Il suo doppio, l’altro androide Walter, non è d’accordo e questo porta a uno scontro diretto tra i due: un tema interessante che riprendere i più classici racconti di Asimov e anche vari aspetti del film Io, Robot con Will Smith, ad essi direttamente ispirato. Ossia: le I.A. hanno o avranno la tendenza a credersi superiori a noi, ma questo significa necessariamente che saranno nostre nemiche?
In ogni caso, Covenant non si pone troppo il problema: David è “malvagio”, almeno dal nostro punto di vista umano, e lo dimostra appieno nel finale. L’androide si infiltra sull’astronave dei pochi fuggiaschi facendosi passare per Walter, che ha invece eliminato. Non capiamo che si tratta di lui fino all’ultimo e il colpo di scena è eclatante.
Come se non bastasse, David ha portato con sé due embrioni di facehugger, il che significa che l’equipaggio molto probabilmente sarà contaminato durante il viaggio, in stasi, e lo stesso potrà avvenire a coloro che li accoglieranno a destinazione. Così David, villain inaspettato e irrazionale, intende portare a termine il suo proposito: eliminare la razza umana con tutte le sue debolezze.
Al suo posto, ergendosi appunto a profana divinità con poteri che molto richiamano la creazione (ossia l’ideazione vera e propria di nuovi esseri viventi, come nella Genesi), intende dare vita all’essere perfetto: quello che appunto anni dopo si evolverà nei pericolosi xenomorfi, della qualità rinvenuta dalla Nostromo.
Come in Prometheus, il finale di Covenant va letto in chiave filosofica al di là della sua natura “horror”: si tratta di una lotta tra intelligenze per una supremazia che ha quasi molto a che fare con la selezione naturale darwiniana, salvo che questa selezione viene arbitrariamente deviata quasi per un capriccio personale. Un capriccio di un automa, sì, ma nella sua ricerca di una superiorità razionale appare molto “umano”.
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