Mission: Impossible – Dead Reckoning, la Recensione
Dopo tre anni di riprese, Mission: Impossible - Dead Reckoning arriva finalmente al cinema con la prima parte. Un grandissimo e gratissimo ritorno di Ethan Hunt, ormai conclamata icona dell'action. Ecco la nostra recensione.
Dopo i ritardi causati dal Covid-19, finalmente arriva al cinema Mission: Impossible – Dead Reckoning, settimo capitolo della longeva saga action dedicata alle avventure di Tom Cruise nei panni di Ethan Hunt. Stavolta però, questo capitolo sarà diviso in due parti, con l’ormai collaudato Christopher McQuarrie alla regia e alla sceneggiatura.
Il giro del mondo in ottanta esplosioni, dove il passato oscuro di Ethan Hunt sembra venire a galla pericolosamente, tanto per lui quanto per il mondo intero. Che ovviamente dovrà essere salvato da un folle complotto ordito da un criminale tanto pericolo quanto invisibile.
Mission: Impossible – Dead Reckoning, la Recensione
Sin dalle prime scene, ciò che balza all’occhio e soprattutto alla mente, è senza dubbio un fatto storico, che potrebbe quasi far pensare che questo ottavo capitolo di Mission Impossible voglia attingere dalla realtà . Eppure, calendario alla mano, non è così. A tratti si potrebbe quasi pensare che sia il contrario.
Una produzione lunga tre anni, con interruzioni forzate causa pandemia, che hanno rallentato parecchio il rilascio in sala di Mission: Impossibile – Dead Reckoning. Si parte subito con una grande spiegazione, ad oggi anacronistica per certi aspetti, ma fondamentale già per qualche mese fa. Un sottomarino russo, Sebastopoli, contiene una IA, un’intelligenza artificiale, capace di qualsiasi cosa. Anche di ribellarsi.
Pochi minuti e la regia di McQuarrie ci fa soffrire di claustrofobia, catturando l’attenzione e facendoci entrare in quel sottomarino dal nome ormai famoso per la triste cronaca bellica di oggigiorno. Abbiamo dunque il nuovo nemico che Ethan Hunt dovrà affrontare. Un’entità , proprio come viene definita da chiunque se ne vuole appropriare. Le informazioni sono poche per tutti, c’è solo una chiave che forse potrebbe essere collegata a questa IA e che potrebbe (condizionale d’obbligo) dominarla.
Il film propone così una lettura specifica di tutta la storia, quell’eterno scontro tra uomo e tecnologia, ammiccando ad una realtà distopica e pericolosa. L’IMF capitanata da un Tom Cruise mai domo nonostante l’età deve dunque combattere l’ennesimo nemico invisibile ma stavolta dotato di una propria razionalità . Un nemico che non vediamo mai se non attraverso il suo braccio, Gabriel, un irritante e bravissimo Esai Morales, capace di devastare la psiche di Ethan.
Il fulcro di Mission: Impossibile – Dead Reckoning si trova qui, per l’appunto. Un contrasto perenne, dicotomie che scatenano un’inevitabile guerra dove i ruoli sono sempre apertamente definiti, salvo le classiche sfumature che dettano gli altrettanto inevitabili colpi di scena. E se è solo con la guerra che si può ottenere la pace, è solo con l’analogico che si potrà distruggere il digitale.
Può a tratti sembra che McQuarrie voglia parlare dello stato dell’arte (non solo della guerra, come spiega l’incipit) numero sette, quella del cinema, sempre più soggetto all’uso di tecnologie per snellire processi e produzioni. La CGI contro l’effetto speciale costruito artigianalmente, l’ennesimo stunt estremo di Tom Cruise che ormai ha donato il suo corpo alla causa Mission: Impossibile. Dopo il meraviglioso Fallout, anche in questo settimo film si dedica ad uno stunt completamente folle.
Un salto nel vuoto dopo aver guidato una moto fin sul cucuzzolo della montagna. Per poi atterrare su un treno in corsa e impazzito. C’è la CGI, ne siamo tutti consapevoli. Ma c’è anche Tom Cruise che ha voluto fortemente girare questa scena, con l’ausilio di cavi di sicurezza e nulla più. In tal senso, non è forse un caso che il backstage di questa sequenza sia stata rilasciata prima dell’uscita del film.
Un modo per sottolineare come quello che è accaduto non sia frutto di CGI ma che è pura realtà (quasi) analogica. Il salto è accaduto davvero, carne e ossa oggetto di rischi tanto inutili quanto comunque emozionanti. Un ritorno al passato, forse un po’ boomer, di quella frase che ormai non si dice più: “Sembra quasi vero“. E lo è.
Proprio qui risiede infatti la sensazione di pelle d’oca, di quel vuoto allo stomaco che la meravigliosa regia di Christopher McQuarrie sa donare in tutto Mission: Impossibile – Dead Reckoning.
Al netto della scena madre del film, non sono di minor importanza le sempre amabili scene di inseguimento, come quella tra le strade di Roma, la cui cornice dovrebbe bastare. Eppure McQuarrie decide di divertirsi e farci divertire, con gag figlie di qualche stereotipo italico, ma dalle quali riesce a creare movimenti di macchina di tutto rispetto. Un alternarsi di riprese dal basso, causa presenza di una 500 gialla primo modello, ed un fuoristrada antisommossa guidato dal villain di turno, tanto secondario quanto affascinante.
Una irriconoscibile Mantis, direttamente dai Guardiani della Galassia, che però qui non spiccica mezza parola, ma vive di espressioni. Tra diva del cinema muto e folle assassina Pom Klementieff si ritaglia uno spazio di tutto rispetto, incarnando l’ideale di physique du role in tutto e per tutto.
Tornando alla regia, vero punto forte del film, è altrettanto doveroso menzionare una sequenza in particolare, ambientata sull’Orient Express. Nessun omicidio da risolvere, ma solo una sopravvivenza da ritrovare. Proprio qui, vagone dopo vagone, McQuarrie ci mostra un’escalation di generi, che parte da un comico involontario, come nel vagone cucina, fino ad aumentare la tensione, facendo sparire il sorrisetto inevitabile stampato in faccia di tutti gli spettatori.
Senza scendere troppo nel merito, si parte da una serie di sfortunati eventi fin troppo improbabili. Ma poi, con il passare dei (e nei) vagoni, l’asticella della tensione si alza sempre di più, toccando corde ben determinate e presenti in chi guarderà il film. E con le inevitabili mani sudate che solo i grandi action sanno dare.
Mission: Impossibile – Dead Reckoning potrà però non soddisfare sin da subito. È un film pensato in due parti e come tale deve essere trattato. Ci troviamo di fronte ad un grandissimo incpit, che porterà a qualcosa di ancor più grande. Lo stacco finale potrà lasciare con l’amaro in bocca, ma assaporate questo amaro. È solo la voglia di vedere la seconda parte il prima possibile, misto alla paura che forse questa meravigliosa saga potrebbe giungere alla fine.