La Regina Carlotta: Una storia di Bridgerton – Recensione della mini serie Netflix di Shonda Rhimes
Dal 4 Maggio su Netflix tutti i fan di Bridgerton troveranno la nuova mini serie spin-off firmata Shonda Rhimes, La Regina Carlotta: Una storia di Bridgerton. Ecco la nostra recensione di questo un romantico sexy disastro.
In attesa della terza stagione di Bridgerton, Netflix presenta una nuova mini serie spin-off in 6 episodi, interamente dedicata al personaggio già interpretato da Golda Rosheuvel, La Regina Carlotta : Una storia di Bridgerton, creata dalla sceneggiatrice Shonda Rhimes e prodotta dalla sua celebre global multi-media company, ShondaLand.
Per quanto il personaggio non abbia forse bisogno di presentazioni, sarà bene ricordare che Shonda Rhimes, inserita da Time Magazine nella classifica delle 100 persone più influenti del mondo, dal 2007, anno fatidico del lancio della sua Grey’s Anatomy, ha saputo affermarsi come una vera potenza internazionale, senza quasi mai sbagliare un colpo.
Dopo numerose collaborazioni con Disney, nel 2020 ha quindi iniziato con Netflix la produzione di Bridgerton, serie in costume di genere Romance basata sui romanzi di Julia Quinn, ambientati in una utopica alta società londinese nel corso della Regency Era (1811-1820), immaginando che non esistesse razzismo e i nobili potessero essere comunemente anche neri o mixed-race.
E se gli 8 romanzi pubblicati dalla scrittrice newyorkese erano già straordinari bestseller, tradotti in 29 lingue, la nostra Shonda Rhimes ha saputo mettere a segno un altro colpo micidiale. La prima stagione, a soli 28 giorni dalla messa in onda, aveva già registrato 82 milioni di visualizzazioni, mentre nel 2021 la seconda stagione si attesta come la serie Netflix più vista di sempre.
Ora che lo scettro sembra passato a Tim Burton e la sua Mercoledì, riuscirà La Regina Carlotta : Una storia di Bridgerton a bissare questi numeri? Per compiere l’impresa, Shonda Rhimes ha sfoderato le sue armi migliori e riscritto la vera storia di Re Giorgio III e la sua sposa, la Duchessa Sofia Carlotta di Meclemburgo-Strelitz, concedendosi ogni sorta di libertà creativa.
Inutile dire che i milioni di fan di Bridgerton nel mondo adoreranno la peripezie della giovane Carlotta, trovando il loro vecchio caro guilty pleasure, senza prestare troppo orecchio alle incongruenze e le critiche, tanto che la mini-serie è balzata subito al numero 1 della Top Serie Netflix. Dal canto nostro, però, dobbiamo dire che la formula di questa Soap opera 3.0 lascia sempre più perplessi.
Tra invenzioni storiche e suadenti costumi, intrighi e congiure di palazzo, grandi amori e sesso patinato (ma comunque senza freni), forse il gioco inizia a mostrare la corda, anzi inizia a sconfinare pericolosamente dal Melodramma all’ordine di una produzioneinvolontariamente comica.
La Regina Carlotta: Una storia di Bridgerton. La trama
La diffidenza è reciproca, già che i ragazzi non si sono neanche mai incontrati e il contratto di matrimonio è stato siglato dalle famiglie (secondo le regole tipiche dei Royals) sulla base di considerazioni che nulla hanno a che vedere con l’Amore. Eppure, nonostante le iniziali difficoltà , tra loro scoppierà una grande passione, confermata dalla nascita di ben 15 figli.
Carlotta al momento delle nozze ha solo 17 anni ma resterà amorevolmente al fianco di Giorgio dal 1761 al 1820, anno della sua morte, nonostante i suoi pesanti problemi psichiatrici. La prima stagione de La Regina Carlotta: Una storia di Bridgerton si concentra sui primi anni del matrimonio, immaginando che Carlotta diventi la prima sovrana di origini africane.
