Le storie di Floki e Brida, due folli in due serie diverse ma complementari, che conferiscono alla figura del matto due significati differenti e profondi
Il “matto” nella narrativa
Un uomo vestito come un giullare (e simile o meglio speculare ad esso è la carta da gioco del Jolly), con un bastone da cui pende una sacca e un cane al suo fianco, e in alcune versioni cammina verso un precipizio. Così viene rappresentato nelle carte il Matto, una figura ricorrente anche nei secoli, associata appunto ai giullari, agli emarginati, ma anche agli sciamani e coloro che erano più vicino alle divinità.
Un tempo il matto era colui che diceva la verità e si comportava in modo irrazionale, spesso deforme e quindi associato a un concetto di mostruosità e “devianza”, perdendo nei secoli la loro aurea di sacralità. Deformi e folli sono i personaggi a servizio di altri “geni”, come l’Igor del dottor Frankenstein, ridotto solo alla figura di aiutante e nient’altro ( relegati al loro antico ruolo di buffone come “Aigor” di Frankenstein Junior).
Ma possono essere anche a modo loro degli aiutanti positivi di protagonisti che si accingono a iniziare (o continuare) un viaggio in mondi assurdi, come il Cappellaio Matto di Alice nel Paese delle Meraviglie (interpretato, nel film di Tim Burton, da Johnny Depp). Matto, o meglio reso folle e ormai senza più nulla di umano, è l’ambiguo Gollum (Smeagol, nome originario e “alter ego” buono del fu Hobbit) de Il Signore degli Anelli, ma per cause esterne, e ormai talmente immerso nella sua ossessione (seppur con un dualismo interno) da non veder oltre a essa.
I matti non si trovano solo nella storia occidentale, ma possiamo trovarne traccia in storie e romanzi africani fra cui “L’Aventure ambiguë”, romanzo postcoloniale dell’autore senegalese Cheikh Hamidou Kane, che narra di un ragazzo diviso fra due mondi, ovvero la cultura africana da un lato e quella francese dall’altra, e quando torna a casa dopo aver saputo della morte del suo maestro di scuola coranica, viene ucciso dal pazzo, personaggio legato al maestro, che lo ritiene colpevole di aver rinnegato le sue radici in favore della cultura occidentale francese.
Floki, il folle in Vikings
In questo caso il matto è visto come una figura “negativa” che non accetta l’idea di una cultura diversa da quella del suo maestro, attaccato alle sue radici e tradizioni al punto da connettere omicidio per preservarlo. E per certi versi può ricordare un personaggio della serie TV Vikings ovvero Floki, costruttore di navi amico di Ragnar re di Kattegat ed esploratore (una sorta di Ulisse vichingo).
Floki, fedele in modo ossessivo agli Dei (il cui nome stesso ricorda quello del Dio degli inganni, Loki), e lo stesso Floki avrà il ruolo di doppiogiochista, divenendo figura ambigua, oltre che solitaria e folle. Qui entra in gioco Athelstan, monaco preso come schiavo da Ragnar dal monastero di Lindisfarne, una figura che per Ragnar diventerà molto più che un semplice schiavo da usare per farsi dare informazioni per razziare l’Inghilterra (e poi, il declino con Parigi).
Con Althestan svilupperà un rapporto sincero e fedele, seppur l’ex monaco, nel corso della serie TV, sarà sempre diviso fra il Dio cristiano e gli Dei norreni, fra la fedeltà alla sua gente o a Ragnar. Così come il protagonista del romanzo africano viene ucciso dal pazzo devoto al maestro coranico, così Floki ucciderà Althestan, credendo di esser stato uno strumento degli Dei con il compito di eliminare la minaccia cristiana, in realtà roso da tempo dalla gelosia di non essere più il prediletto di Ragnar.
Floki, per contrappasso, “morirà” (metaforicamente) mentre cerca un segno divino nelle profondità delle grotte islandesi, per trovarsi infine dinanzi a una croce, e qui il suo dolore e rabbia è palpabile, una vita intera al servizio degli Dei per poi trovarsi faccia a faccia con il simbolo per eccellenza del cristianesimo.
Brida, la folle di The Last Kingdom
Profondamente legato alle sue tradizioni è un altro personaggio di una differente serie TV sui vichinghi (ma per certi versi una sorta di seguito dal punto di vista temporale) ovvero Brida di The Last Kingdom (basata sulla serie di romanzi “Le storie dei re sassoni” ambientato durante l’invasione dei regni anglosassoni da parte dei danesi).
Brida, insieme a Uthred, è una bambina sassone presa come schiava dai danesi (il conte Ragnar che diventerà una sorta di secondo padre per Uthred). The Last Kingdom è la storia di Uthred che cercherà di recuperare la sua terra, Bebbanburg, alleandosi con il re Alfredo, il grande il futuro unificatore dell’Inghilterra (in Vikings il figlio di Althestan, avuto con la principessa Judith di Northumbria, si chiama Alfred, e questo crea una sorta di “continuità ideale” con Vikings) il cui rapporto può ricordare effettivamente quello fra Ragnar e Althestan.
Brida, a differenza di Uthred che sembra, anche solo per una questione di “comodo” aver abbracciato la vita che gli offre re Alfred, preferisce vivere con i danesi, finendo per diventare, da amica e poi amante, acerrima nemica dello stesso Uthred. Brida come Floki ha vissuto in Islanda formando una sorta di “setta mistica”, mentre il costruttore di navi aveva tentato di crearci una comunità, senza successo.
Due personaggi complementari
Entrambi, Floki e Brida, hanno perso una figlia, e il loro odio per i sassoni, seppur alimentato da differenti motivazioni, è sincero. Eppure, Brida non riuscirà a trovare pace, se non con la sua morte (spezzando il cuore ad Uthred) mentre Floki, dopo la morte della moglie e compagna Helga decide di ritirarsi dal mondo per poi finire in Islanda e poi esser ritrovato dal figlio di Ragnar, Ubbe, in un luogo che forse è il Canada o il Nord America.
Anche Brida a modo suo è una folle, o meglio una “sciamana” che si serve di bevande allucinogene per conoscere il futuro, e in Islanda sua figlia viene utilizzata come tramite divino. Invece le visioni e la connessione di Floki con il mondo divino non hanno bisogno di droghe, anche se si viene da chiedere se non siamo frutto di una mente divorata dalla gelosia e dal fanatismo.
Magari se questi due personaggi si fossero incontrati nella stessa linea temporale, forse le sorti di Vikings e The Last Kingdom sarebbero cambiate, unendo le forze avrebbero impedito ai sassoni, e quindi ai cristiani, di distruggere la loro cultura e tutto ciò in cui credono. O forse sono solo gli ultimi folli in un mondo che ormai agli dei non crede più, avviato verso un credo (e quindi un progresso) completamente differente dal loro.
Ma, come insegna American Gods, chi crede nelle antiche religioni c’è ancora, ad alimentare un fuoco che né il Dio degli inglesi né tutto il progresso del mondo tecnicizzato potrà mai spegnere, che è quello arcaico e ancestrale dei ritmi della natura natura. Una natura che presto o tardi si riprenderà i suoi spazi insieme ai loro adepti, non più considerati folli, matti da relegare ai margini della società bensì le colonne portanti. E allora gli Dei torneranno.