Abraham de Moivre fu un matematico vissuto nel diciottesimo secolo che riuscì a calcolare con precisione il giorno in cui sarebbe morto. Non ci credete? Leggete un po’ qui!
Un matematico
Abraham de Moivre fu un matematico che visse tra ‘600 e ‘700. Molto influente nel suo campo, apportò diversi contribuiti alla scienza inclusa la famosa formula di de Moivre. Fu amico di sir Isaac Newton e di Edmud Halley (scopritore della cometa), studiando a Londra, alla Royal Society, già a soli trent’anni.
Oggi però è ricordato, al di fuori degli studi matematici, per un altro motivo. Sembra infatti che fu in grado di predire con precisione il giorno della propria morte. Qualcosa di impensabile per molti di noi, e spaventoso anzi a dirsi. Ma parliamo pur sempre di uno scienziato, il quale probabilmente adottò verso la cosa un approccio molto razionale.
Il metodo
Direte: che metodo complicato avrà mai sfruttato de Moivre per riuscire a predire il giorno esatto della propria dipartita? In realtà è molto più semplice di quel che potreste pensare, e non c’entrano formule complicate né equazioni comicamente estese sì da riempire enormi lavagne a muro.
Semplicemente, ad un certo punto della sua vita de Moivre iniziò a soffrire di letargia. Constatando che ogni giorno dormiva 15 minuti in più del precedente, postulò che sarebbe morto quando avrebbe finito per dormire una giornata intera, ossia 24 ore. Calcolando un aumento di 15 minuti al giorno, riuscì a prevedere che sarebbe morto il 27 novembre 1754, cosa che infatti avvenne!
Un caso particolare
Quando si sente parlare di questa storia si parte col ritenere che de Moivre sia riuscito a compiere tale calcolo perché trattavasi di un genio matematico incredibile, al pari di un Einstein, e che solo le sue straordinarie capacità gli consentirono di riuscire là dove chiunque altro probabilmente fallirebbe.
Invece, senza certo nulla togliere alla sua genialità, si può dire che il suo era in fondo un caso raro e che, per quanto concerne almeno l’obiettivo che si era posto, la sua condizione gli aveva facilitato alquanto le cose. Grandezza nel calcolo matematico sì, quindi, ma anche tanta fortuna (o sfortuna?)