Quello che nasce solo come un esperimento, voluto dalla Principessa madre (Michelle Fairley) e dal parlamento, cambierà per sempre l’alta società inglese. Almeno nella fiction Netflix di Shonda Rhimes, che sceglie di prelevare solo alcuni elementi dagli annali della Storia inglese, come la pazzia di Re Giorgio, salvo distorcere totalmente il resto, dalle scene e i costumi al senso recondito della parabola.
La Regina Carlotta: Una storia di Bridgerton. Un regale schiaffo in faccia alla discriminazione (ma anche alla Storia)
Dopo un’analisi minimamente obiettiva, de La Regina Carlotta: Una storia di Bridgerton dovremmo dire solo che rasenta pericolosamente il confine col ridicolo. Eppure, sarebbe sciocco pensare che il fatto non sia deliberato, già che giocare con l’assurdità di certi dialoghi, certe sequenze e tutta una serie di soluzioni stilistiche, non sembra essere affatto una scelta casuale.
A seconda dei punti di vista, quello che affascina o fa odiare ferocemente Bridgerton, in fondo non è che la sua sessa natura, iperbolica, sfrontata, costantementesopra le righe, come la sua Regina e la stessa idea che potesse avere questo aspetto.
Sin dai titoli di testa il messaggio lanciato da Shonda Rimhes – e forse con lei da tutti gli estimatori dell’ideologia woke – corrisponde all’idea contemporanea del guanto di sfida, dello schiaffo in faccia, la provocazione che scatena ineluttabilmente il duello.
Come dire sì, abbiamo immaginato una folta schiera di nobili di colore, li abbiamo abbigliati e pettinati con la massima grandeur, affidando la creazione di abiti meravigliosi a Lyn Paolo e Laura Frecon e il make up alla geniale Pat McGrath. A livello di sceneggiatura abbiamo fatto tutto quello che volevamo. Tutto e il contrario di tutto, e non siamo neanche disposti a fermarci.
Il punto è che, con tutta probabilità , Bridgerton e il suo spin-off non siano altro che un analogo di Beautiful, Sentieri, Quando si ama, semplicemente aggiornato ai fasti, il glamour, l’estetica e lo spirito del nostro tempo. E in quanto tale, andrebbe trattato solo come un prodotto di mercato, senza implicazioni oltremodo politiche.
La Regina Carlotta: Una storia di Bridgerton. Netflix avverte gli abbonati più giovani che le scene di sesso sono hot
Shonda Rimhes negli ultimi 15 anni ha creato e prodotto successi intergalattici come Grey’s Anatomy, giunta ora alla stagione 17 e l’episodio numero 400, oltre allo spin-off Private Practice, e poi Scandal, Le regole del delitto perfetto, Station 19.
Può darsi quindi che questa con nuovo spin-off di Bridgerton abbia calcato un po’ troppo la mano, tanto che la Regina Carlotta, interpretata in età adulta da Golda Rosheuvel e dalla giovane India Amarteifio, parla un gergo decisamente contemporaneo.
Riuscite a immaginare la Regina Elisabetta II, deceduta nel 2022, apostrofare i propri figli con insulti, improperi, triviali e comunissime parolacce? Qualunque appassionato di gossip o di Storia inglese sa che questo, secoli dopo, non sarebbe mai potuto accadere.
Anzi pensare alla Regina Carlotta, il suo linguaggio del corpi, la camminata, certe gestualità , per non parlare del gergo e del lessico, per certi versi è perfino più assurdo che immaginare una Regina di colore all’inizio dell’800.
Quello che resta è il perfetto erede dei feuilletton, i romanzi d’appendice, le avventure zozzettepubblicate a puntate, a poco prezzo dalla lungimirante Inghilterra proprio dal Secolo XIX. Un genere immortale, destinato a una continua evoluzione, che arriva al ‘900 con i fotoromanzi e i libri Harmony per trovare infine nella TV e le Soap il suo momento di massimo splendore.
Dopo i fenomeni After e 50 sfumature, c’era evidentemente bisogno di novità e in questo senso, nel cortocircuito tra Royals britannici, sesso e Cancel Culture, l’americana Shonda Rhimes ha fatto Bingo. Forse la Cancel Culture, che la amiate oppure odiate, resta comunque una questione ben più seria, da non evocare a sproposito.