Luca Barbareschi si trova in questo momento a Venezia per presentare il suo The Penitent al Festival del Cinema della Laguna. Per l’occasione ha rilascato un’intervista a Ansa dove, tra le altre cose, ha anche parlato della polemica sollevata negli utlimi giorni da Pierfrancesco Favino che aveva criticato la scelta di far interpretare un personaggio italiano, Enzo Ferrari, ad un attore americano, Adam Driver.
C’è un tema di appropriazione culturale, non si capisce perché non io ma attori di questo livello – aveva detto l’attore rivolto ai colleghi nel film Adagio Toni Servillo, Adriano Giannini, Valerio Mastandrea – non sono coinvolti in questo genere di film che invece affidano ad attori stranieri lontani dai protagonisti reali delle storie, a cominciare dall’accento esotico. Se un cubano non può fare un messicano perché un americano può fare un italiano? Solo da noi. Ferrari in altre epoche lo avrebbe fatto Gassman, oggi invece lo fa Driver e nessuno dice nulla. Mi sembra un atteggiamento di disprezzo nei confronti del sistema italiano, se le leggi comuni sono queste allora partecipiamo anche noi
Luca Barbareschi si è detto d’accordo con queste parole, attaccando anche Penelope Cruz che recita accanto di Adam Driver in Ferrari.
Mi fa piacere che Favino, che stimo, ci sia arrivato, e che altri lo sostengano, son contento. Ci arrivano sempre sei mesi o un anno dopo, ora finalmente si svegliano tutti. Ma io c’ero già arrivato da tempo, per primo – dice Luca Barbareschi. Avevo parlato con lui del problema della narrazione italiana, dell’identità italiana, delle aziende italiane. È una battaglia fondamentale, perché siamo rimasti in pochi a essere veramente italiani. Io qui sto vedendo dei film imbarazzanti in inglese. C’è un problema di identità. Ci sono degli spagnoli che pensano che basti dire: “Hey you, passami la pasta” per interpretare un italiano
Tutto il mondo recita nelle lingue di appartenenza, solo noi continuiamo a pensare di dover far l’inchino agli americani – prosegue Barbareschi. Il problema non è la lingua di per sè, tanto doppiamo tutto, ma culturale. Favino ha ragione, io stesso un anno fa ho detto le stesse cose, lo stimo e trovo insopportabile questa nuova moda, partita con House of Gucci, in cui si mette in scena come parlerebbero gli italiani fatti dagli inglesi e americani, un inglese italianizzato recitato però da un disastrato mentale. Ora in Ferrari c’è Penelope Cruz che parla in accento spagnolo tentando di essere romagnola, tipo esorcista con vari voci dentro di sè. Il problema vero è che dovremmo essere noi a raccontare le storie italiane. Con questo non dico di proibire nulla ma mi auguro si facciano grandi investimenti culturali. Dispiace lasciare agli altri raccontare noi italiani, che invece abbiamo un potenziale creativo infinito
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