La donna che visse due volte (1958), Alfred Hitchcok
Sebbene sia evidente il debito di riconoscenza che il cinema di David Lynch deve ad Alfred Hitchcock, abbiamo deciso di citare il film che maggiormente rievoca i temi cari al maestro.
La donna che visse due volte, capolavoro da molti considerato la vetta assoluta della clamorosa filmografia di Hitchcok, è un film che parla di identità cambiate, perdute, forse ritrovate. Un’opera in cui l’Io si sfoca e di sdoppia, gettando le basi per opere come Mulholland Drive o Strade perdute.
Al centro del giallo, James Stewart, attore da sempre apprezzatissimo da Lynch, si muove con quell’aplomb e quella delicatezza che nei film del maestro saranno poi spesso incarnati da Kyle MacLachlan.
Se vi state chiedendo da dove viene il cinema di Lynch, La donna che visse due volte è un film da vedere per recuperare (almeno) parte della risposta.
Enemy (2013), Denis Villeneuve
Liberamente ispirato al romanzo L’uomo duplicato del 2002, Enemy riprende i temi della dualità e della frammentazione dell’Io tanto cari anche a Davidy Lynch.
Il film vede come protagonista Jake Gyllenhaal nei panni di Adam, un professore di storia travolto da una scoperta inusuale: durante la visione di un film, si rende infatti conto di come una delle comparse sia del tutto identica a lui.
Nella sua ricerca della verità , Adam è guidato dalla mano impeccabile di Villeneuve che tratteggia un thriller psicologico i cui misteri risiedono nell’inconscio, la stessa dimensione in cui regna sovrano proprio David Lynch.
Siamo convinti che i fan più appassionati troveranno in quest’opera un degno erede della filmografia del maestro. Non vi scoraggiate se la prima visione dovesse lasciarvi confusi: andate a leggere la nostra spiegazione di Enemy!
Un chien andalou (1929), Luis Bunuel e Salvador Dalì
Come definire i film di David Lynch se non “surreali”?
Sebbene tale termine, in questa accezione, non sia direttamente collegato movimento d’avanguardia sbocciato all’inizio del secolo scorso, è indubbio come quest’ultimo abbia avuto un ruolo determinante nello spingere la narrazione cinematografica oltre i confini del realismo.
L’automatismo psichico attraverso cui il nostro inconscio prende la parola, non è poi così distante negli intenti dalla meditazione trascendentale di cui Lynch è un fiero sostenitore: puntare il riflettore sulla parte più pura della nostra interiorità , consentendole di emergere.
Il modo in cui Dalì e Bunuel hanno riportato su pellicola i moti del loro inconscio ha tracciato una via maestra su cui registi come David Lynch hanno edificato le loro opere. In parole povere, senza il Surrealismo, probabilmente oggi non avremmo Lynch.
Per avvicinarvi al cinema surrealista, abbiamo quindi deciso di consigliarvi l’opera simbolo di questa avanguardia: Un chien andalou, cortometraggio del 1929 firmato Luis Bunuel e Salvador Dalì. Immergetevi e lasciatevi andare: vi si aprirà un mondo!