Uno dei film più celebrati di sempre, la cui produzione fu un vero incubo quasi quanto la storia stessa che narrava: Apocalypse Now
Conosciamo e amiamo tutti Apocalypse Now, il famosissimo film di Francis Ford Coppola uscito nel 1979: una sua versione (scritta in realtà da John Milius) del famoso romanzo Cuore di Tenebra di Joseph Conrad, riadattato per trasformarsi in una grande metafora ambientata durante la Guerra in Vietnam.
Un argomento ancora abbastanza scottante negli Stati Uniti, ma ciò non di meno preso di petto nel rappresentare tutte le sfumature più folli di quel sporco conflitto e le derive mentali umane che ne sorsero. Una su tutte, naturalmente, quella del colonnello Kurtz (Marlon Brando) e della sua utopia/distopia costruita nel profondo della giungla.
Alla ricerca del folle colonnello parte il capitano Willard (Martin Sheen) con una sua brigata, immergendosi nella vegetazione tenebrosa e sprofondando sempre più, metaforicamente, in un vortice di pazzia che alla fine porterà fuori di senno anche tutti loro. Una grande parabola per certi versi quasi religiosa, una storia di perdizione e disumanità che si può leggere in varie chiavi e che porta sempre a grandi riflessioni.
Quello che ancora non tutti oggi conoscono, tuttavia, è ciò che è avvenuto dietro le quinte: l’incubo dietro “l’orrore”, per citare lo stesso colonnello Kurtz, nella forma di una produzione travagliata e difficoltosa che ha comportato lavori protratti oltre i limiti, spese enormi e incidenti non indifferenti.
Ed è solo l’inizio: solo due mesi dopo l’inizio delle riprese il Tifone Olga colpisce il set, distruggendo diverse apparecchiature e facendo schizzare il budget alle stelle; diversi mesi dopo, Martin Sheen soffre poi di un attacco di cuore sul set e la situazione pare talmente grave che gli viene persino somministrata l’estrema unzione in loco (nelle Filippine).
Sheen viene sostituito in alcune sequenze e in alcuni momenti in voice over dal fratello Joe Estevez, e la trovata funziona al punto tale che poi Coppola dirà di non aver avuto modo, a un certo punto, di distinguere tra i due. Nel frattempo i mesi passano, il film viene rimandato, i costi aumentano e si diffondono leggende assurde come quella su cinque finali diversi che sarebbero stati girati.
Nell’insieme delle problematiche va considerata l’inospitalità dei luoghi, con set e scenografie costosissime costruiti nel mezzo della giungla ed elicotteri noleggiati dallo stesso governo filippino (all’epoca ancora in mano al dittatore Ferdinand Marcos) che spesso dovevano abbandonare le riprese per combattere reali insurrezioni comuniste in altre parti del paese.
Anche con gli altri attori le cose non vanno meglio: Dennis Hopper si trova, come suo solito, sotto l’effetto di sostanze per la maggior parte del tempo e dimentica continuamente le battute; e la superstar, Brando, si presenta sul set in sovrappeso, senza aver letto Cuore di Tenebra e con un accordo per una paga di 3 milioni di dollari per le prime settimane di lavoro, di cui un milione in anticipo.
L’appariscenza di Brando è proprio ciò che richiede di utilizzare per Kurtz le numerose inquadrature in ombra o al buio, con solo alcune parti di lui inquadrate e giustificate comodamente come tratti della caratterizzazione “oscura” del personaggio. Coppola e Brando improvvisano apertamente, a quel punto, per arrivare a un finale soddisfacente.
Risultato: più di un milione di “piedi” (circa trecentomila metri) di girato, a cui seguono altri due anni di post-produzione con un budget finale complessivo che supera i 30 milioni di dollari. Quello che ne esce, come tutti sappiamo, è ovviamente un capolavoro ed è inutile cercare di dimostrare il contrario. Ma la leggenda della produzione del film ne eguaglia oggi, quasi, la grandezza e la tenebrosità .