Riccone, Moneybags nella versione inglese, era e rimane una perfetta metafora del capitalismo e ci ha insegnato le ombre del nostro sistema economico fin dall’infanzia
Riccone, Moneybags
Non aveva un nome, era noto solo come Riccone (Moneybags nella versione in inglese): un orso elegantemente vestito con un monocolo, come i gran signori di un tempo, e in mano sempre un sacco con il simbolo di una gemma, valuta corrente nella saga di videogiochi di Spyro the Dragon.
In videogiochi come quelli di Spyro, alla fine degli anni ’90, di norma non esistevano ancora veri e propri store come negli RPG e i collectibles non erano considerati come valuta. Per cui molti di noi, giocando a un titolo action platform, sono rimasti basiti la prima volta nel dover cedere parte del proprio prezioso tesoro per poter imparare a nuotare, aprire ponti o passaggi o imparare nuove mosse.
Uno scontro frontale con il capitalismo e molto prima del tempo, ossia durante l’infanzia: gran parte di noi ancora non lavorava, non si sognava nemmeno di magagne come tasse o attività sottopagata, e in questi giochi si godeva semplicemente un buon gameplay divertente e colorato. Poi però, appunto, arrivava Riccone a rovinare tutto.
Una dose di realismo
Non è troppo corretto considerare l’inserimento di Riccone in questi giochi come una critica al nostro sistema economico: è vero che sul finale di Spyro 2 e 3 il draghetto lo insegue dandogli fuoco al didietro e facendogli sputare tutte le gemme guadagnate, ma non è il caso di spingersi a parlare di lotta di classe et similia. Non stiamo giocando ad Abe’s Oddyssee.
Semplicemente, Riccone è una incombenza nel mondo di Spyro ma rappresenta anche una piccola dose di realismo: non lo si poteva evitare e si doveva sempre ricorrere a lui in qualche modo. Insomniac fornisce ai piccoli gamer uno spaccato di realtà , così come lo fa per esempio con i temi ambientalistici nel primo Ratchet & Clank.
Il capitalismo nel gaming oggi
Oggi nei videogiochi open world e attinenti a un certo realismo gli store e i venditori sono diffusissimi, e pagare per servizi o beni è normalissimo. E c’è poi Tom Nook di Animal Crossing, l’erede di Riccone, che esige somme sempre più altre costringendo il giocatore ad indebitarsi fino al collo.
Certo, meglio uno store virtuale in-game che le infami microtransazioni o gli abbonamenti a prezzo maggiorato per evitare l’ossessionante pubblicità . Ma al confronto meglio ancora in fin del conti era avere a che fare col buon vecchio Riccone, che alla fine aveva quel che si meritava e comunque chiedeva spesso, vogliamo dirlo, un prezzo anche onesto.