In epoca moderna sono emersi numerosi adattamenti live-action di amati franchise del passato. Ne sono un esempio le serie ispirate a The Last of Us e One Piece, che sono riusciti a soddisfare i fan originali e guadagnare nuovi estimetori. Tuttavia, non è questo il caso per I Cavalieri dello Zodiaco, uno dei live-action peggiori di sempre, non solo di quest’ultimo anno.
Il film ispirato al manga scritto da Masami Kurumada si incentra perlopiù sul personaggio di Seya, un ragazzo con talento nelle arti marziali che viene arruolato da Alman Kido per diventare il possessore dell’armatura di Pegasus. Seya dovrà dimostrare di essere all’altezza di questo compito perché avrà la missione di proteggere Sienna, la figlia di Kido, che è la reincarnazione della dea greca Atena. Se la premessa appare semplice, il film presenta una sceneggiatura inutilmente complessa e confusionaria che sembra perdere il filo più di una volta nel corso delle quasi due ore di proiezione.
Nonostante nel cast compaiano nomi altisonanti come quelli di Sean Bean e Famke Janssen, la mediocrità del live action li inghiotte, non lasciando allo spettatore la possibilità di apprezzare il loro indiscutibile talento. Anche tecnicamente il film risulta insufficiente sotto molti punti di vista. La sovrabbondanza di CGI è estremamente evidente e il risultato finale non è per niente piacevole. È da considerare che la pellicola sia stata prodotta con un budget estremamente limitato ma la regia non ha fatto nulla per nasconderlo.
Gli effetti speciali sono quindi l’ennesima nota dolente, che viene a tratti recuperata dalla solidità delle scene d’azione, unico barlume di qualità di un progetto destinato al disastro. I Cavalieri dello Zodiaco entra di diritto fra i film più brutti dell’anno e ve lo sconsigliamo in qualsiasi caso. Non rientra nemmeno nella categoria di pellicole talmente brutte da diventare comiche, è semplicemente un esercizio di tedio e rimpianto per i fan dell’anime.
4) Ghosted, Dexter Fletcher
A cura di Valeria Spinelli
Si comincia con una storia d’amore insipida, poco convincente e coinvolgente, tra un agricoltore (cit.) e una mercante d’arte. Si passa per un momento a dir poco cringe dove Chris Evans, co-protagonista insieme ad Ana de Armas, si fa consigliare dai suoi famigliari (in fondo ha solo quarant’anni) su come comportarsi con questa meravigliosa ragazza appena incontrata, che crede essere quella giusta per lui. Decide per l'”accollo” e la segue a Londra ed ecco che il film volge verso l’action movie, quando scopre che la donna con cui aveva trascorso la notte è in realtà un’agente della CIA, e si ritrova immerso fino al collo nella sua ultima, improbabile missione.
Sebbene sia apprezzabile il tentativo di trovare un gancio un po’ diverso per il genere action comedy, almeno in partenza, e il cambio inaspettato (per chi non ha letto la trama) tra rom-com e action movie, questo non è sufficiente a rendere un film valido, soprattutto se si sceglie di costellarlo di scelte poco eleganti. La prima di queste scelte dubbie è la protagonista stessa, Ana de Armas, la cui interpretazione risulta scadente e meno credibile che mai. Così come poco credibile è la “tensione sessuale” che dovrebbe legarla all’amico Chris Evans, e su cui si fonda l’intera storia: l’avventura di una notte, che parte da un battibecco piuttosto “cringe” sul cliché di non poter badare neanche a una pianta per creare l’intreccio romantico di una lei non vuole tipi appicciosi e di lui che, invece, è pronto al love bombing.
A seguire, una trama eccessivamente contorta e a tratti troppo “da manuale”, un finale da capogiro (nel vero senso della parola) e nel mezzo un numero esagerato di cameo, da Ryan Reynolds, a Anthony Mackie, fino a Sebastian Stan. Anche se Chris Evans in sé è forse la cosa migliore del film (in termini di interpretazione), sembrerebbe proprio un film che ha voluto produrre per divertirsi con i suoi amici, molti dei quali provenienti da Marvel Cinematic Universe (Mackie e Stan). Non è chiarissimo invece perché si sia scomodato anche Adrien Brody, che dopo Peaky Blinders viene assoldato da Evans e team per riprendere i panni del mobster; un talento a dir poco sprecato per il tipo di prodotto cinematografico in questione.
3) The Marvels, Nia Da Costa
A cura di Lorenzo Pietroletti
Che fine ha fatto la Marvel? Appare chiaro che la wave dei cinecomic, che tanto aveva caratterizzato il cinema pre-pandemia, stia arrancando sempre di più. Film dopo film, serie dopo serie, il pubblico (anche il più talebano) non sta digerendo bene le nuove strade intraprese dall’MCU, soprattutto a causa del fatto che non si sa ancora quale sia la strada che vuole intraprendere.
The Marvels in tal senso racchiude un po’ la crisi che sta vivendo l’MCU, confezionando un prodotto che dovrebbe essere il sequel di una serie già ampiamente dimenticata, dedicata ad un personaggio più che secondario, e che nel mondo dei fumetti è stata già fatta sparire. A suo sostegno, uno dei personaggi più controversi di tutto l’MCU, quello interpretato da Brie Larson, Captain Marvel.
