In questa scena, una delle più intense e famose del film, lo vediamo arrivare a minacciare di rompere le dita ad Alex, scegliendo solo all’ultimo secondo di colpire invece prima il lavandino e poi il muro. Ovviamente è tutto preparato, ma l’interpretazione straordinaria di Jackman è perfetta e fa il modo che la scena sembri più che realistica.
Alla fine si scoprirà che Alex è innocente: rapito a sua volta da bambino da una coppia di fanatici anti-religiosi e mentalmente svantaggiato, è stato solo sfruttato da sua “zia” (la vera rapitrice, moglie della coppia e ora vedova) per portar via le due bambine. Lui, di per suo, sembra a malapena essersi reso conto di cos’è successo.
Ne consegue che Keller ha tormentato e torturato un ragazzo innocente, basandosi su impressioni grandemente sbagliate e sulla sua stessa sete di verità e di giustizia; una sete che, come sappiamo, spesso e volentieri conduce a conclusioni errate e a gesti irreparabili, come avviene in questo caso.
Jackman sa tradurre magistralmente tutte le sfumature di questo personaggio tormentato, in bilico tra rabbia, frustrazione, commozione e paura. Un ritratto di umanità particolare ma universale, perché la provocazione del film rimane la stessa per tutti: siamo proprio sicuri che noi, trovandoci al suo posto, non faremmo le stesse, orribili cose?