Torna Eli Roth al cinema e torna con un horror che solo lui avrebbe potuto girare: Thanksgiving. Direttamente dal fake trailer girato per il Grindhouse della premiata coppia Tarantino-Rodriguez, e a distanza di cinque anni dalla rivedibile parentesi fantasy Il Mistero della Casa del Tempo, finalmente un film splatter come non se ne vedevano da anni or sono.
Omaggi, citazioni e sangue a non finire, per un ritorno col botto che saprà accontentare tutti i fan dell’horror ma anche dei classici B Movie. Tra una risata e un omicidio, il tempo scorrerà in fretta e vi renderete conto che ne vorrete ancora e ancor di più. Anche e soprattutto per una consuetudine che ormai diventa eccezione, quella dell’uso dello splatter, visto negli ultimi anni solo nel pregevole La Casa – Il Risveglio del Male.
Thanksgiving, la Trama
Siamo in quel di Plymouth, nel fatidico Giorno del Ringraziamento. Una festa che come il Natale, assume contorni legati più alla movimentazione di denaro che altro (leggasi alla voce Black Friday). Ed è proprio una tragedia a scatenare la furia omicida di un folle che inizierà a compiere una strage mirata, rigorosamente travestito da John Carver. Chi si cela dietro la maschera?
Thanksgiving, la Recensione
La prima sensazione che si ha non appena si concludono i titoli di coda (con tanto di scena post credit) di Thanksgiving è quasi liberatoria. Finalmente, dopo anni di horror a due vie, si torna ai classici canoni dei tanto acclamati e vituperati B Movie. Film con una trama basilare, a tratti inutile, costruiti esclusivamente per regalare uno spettacolo di sangue e morte a profusione.
Per molti cinefili, film del genere segnano la morte della settima arte. Ma per altri, decisamente no. A riprova, basti pensare che questo tipo di film ha di fatto forgiato il cinema di Tarantino. Quindi sempre viva i B movie e chi ne porterà avanti la tradizione, in secula seculorum.
Detto ciò, Eli Roth torna di fatto al genere che l’ha lanciato e consacrato come regista esperto di splatter horror. Dall’esordio di Cabin Fever, passando per Hostel e Green Inferno, la gestione del sangue è sempre stata la sua forza. Non è un caso che i suoi film più “deboli” siano quelli che vertono più sul thriller, come Il Giustiziere della Notte o KnockKnoc, al netto del mal riuscito esperimento fantasy per bambini.
Film che ovviamente non sono certo per tutti i palati, ancor meno per chi è facilmente impressionabile. Tra cannibalismo e brutali omicidi, Thanksgiving ricalca le orme della violenza tipiche del suo cinema, raccontando una storia con tutti i crismi dello slasher classico. Senza nulla togliere al genere, ma neanche senza dare chissà quale rinnovo ad un genere sempre divertente.
Non siamo infatti nella sfera degli Halloween o degli Scream. Questo va tenuto ben saldo in mente quando ci si approccia a Thanksgiving. La volontà di Eli Roth è quella di regalare la più classica dell’ora e mezza di mero divertimento a cervello spento, senza però mai portare lo spettatore alla noia. Non ci sono fasi di stallo, se non quelle prettamente fisiologiche per dare tregua allo spettatore. Il film corre come un treno impazzito regalando momenti di inaudita ferocia e anche qualche risata.
Giocando costantemente con la sospensione dell’incredulità (può un secchio dell’immondizia tranciare in due di netto un essere umano obeso? Sembra proprio di sì), Thanksgiving ci trascina sottobraccio nella provincia americana assetata di merce a prezzo scontato, con un incipit girato meravigliosamente.
Gli zombie 3.0, una massa inferocita che aspetta la mezzanotte del black friday per compiere di fatto una strage involontaria nel nome del Dio Denaro. Grazie ai suoi vorticosi movimenti di macchina, Roth riesce a restituire quel senso di claustrofobia che solo un wall-mart colmo di persone può regalare. Il pensiero non può che inevitabilmente andare al grandissimo Romero e al suo capolavoro Zombie o L’Alba dei Morti Viventi che dir si voglia.
Chiusa la parentesi sociale, utilizzata come alla stregua di un MacGuffin, Thanksgiving inizia a battere la strada dello slasher, con il killer che inizia a colpire seguendo uno schema freddo e preciso. Una ad una, iniziano a cadere teste, con omicidi classici ed altri molto più sofisticati nelle loro costruzioni. La ferocia non manca mai insomma, ed è proprio questa la forza del film.
Memorabile in tal senso, le coltellate multiple inferte usando un tappeto elastico, in una sequenza che racchiude di fatto l’essenza dello slasher. L’omicidio come punizione portata avanti da un killer che appare e scompare come un’entità , un qualcosa che non rispetta le regole terrene. E nel mezzo, la più classica indagine del “whodunit” (ossia “chi è stato?”) portata avanti dal gruppo di adolescenti prossimi a diventare carne da macello e tutti potenziali sospettati. Fino al classico finale in cui il film si chiude per mancanza di attori con annesso colpo di scena finale.
Gag e gore si alternano quindi in un ritmo serrato e perfettamente ben equilibrato, dove si ride di gusto e ci si spaventa con qualche ottimo jumpscare, mettendo alla luce ancora una volta la passione di Eli Roth per film come Thanksgiving. Una vera e propria raccolta di citazioni che spaziano nel cinema di genere, rubando ai grandi maestri, alle icone ma anche alle opere più di nicchia. Film che alla fine risultano essere come un gioco in cui lo spettatore può contare gli omaggi presenti.
Ora non resta che sperare in un roseo futuro anche per tutti gli altri fake trailer presenti nel dittico Grindehouse, A Prova di Morte, firmato Quentin Tarantino, e Planet Terror, firmato Robert Rodriguez. Qui potete trovare dove tutto ebbe inizio, preannunciandovi che questo Thanksgiving è abbastanza fedele in alcuni omicidi, ma non nella presenza di Patrick Dempsey che sveste il camice di Grey’s Anatomy per indossare quello dello sceriffo. Qualora non vogliate avere spoiler di nessuna forma, potete andare diretti al cinema. Non ve ne pentirete.