Un essere immondo, letteralmente, che sembra una specie di oca umana. Non ha più le gambe, è priva di un occhio, sembra non essere più in grado di parlare e pare non sapere nemmeno più dove si trova. In più, come ideale contrappasso, è esibita al pubblico come “mostro” a sua volta, una punizione esemplare e definitiva.
Il racconto è molto acuto nel demolire i pregiudizi contro le persone affette da disabilità o malformazione, nonché più semplicemente nei confronti dei “diversi” che, come possiamo vedere, possiedono tutta una loro dignità e umanità non meno di noi. In quanto tali, cioè esseri umani, quando vengono umiliati e derisi all’estremo reagiscono violentemente, cedendo ai propri impulsi peggiori.
La morale è estremamente avveniristica per l’epoca, anticipando un tipo di mentalità che non sarebbe emersa ancora per parecchi decenni. Al contempo, i contenuti estremi e intensi, provocatori e disturbanti, colpiscono il pubblico osando forse più di qualunque altro film del periodo e attirandosi critiche specialmente da parte di bigotti e benpensanti.
Oggi il film è considerato un capolavoro e lo sconvolgente finale ne riassume la portata: una scena che punge sul vivo ancora oggi costringendoci a guardarci allo specchio e ad affrontare pregiudizi e paure, misurando nel frattempo che cosa è cambiato e cosa no in 90 anni di cinema e arte. Il meglio del meglio che possa pretendere di fare un cult come questo.