Westworld, dove tutto (non) è possibile: la libertà e il controllo nella serie distopica

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In Westworld il concetto di libertà passa attraverso filtri complessi, che riflettono l’intricata concezione che ne abbiamo noi umani. E cerca di rispondere alla domanda: è davvero possibile essere liberi?

Inerzia e controllo

Mesi fa sul celebre social TikTok sono apparse delle persone che imitavano, in cambio di “regali”, i personaggi non giocanti dei videogiochi (NPC) muovendosi come loro e dicendo parole scollegate e apparentemente senza senso, in un loop a tratti inquietante. Il “rendersi” inermi come un NPC, in balia dei desideri e curiosità di sconosciuti, può diventare pericoloso.

Così come è successo alla performance dell’artista Marina Abramović nel 1974, (Rhythm 0) in cui si è esposta, per sei ore, al pubblico con vicino degli oggetti (di “piacere e dolore”) senza far nulla e passivamente dicendo loro che potevano far ciò che volevano, e alla fine si è ritrovata ferita, denudata e con una pistola in mano.

Certo paragonare la performance della Abramovic con il trend TikTok può risultare azzardato ed esagerato, è stata una moda passeggera, ma c’è già chi ha parlato di sessualizzazione ed oggettivazione nei confronti dei giovani creator che partecipano a questi trend (trattandosi di giovani donne).

Se delle persone si offrono agli altri in modo passivo senza reagire, come nella performance allora uscirà la parte più violenta e predatoria dell’essere umano, quelle che si scatena nei videogiochi e nei giochi violenti dell’infanzia perché “non è nulla di reale, non sono vere persone”. E, nel caso di vittime “reali”, daranno la colpa a loro, de-responsabilizzandosi (visto che in fondo, hanno avuto “il permesso” – come probabilmente si saranno giustificati chi ha partecipato alla performance dell’Abramovic).

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I robot e gli umani

Stanley Milgram si è reso conto del peso di questa “libertà” con il suo esperimento sullo studio dell’obbedienza all’autorità, quando la maggior parte dei suoi partecipanti hanno alzato il voltaggio della carica elettrica per punire chi ha dato risposte sbagliate a semplici domande.

Ma ovviamente la scarica elettrica era finta e chi la riceveva era un complice (i partecipanti erano ignari di ciò); tutto solo perché al loro fianco c’era qualcuno vestito da medico, a rassicurar loro che non ci sarebbero state conseguenze, che la scarica non era così letale (ma si sarebbero spinti fino al punto di non ritorno se gli avessero dato la possibilità).

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Un altro luogo dove non esistono conseguenze per le azioni commesse è Westworld (serie di quattro stagioni creata nel 2016 da Jonathan Nolan e Lisa Joy), un enorme parco giochi a tema far west (e non solo) dove letteralmente tutto è concesso, un parco giochi creato da Robert Ford (un sempre magnetico Anthony Hopkins) i cui residenti permanenti sono androidi con fattezze umane. Ma non umani: e perciò, si può fare loro quel che si vuole.

Cosa significherebbe essere ogni giorno violentati, uccisi e soprattutto dover recitare un ruolo predestinato, ogni giorno ripetere le stesse battute, le stesse azioni, senza aver memoria di ciò che abbiamo subito, ripartire ogni giorno da zero? Ma noi non siamo NPC, non possiamo dimenticare né resettare gli abusi e le violenze, non possiamo davvero dimenticarle, da qualche parte nel nostro inconscio restano immagazzinate, e ritornano, sotto forma di incubi o flashback, così come accade ai “residenti” di Westworld.

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Labirinto e realtà

Ma Ford, demiurgo e Dio compassionevole, ha creato un “gioco”, un labirinto che permetta loro di acquisire una coscienza  e “liberarsi”; un gioco che provano a giocare anche certi “ospiti” umani fin troppo assorbiti da quel mondo fittizio, fino a dimenticare, ma allo stesso tempo scoprire sé stessi (come è accaduto a William, il misterioso “uomo in nero” che nelle prime stagioni vaga apparentemente senza scopo, per Westworld).

Noi umani non abbiamo bisogno del labirinto, ci siamo già liberati dal gioco divino con l’acquisizione del libero arbitrio, eppure le cose in Westworld nella quarta stagione si ribaltano, sono gli umani a vivere in un “parco giochi” con storie e battute già scritte per loro, sotto l’occhio vigile dell’ex-residente Dolores (nel corpo di Hale), un androide che governa, per vendetta e voler fare subire ai nuovi “residenti” ciò che loro hanno subito nel mondo di Ford.

Corsi e ricorsi storici, sosteneva il filosofo italiano Giambattista Vico; e così vale per i residenti che, avendo conosciuto nella loro esistenza solo Westworld e le sue violenze, la ricreano ma nel mondo reale, facendo vivere gli umani in una “Matrix”. Senza cambiamento, senza miglioramento, un perpetuarsi di vecchi errori senza fine.

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Ci hanno fatto film in merito, da The Truman Show, o anche i “livelli” dei sogni di Inception, dove si può smarrire e viverci per decenni, convincersi che quei sogni siano la realtà. In Westworld Bernard, assistente di Ford, chiede spesso ai residenti dove si trovano ottenendo come risposta “sono in un sogno” e per loro effettivamente il mondo reale è un sogno, e l’ambientazione del parco “il migliore dei mondi possibili”, il loro.

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Essere liberi, davvero

Ma nemmeno nel migliore dei mondi possibili le violenze possono essere cancellate, Ford ha reso i residenti troppo simili agli ospiti, così nulla, come nel cervello umano, si cancella davvero, e così i residenti insorgono, per loro avvengono i passaggi che hanno portato noi all’autocoscienza, compresa una letterale “morte di Dio” teorizzata da Nietzsche (cioè, la morte di Ford alla fine della prima stagione).

I residenti di “Dolores / Hale” si suicidano dopo essere venuti a contatto con gli umani, impazziscono, si corrompono nei corpi “mortali”, vivendo sulla terra, ri-diventano umani, motivo per cui Hale decide di trascendere abbandonando il corpo umano. E di chi è la colpa, di Ford che ha costruito Westworld?

Oppure, nella terza stagione, di Serac e il suo “Rehoboam” che controlla il destino degli umani riuscendo a calcolare le infinite variabili e possibilità, la cui fuga di dati conduce all’anarchia? La scena in cui le persone ricevono sul cellulare i dati relativi alla loro vita – e al loro futuro – ricorda la scena del film “Dio esiste e vive a Bruxelles” dove attraverso un SMS le persone scoprono la data della loro morte.

O forse la colpa è di Dolores / Hale che ha ricreato la Westworld umana (e gli umani si crogiolano nell’illusione di essere padroni del proprio destino dopo distruzione di Reboharn, senza rendersi conto di essere caduti “dalla padella alla brace”)?

O, magari, è sempre colpa degli impulsi distruttivi umani, del voler sfogare la violenza atavica pensando che con i soldi si possa comprare ogni cosa? Ma le conseguenze ci sono sempre, non possono essere cancellate da un reset o solo da qualcuno che ti dà il “permesso” e quindi l’illusione che no, non ci saranno ripercussioni, qui puoi essere libero. Ma cosa significa, essere davvero liberi?

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