Il punto è che gran parte dei contenuti nei film, nelle serie o nei videogiochi di oggi, sono edulcorati quando non apertamente censurati per venire incontro alle esigenze di un pubblico sensibilissimo e suscettibile. E “riscrivere” l’eredità di questo film e di quella simbolica scena significherebbe negarne tutta l’intensità solo per favorire logiche di marketing già, a questo punto, più che esasperate.
Parliamo del resto di una delle scene più famose della storia del cinema, animato e non, e che ai tempi (nel 1942) rese Disney la numero uno delle case d’animazione. E proprio per ciò, in un caso come questo, dovrebbe dimostrare un analogo coraggio nel dare al pubblico non quello che vuole (o che pensa che voglia) ma quello che questa storia ha da dire.