One Piece: perché la serie Netflix ha funzionato così bene

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La serie in live-action di One Piece ha fatto una buona impressione, e questo perché ha tutti i tasselli al posto giusto. Ecco secondo noi quali sono state le intuizioni particolarmente giuste

A questo punto si può più o meno concordare che l’adattamento in live-action di One Piece su Netflix sia riuscito. Fan e critica concordano, con poche eccezioni, che la serie preservi lo spirito sia dell’anime che del manga basati sulle idee e sull’opera di Eiichiro Oda, e guardando gli episodi la cosa si coglie appieno.

Che cosa ha funzionato in particolare? Prima di tutto lo stesso Oda ha insistito per essere presente e controllare, come produttore esecutivo, le fasi di sviluppo della serie prendendo decisioni e imponendo scelte mirate a preservare la forza della sua storia. Quando un autore viene coinvolto nella riproposizione della sua opera non può che farlo bene, perché è sua e ci tiene.

Secondo: la serie Netflix limita l’utilizzo di CGI ed effetti speciali concentrandosi su di una rappresentazione realistica e convincente, ricorrendo al trucco (come nel caso di Arlong) ed evitando quindi gimmick che avrebbero potuto conferire all’insieme un carattere fin troppo fittizio e plastico, “hollywoodiano” diciamo.

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Terzo: il casting è azzeccatissimo, a partire da Iñaki Godoy nel ruolo di Luffy e passando per Emily Rudd in quello di Nami, fino ad arrivare ad Arlong e agli altri villain. Si coglie inoltre come gli attori si siano studiati la parte, imparando davvero le tecniche di combattimento ma anche le espressioni facciali, la gestualità e il modo di esprimersi dei loro personaggi.

Che è la prima cosa che bisogna fare quando si lavora a un film o una serie: i protagonisti devono essere coinvolti e convinti dei loro personaggi, conoscerli e veicolare le loro caratteristiche attraverso la loro recitazione. Un ottimo esempio di questo di recente l’abbiamo visto nell’interpretazione di Geralt di Rivia da parte di Henry Cavill, perfettamente attinente al personaggio videoludico.

Proseguendo in questo modo non c’è ragione per cui la seconda stagione di One Piece non possa rivelarsi epica e riuscita quanto la prima; anche perché, a differenza di altre serie Netflix interrotte dopo una o due stagioni, qui di materiale ce n’è per andare avanti per anni. Ora sta tutto a Netflix: continuare a compiere scelte assennate, coinvolgere l’autore, lavorare bene sul casting.

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