Presto i nodi vengono al pettine: scopriamo che Alice era la sorella di Sarah, scomparsa misteriosamente alla stessa età che Mia ha ora. La bambina insiste che lei è Alice e che è “tornata”. Ci vengono dati altri elementi: Sarah non andava d’accordo con Alice il padre delle due uccideva i conigli che “infestavano” i dintorni della loro proprietà.
Infine ci viene svelata la (prevedibilmente) traumatica verità: Sarah è responsabile della morte di Alice. Dopo averla chiusa in un armadio durante un gioco di nascondino Alice l’aveva aggredita e lei aveva reagito ferendola. Alice era scappata via e per impedirle di raccontare tutto ai genitori Sarah l’aveva spinta giù da un dirupo.
Presumibilmente quindi Alice era annegata, ma Sarah deve aver represso il trauma finché il coniglio (che rappresenta il suo senso di colpa) non lo fa rivivere in sua figlia, nelle stesse dinamiche che avevano portato alla morte della sorella. Sarah si affaccia finalmente alla verità, dopo tanti anni, e Mia / Alice le dice che lei è un “mostro”.
Nell’ultima scena Sarah vede dalla finestra che Mia e Alice, entrambe bambine della stessa età e molto simili, si allontanano insieme mano nella mano. Questo sancisce il legame tra le due e l’elaborazione del senso di colpa da parte di Sarah, che affronta finalmente il terrore di quel che è successo. Ma non sappiamo se potrà mai davvero superarlo, perché il film si interrompe qui.
Gli argomenti trattati in Run Rabbit Run non sono esattamente nuovissimi ma a compensare ci pensa l’interpretazione ottima di Sarah Snooke e della bambina, Lily LaTorre. Più un un film drammatico che un horror, può comunque coinvolgere per poco più di un’ora e mezza con una trama psicologica e intensa.
Continuate a segurici su LaScimmiaPensa