Pink Floyd – Several Species of Small Furry Animals Gathered Together in a Cave and Grooving with a Pict
Letteralmente, il nostro Roger Waters che fa un casino infernale con un microfono, manipolandone i suoni in studio per imitare i versi di animali in un marasma di suoni che non ha alcun senso di esistere al di là della riuscita (e semmai parliamone) dell’esperimento stesso. Come se non bastasse, nella parte finale abbiamo il cantante che grida versi in un accento scozzese esasperato con eco, in una mescolanza confusa e casuale. Che dire: erano gli anni ’60.
Metallica – The Memory Remains
I Metallica in caduta libera nel loro periodo peggiore, a metà anni ’90, si esprimono con canzoni che di metal hanno molto poco e imitano semmai la formula di successo di gruppi rock alternativi molto di moda all’epoca. Questo brano non ha nulla di interessante: riff mediocre, suoni da radio, video inguardabile (oggi) e la presenza di una lagnosa Marianne Faithful che dovrebbe conferire importanza alla composizione e, invece, la rende solo più insopportabile.
Nirvana – Endless, Nameless
Ossia, sei minuti e più di cacofonia in cui Cobain e compagni riprendono a piene mani dalle istanze post-hardcore e proto-grunge del decennio precedente: le produzioni fieramente lo-fi degli anni ’80, indipendenti e alternative di Melvins e primi Soundgarden. Va bene, ma rispetto al songwriting attento e acuto dei brani migliori dei Nirvana in questa lunga traccia, inserita come ghost track alla fine dell’album blockbuster Nevermind, si scorge solo un piccolo frammento del genio dell’artista americano. E sembra, diciamo così, tanto rumore per nulla.
Muse – The 2nd Law Unsustainable
Ossia: i Muse che cercando di imitare lo stile dubstep più classico, alla Skrillex, molto di moda a inizio anni ’10. Qui il dibattito è aperto: da molti anni la band inglese è alla deriva nell’accoglimento all’interno del proprio repertorio di suoni elettronici, funk, soul, indie e chiaramente pop; per ora, manca solo il rap. Qualcuno vede questa tendenza come segno di un’incoraggiante apertura mentale; altri la biasimano come imperdonabile corruzione di un progetto rock un tempo “puro” a beneficio delle vendite e delle posizioni in classifica.
Soundgarden – Live to Rise
Il brano non è necessariamente malvagio in sé (anche se certamente rigonfio di un mediocre afflato pop rock che ne abbassa il livello rispetto ai classici della band), e quel che lo rende degno di questa lista è lo sfruttamento da parte del franchise MCU nel tentativo di rendere “rock” i film Marvel legandosi ai nomi di band leggendarie. Un connubio infelice, che demolisce un po’ tutta l’eredità dei Soundgarden e segnala Avengers e compagnia come pretenziosità in forma di cinema commerciale.
Radiohead – Thinking About You
Sì, per concludere andiamo a toccare anche gli intoccabili Radiohead. Pablo Honey non è davvero un buon album, loro stessi lo riconoscono; e quando, come in questo caso, cercano di imitare gli U2 di The Joshua Tree il risultato suona particolarmente languido. Chiaro che abbiamo una band ancora in cerca di una propria direzione, e alla luce di quel che hanno fatto poi “sviste giovanili” come questa possono anche essere perdonate.
Che ne pensate di questa lista? Fatecelo sapere su LaScimmiaPensa