Succession: la spiegazione del finale intricato di una serie perfetta

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Succession è finita. Bene? Male? Addentriamoci in uno degli episodi finali di una serie più memorabili di sempre

Il finale memorabile di una serie memorabile: non poteva essere altrimenti con Succession, la serie americana che ha conquistato il pubblico stagione dopo stagione narrando delle vicende della famiglia Roy e del suo impero mediatico sullo sfondo di un mondo in cambiamento ma anche di travagliate vicende personali.

Avvisiamo subito: se non avete guardato la serie, non avete ancora visto l’ultima stagione o l’ultimo episodio, sappiate che tutto quanto segue è SPOILER. Per cui se intendete addentrarvi con noi nell’analisi di questo finale vi consigliamo di recuperare tutto ciò che c’è da recuperare, e poi tornare qui.

Come sappiamo la serie segue le vicende dei rampolli della famiglia Roy, figli del magnate e tycoon mediatico Logan Roy, che lottano tra di loro per la conquista del potere ai vertici dell’azienda. Sono l’ambizioso ma indeciso Kendall, lo sregolato ma fragile Roman, e la ferrea ma superba Siobhan (detta Shiv).

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Va contato anche Connor, il figlio maggiore, che però ha una sua vita e poco si interessa degli affari dell’azienda, la Waystar RoyCo. Nel corso delle stagioni (qui il riassunto di tutto quello che è successo fino alla terza) i tre figli minori hanno cercato in vari modi di arrivare alla posizione di CEO, alleandosi e scontrandosi in un complesso gioco psicologico e strategico che ha portato alla crescita di una tensione incredibile.

Sullo sfondo, le elezioni del nuovo presidente U.S.A., con l’emittente di famiglia ATN (schierata a destra) che favoreggia lo xenofobo fascistoide Mencken proclamando la sua vittoria in anticipo come Fox News fece con Bush nel 2000; e l’acquisizione della Waystar RoyCo da parte di un imprenditore tech svedese (che si rivela essere un mezzo imbroglione), Lukas Matsson.

Questa narrativa consente di trattare tanti temi diversi, da xenofobia e razzismo all’ascendente del “quinto potere” (se non del sesto) nella politica statunitense; l’ascesa delle nuove tecnologie, app e social, a discapito dei sistemi d’informazione tradizionali; e la fragilità delle nuove imprese e dei nuovi investimenti, pronti a crollare alla minima parola sbagliata.

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Questo è solo lo scenario, già di per sé complesso, che fa da sfondo allo scontro tra i tre fratelli. Nella competizione, oltre a tutti i vari vertici dell’azienda (i personaggi di Frank, Karl, Hugo, Karolina, Gerri) ci sono anche Tom Wambsgans, ex-marito (più o meno) di Shiv, e l’ingenuo “cugino” Greg Hirsch.

Veniamo al finale della serie, che vede la Waystar RoyCo venduta agli svedesi contro i voleri di Kendall e Roman, co-CEO ad interim fino alla chiusura dell’accordo. I due intendevano preservare l’azienda come proprietà di famiglia e anche Shiv, dopo essersi vista sottrarre una poltrona promessa da Matsson come CEO per lei, si era schierata con loro.

La conclusione riprende l’assunto fondamentale di tutta la serie, che sta nel suo estremo cinismo: nessuno è positivo, nessuno è buono. Ognuno pensa per sé, guarda solo al proprio tornaconto e nonostante gli immensi giri di parole e turpiloqui colloquiali tutti agiscono con un’unica mira: il potere, il controllo, la vittoria.

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