

Quindi, mi ha raccontato del complottismo esasperato di questo Nanni e mi ha convinto perché mi piacciono molto i ruoli così caratterizzati, mi permettono di sfogarmi, di sfogare delle parti di me che nella vita normale non sarei in grado di esprimere.

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GF: Hai accennato a Il Migliore Del Mondi, il tuo terzo film da regista uscito sempre su Prime Video a fine novembre: ed è un film dove ti rinnovi come autore perché, se prima (nelle tue due prime opere, Italiano Medio e Omicidio all’Italiana) riproponevi in forma filmica la tua cifra surreale e grottesca, qua hai una veste più scarnificata e realista. Però contemporaneamente continui ad avere una tua precisissima vena autoriale: io ho sempre visto nelle tue raffigurazioni dell’uomo le macerie umane ed esistenziali nello stile di Ciprì e Maresco, ora ti spogli dalle macchiette ma continui ad avere uno sguardo lucido sul mondo. Hai un autore di riferimento per modellare il tuo stile?

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MC: Mah, io ho vari autori che mi piacciono, sono cresciuto con Ciprì e Maresco, con la comicità degli autori come Troisi e Verdone, quindi ultimamente tendo a Ricky Gervais, Larry David, lo stesso Woody Allen: in questo film ho cercato di fare quello che fanno molti comici che poi passano al cinema, ovvero creare una maschera che però crea un me al naturale, una versione di me empatica per il pubblico. Una mediazione: un me naturale che però possa andare bene per il cinema e incarnare un eroe cinematografico il cui punto di vista è condivisibile dalla maggiorparte del pubblico. Per essere credibili.

GF: Nonostante quello che potrebbe sembrare, la tua comicità è sempre stata molto intellettuale, e lo dimostri anche con le serie, con i film. Nel post Covid, si è accentuata la guerra (che guerra non dovrebbe essere ma solo dicotomia) tra schermo e piattaforme: ma proprio le piattaforme, offrono uno sbocco in più a chi vuole fare un cinema diverso? Ovvero opere che svicolano dal mainstream e in qualche modo si pongono in posizioni nuove, inedite…

MC: In realtà, nel mio caso è vero: se ci penso, il mio film non è stato mandato al cinema perché c’era un po’ di paura nell’effetto che potesse suscitare in sala, considerando che le sale ultimamente non godono di buona salute. Si è preferito allora darlo alle piattaforme che sono state in grado di accoglierlo, proprio perché sono in grado di proporre contenuti più spinti su certi punti di vista. Penso a Prime, ma anche Mubi: in molti casi rappresentano lo sbocco per alcuni autori che il cinema non ha il coraggio di proiettare.

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GF: Sei sempre stato molto attivo sui social. Ultimamente, l’utilizzo dei social distorce la fruizione del film da parte dello spettatore, e in qualche modo interrompe la tranquilla mediazione tra utente e opera con reazioni scomposte e spesso fuori luogo. Pensi che i social possano intromettersi definitivamente tra schermo e spettatore?

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MC: Non penso che i social vadano contro il cinema, in assoluto. Il social purtroppo è un’amplificazione della tendenza dell’umano a fare pettegolezzo in generale, non vedo un legame diretto contro il cinema. Io uso i social per promuovere il cinema, li uso sempre con discrezione.

Maccio is the man: da Mario all’Omicidio

Maccio (al secolo, Marcello Macchia) inizia in tv, costruendo dei finti reality come Il Divano Scomodo o Il Gabinetto e il Grandangolo, che partono spesso dal parodiare film famosi per arrivare a prendere in giro la tecnica cinematografica. Si intravede subito, al di là del gusto per lo sberleffo, una vena autarchica e originale basata su un grottesco spintissimo che non si tira indietro difronte a incredibili calembour lessicali. Lui, per sua stessa ammissione, si è “nutrito di tanta televisione negli anni ’80 e ’90, e le cose più comiche come le tv regionali per finire alle televendite, ai maghi o ai cartomanti, perché il trash nasce dal tentativo malriuscito di fare una cosa”. Un gioco citazionista che lo porta dritto fino a Mario – Una Serie di Maccio (prima stagione con 18 episodi, seconda con 16, disponibili su Paramount Plus), ovvero la realtà della televisione -e non solo- attraverso la ridicolizzazione dei telegiornali, piena di trovate geniali e non-sense.

Intelligenza acutissima e dialoghi brillanti che si ritrovano nel primo film da regista di Maccio, Italiano Medio, opera prima che prende in prestito gli stilemi della commedia trash per sbeffeggiare un certo tipo di intrattenimento, giocando ancora una volta sul peggio che ci circonda. Il film è una sintesi fondamentale dal punto di vista sociale e culturale nel momento in cui individua il medium televisivo come un monstrum vivente, un blob vischioso e magmatico che travolge tutto e tutti.

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Prima del secondo film, Maccio firma i 20 episodi di Mariottide, cortocircuito di generi (che riprenderà in maniera più cinefila nel successivo The Generi) che sfrutta il dramma per far ridere, sfora nel grottesco più puro ma con leggerezza disarmante quanto geniale. Allo stesso modo, Omicidio all’Italiana è figlio del ventennio di incontrastato dominio televisivo, dove ogni cosa è figlia di un immaginario povero e volgare, sbranato e imbrigliato in una stratificazione di ignoranza e pochezza artistica.

In questo Maccio sguazza, irridendo anche il potere additato come causa ed effetto di una regressione culturale spaventosa in un vortice di senso: un paese dove si crede più alla tv che alla realtà. “Scappiamo! I giornalisti stanno venendo ad arrestarci!

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