Christian De Sica si prepara a tornare sul grande schermo con I limoni d’inverno, film diretto da Caterina Carone in uscita il 30 novembre. Per l’occasione ha parlato con La Stampa e durante la chiacchierata ha discusso del personaggio che interpreta, un professore in pensione alle prese con una progressiva perdita della memoria, spiegando come sia decisamente lontano dai ruoli che è stato solito interpretare in carriera.
Non se ne può più di personaggi negativi e vincenti – dice Christian De Sica. È una vita che interpreto ruoli misogini e maschilisti, d’altro canto si sa che si ride col demonio, non certo con San Francesco. Questa è la mia prima volta da uomo perbene. Credo sia arrivato il momento di portare in scena il bello e il buono del nostro Paese. In Italia ci sono tante famiglie felici ma nessuno le racconta, preferiamo sottolineare i lati oscuri, e questo è sbagliato.
Sono convinto che le persone abbiano bisogno di eleganza e positività, di film con William Holden e Audrey Hepburn, di commedie ottimiste, come quelle che realizzava mio padre. Penso ad Aldo Fabrizi e una sua battuta in cui diceva soddisfatto: “Oggi è domenica, c’è il pollo!”. Quell’Italia fatta di semplicità e gente umile non la descrive più nessuno
Mi rattrista constatare che il nostro sia un Paese che dimentica in fretta e facilmente. Anni fa sono entrato in un bar con mio fratello Manuel, c’erano due ragazzi, uno ha detto all’altro: “Ma lo sai che anche il papà di Christian era un attore?” In Francia questo non sarebbe mai accaduto. Lì un vecchio attore di successo è considerato un artista da venerare
Andando avanti con l’intervista, Christian De Sica ha parlato anche dello spinoso argomento relativo al cosiddetto politically correct.
Se facessi oggi un film come i cinepanettoni, mi arresterebbero. […] Il politically correct è una stro**ata. Siamo tutti castrati, solo Checco Zalone se ne frega di tutto e continua a far ridere. Se ripenso a certi espedienti del passato, tipo tingermi la faccia di nero per interpretare un afro-americano… è tutta roba diventata impossibile da proporre.
I film di Natale erano una gabbia dorata – prosegue Christian De Sica. Ho continuato a farli, ma ho anche avuto la sensazione di essere rimasto fregato. […] Una volta Tornatore mi offrì una parte da protagonista, ma io ero impegnato in un altro film e fui costretto a rifiutare. E poi non sono mai riuscito a girare il film sulla storia dell’amore vissuta da mio padre e mia madre Maria Mercader sul set de La porta del cielo. Ogni volta che tornavo alla carica mi sentivo dire: “Lascia stare, è una storia che fa piangere, non la vedrà nessuno”. Così alla fine non se n’è fatto niente. Di figure drammatiche ne ho interpretate poche, in La Medea di Porta Medina ero Giasone, e poi, diretto da Pupi Avati in Il figlio più piccolo, interpretavo un padre mascalzone. Il problema è che in Italia se fai per una volta un cow-boy, per tutta la vita ti fanno salire e scendere da cavallo
Ci vorrebbe più di coraggio nell’immaginare un attore in contesti diversi da quelli in cui si è abituati a vederlo. Ho recitato adesso in Vita da Carlo 2, mi ha telefonato Aurelio De Laurentiis e mi ha detto che insieme funzioniamo. Gli ho risposto: “E solo ora te ne accorgi?”. E dire che siamo cresciuti insieme
Che ne pensate? Siete d’accordo con Christian De Sica?
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