Vittoria che, imprevedibilmente, va proprio all’incapace (e perciò manovrabile) Tom, scelto da Matsson come nuovo CEO a discapito della ex-moglie. La quale però, tra l’altro incinta di lui, evidentemente fa due calcoli e sul finale accetta di tornare insieme a Tom. Se Shiv non può essere CEO, almeno potrà essere la moglie del CEO.
E, Kendall. Un personaggio ambiguo, controverso, a tratti vittima a tratti carnefice; il degno figlio di suo padre e forse, in effetti, l’unico davvero degno di ereditarne il trono. Ma il suo sogno va in frantumi a un passo dalla vittoria e nel momento in cui lo vede crollare davanti ai suoi occhi (quando Shiv decide di votare a favore dell’acquisizione, cambiando idea all’ultimo) ce ne rendiamo conto appieno.
Per gli altri non va molto meglio: Connor e la moglie Willa dovrebbero avere un posto privilegiato come diplomatici all’estero per l’amministrazione Mencken (al quale Connor, candidato presidente a sua volta, aveva ceduto un patetico 1%), ma si parla vagamente di un “riconteggio” in uno stato e viene fatto capire che la vittoria del nuovo POTUS potrebbe non essere così definitiva.
Succession finisce quindi “male”? C’è da rifletterci: è vero che nessuno ha avuto quello che voleva ed è vero che a fronte di un mondo in evoluzione, come Roman stesso ricorda, loro sono “niente”. Ma è anche vero che i fratelli così come gli altri personaggi non finiranno certo in mezzo alla strada: tutti presumibilmente continueranno a percepire stipendi con diversi succosi zeri.