Insomma, le carte erano tutte in regola per un flop che col senno di poi si poteva ampiamente prevedere (ammesso e non concesso che fosse già stato previsto). Non è infatti un caso che il film abbia incassato pressoché poco e niente, rivelandosi un disastro al botteghino.
Ma se un film non si deve giudicare solamente dall’incasso, andando a guardare ciò che è The Marvels, troviamo un film che potrebbe anche non essere il peggiore di tutto l’MCU, ma di certo lo è del 2023. La storia è pressoché la trita e ritrita formazione dell’eroe, coadiuvata da una CGI altalenante, ora ben fatta, ora raffazzonata come poche altre.
Insomma, un film scialbo funzionale alla sola introduzione della scena post credit, che lascia un minimo di curiosità verso il futuro dell’MCU. Senza però eliminare o dare risposta alla domanda di cui sopra: che fine ha fatto la Marvel? Qui trovate la nostra recensione del film.
2) 65 – Fuga dalla Terra, Scott Beck e Bryan Woods
A cura di Andrea Campana
65 milioni di anni fa… l’estinzione dei dinosauri, come sappiamo, a causa del famoso evento estinzione di massa del Cretaceo-Paleogene causato dal celebre asteroide cascato in quella che oggi è la penisola dello Yucatan in Messico. Sappiamo già tutto ma… cosa ci fa Adam Driver in mezzo a quegli ultimi dinosauri?
Questa è la trama di un film di fantascienza che dal trailer sembrava anche promettere bene ma che una volta visto fa desiderare di aver strappato il biglietto fuori dal cinema. Bé, non proprio: funziona diciamo come blando intrattenimento di serie z, ma è davvero un peccato vedere un attore comunque di livello come Driver in una produzione di questo tipo.
Cosa succede nella storia? Il nostro affezionatissimo è membro di una specie aliena (del tutto simile a quella umana) e finisce su quello che in futuro sarà noto a noi come Pianeta Terra in epoca preistorica, quando i dinosauri scorrazzano ancora allegramente per la Pangea senza un pensiero al mondo.
L’eroe affronta un territorio ostile e sconosciuto e c’è anche l’occasione per legare con una bambina (Ariana Greenblatt, 2007, bravina c’è da dire) che risolve il nodo creatosi con la figlia malata del protagonista, rimasta a casa sul pianeta natio. Avendo a che fare con lei il nostro capisce molto più su sé stesso, sul rapporto con la figlia e sul loro legame.
Almeno, questa sarebbe l’intenzione. In realtà la maggior parte del film si risolve in infinite sequenze di azione, a volte comiche a volte meno, e spesso coinvolgendo i nostri amici dinosauri che risultano sovente meno convincenti di quelli del 1993. Unico bel momento: un jump-scare con protagonista il beneamato “motherf*cking T-Rex”.
In generale la premessa è più o meno sprecata e così lo sono le numerose occasioni per creare un altro dualismo padre-figlia alla TLOU. Il buon Driver da solo non riesce a reggere un altro esempio di film fantascientifico che fa fin troppo affidamento sulla CGI ma non riesce a convincere mai fino in fondo. Il titolo rimane in bilico verso la definizione di trash.
1) Winnie the Pooh – Sangue e miele, Rhys Frake Waterfield
A cura di Matteo Furina
Quando arrivò l’annuncio di una versione horror slasher di Winnie The Pooh dopo l’iniziale momento di interdizione, in molti pensammo che, se fatta bene, poteva essere un’idea interessante di rovesciare concetti consolidati in noi dall’adolescenza. Tuttavia qualasiasi tipo di aspettativa si è infrante contro la triste verità: difficilmente vedrete in vita vostra uno slasher più brutto di questo. Sebbene l’idea iniziale e i primi secondi realizzati in modo animato e a tratti inquientante potrebbero anche essere passabili, ciò che appare sullo schermo nei 90 minuti successi non ha giustificazione.
Partendo dai terrificanti costumi in gommapiuma di Winnie e Pimpi con maschere così scrause da non riuscire neanche a muoversi dando per tutto il tempo l’impressione di essere dei pupazzi animati, per arrivare al gore di fattura così bassa e scadente da diventare, inevitabilmente, comico. Si, Winnie the Pooh – Sangue e miele fa ridere, parecchio. Osservare questi enormi pupazzi lenti che uccidono dei poveri fessi alla fine riesce ad intrattenere. Per tutti i motivi sbagliati, ma lo fa.
Regia, fotografia, musiche. Tutto è così tanto vecchio e già visto che non può minimamente sperare di attrarre un pubblico che conosce anche un minimo il medium. Se proprio vogliamo trovare un (più o meno) punto di forza è la recitazione, sebbene terribilmente amatoriale, in alcuni momenti funziona. Gli interpreti danno l’idea di essersi per lo meno impegnati e divertiti.
Insomma, Winnie the Pooh – Sangue e miele è senza dubbio il peggior film del 2023 e non vediamo l’ora di vederne il seguito in vista della top del prossimo anno.