Perfect Days, La Recensione del nuovo film di Wim Wenders

Ecco la nostra Recensione di Perfect Days, nuovo splendido film del maestro Wim Wenders

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A cura di Serena Trivelloni

Il 4 gennaio arriverà nelle sale italiane Perfect Days dell’intramontabile Wim Wenders. Il regista dell’esistenzialismo non delude con la sua delicatezza e il modo caratteristico di vedere il mondo. In una Tokyo distratta e rumorosa, viene raccontata la vita di Hirayama (uno straordinario Kōji Yakusho), un sessantenne giapponese addetto alle pulizie dei bagni pubblici. Siamo lontani dai tempi in cui il regista tedesco dava voce ai pensieri dei suoi personaggi nel disordine della vita berlinese, come nel film cult Il cielo sopra Berlino. Qui il punto di vista è prettamente soggettivo, viviamo e ripetiamo gesti e azioni quotidiane insieme al nostro protagonista.

Perfect Days, la Recensione di un film dall’essenza minimalista

Perfect Days è film che potremmo definire «minimalista» perché lo stesso Wenders riduce i livelli di spiegazione e comunicazione al minimo: la bellezza è racchiusa in uno sguardo, in un gesto o in un dettaglio silenzioso. Attraverso quel modo di comporre le immagini, di pennellarle, entriamo in un Giappone d’altri tempi, lontano da quell’ubriacatura di tecnologia che ne ha fatto il paese rampante dell’epoca attuale. Nella realtà vissuta dal protagonista tutto è calmo, misurato, elegantemente povero. In una vita lontano dalla famiglia, dalle agiatezze e dagli eccessi, Hirayama rifiuta il caos della modernità con grande dignità, riuscendo comunque a mantenere un contatto autentico con le persone. Ma a che prezzo?

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Il mondo contiene tanti mondi possibili – dice rivolgendosi alla nipote adolescente Niko (Arisa Nakano) – solo che alcuni non sono collegati tra loro…

Il tributo al maestro Yasujiro Ozu

Impossibile, in questa fotografia, non vedere un richiamo a uno dei suoi «angeli» e maestri per eccellenza, Yasujiro Ozu, a cui dedicò nell’87 la conclusione del cult Il cielo sopra Berlino e Tokyo-Ga del 1985. Ora come allora vi è il racconto di una Tokyo scissa al suo interno, tra palazzi freddi e alberi, ferrovie e ponti, modernità e antichità per un paese che ha imparato ad aprirsi al nuovo mantenendo la magia di un sapore antico. In questo contrasto armonico Hirayama riesce a mantenere il proprio baricentro riconoscendo sapientemente il bello delle cose. Lo trova in una partita di filotto, in una cassetta con le migliori hits, ma soprattutto lo trova nella sua fedelissima Olympus, che riesce a trasformare il mondo a colori in un preziosissimo frame in bianco e nero.

La bellezza è nel contrasto tra luci e ombre

Uno sguardo dolce sul mondo, quello di Wenders, tipico di quell’antica saggezza giapponese per cui la bellezza si può riscontrare in un gioco di luci e ombre o in un volto di donna, dalla notte dei tempi considerata ornamento dell’oscurità. La realtà abbraccia spesso l’inconscio e nell’epifania dei sogni del nostro protagonista è impossibile non rintracciare un po’ di quel mondo onirico tipico della filosofia lynchiana. Sono gli oggetti di scena, i gesti, gli sfondi e le immagini a dare senso e corpo alla trama, che nasce non tanto da quello che accade, ma dall’atmosfera delle cose che contiene. E poi il grande spazio lasciato all’introspezione, per cui non basta osservare la realtà, ma bisogna entrarvi dentro con il peso della passione e del dolore.

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Essere dentro il personaggio

In Perfect Days che scorre fluido la vita di Hirayama – inspiegabilmente – si lega anche alla nostra, e dà l’illusione di esserci dentro, di far parte delle emozioni e delle sensazioni del protagonista. La straordinaria bravura di questo regista è stata raccontare tutto senza far accadere apparentemente nulla: è la narrazione di una vita ordinata, ma stravolta dalla suggestione delle piccole cose. E poi una toccante combinazione di arti che nei film di Wenders non può mancare, grazie alle tecniche di contrappunto tra le immagini (fotografia di Franz Lustig) e la musica rock di sottofondo. Quando è a casa Hirayama legge  «Urla d’amore» di Patricia Highsmith o William Faulkner, mentre quando sale a bordo del suo furgone ascolta Patti Smith, The Animals e Van Morrison, ma soprattutto l’immortale Lou Reed.

Lou Reed, l’immortale

Perfect day è il brano con cui si conclude questo incredibile viaggio, nella commozione di un uomo che probabilmente si mantiene distante dalla realtà per ritrovare sé stesso nella perfezione di un equilibrio che si è costruito. Scampoli di vita vissuta accompagnano dunque il ritratto della composta solitudine di chi sa di appartenere a un’epoca passata in cui è possibile assolversi per gli errori e le mancanze del presente.

Perfect Days, il Cast

  • Kōji Yakusho
  • Tokio Emoto
  • Arisa Nakano
  • Aoi Yamada
  • Yumi Asō
  • Sayuri Ishikawa
  • Tomokazu Miura
  • Min Tanaka

Perdect Days, il Trailer

Andrete a vedere Perfect Days?

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