Elena Di Cioccio svela di avere l’HIV e di aver affrontato moltissimi traumi e difficoltà, decidendo di confessarsi in un nuovo libro e raccontando la sua storia
“Ho 48 anni e da 21 sono sieropositiva. Ho l’HIV” ha raccontato Elena Di Cioccio a Le Iene, programma per il quale è stata per anni un’inviata. La conduttrice ha scelto di svelare molti dei suoi traumi e delle sue difficoltà represse per anni al grande pubblico e ha scelto di farlo apertamente, con serenità, anche in un’intervista al Corriere della Sera e in un nuovo libro.
Cattivo Sangue, in uscita il 4 aprile, narra di tutto ciò che la Di Cioccio ha dovuto affrontare nella sua carriera, e di come ne è uscita: “Oggi non ho rimpianti e non sono più arrabbiata. Ma ho dovuto processare molte cose. Dopo anni passati divisa tra la paura e la rabbia, non mi sento più in difetto di niente. Io sono questa cosa qui e non voglio più nascondermi”.
“Quando incontro ogni singola persona mi domando se, come e quando dire che sono sieropositiva: lasciando la mia parola scritta ora lo do per fatto, una volta per tutte”. Sulla gestione della malattia dice: “Ho sperimentato ogni tipo di reazione in risposta a questa cosa: fuga, compassione, rabbia. Ma il problema è la partenza, non la risposta: è come sto io rispetto a questa cosa”.
“Oggi un aiuto arriva grazie alla medicina che ha fatto finire l’epoca dell’alone viola, della paura, sia per voi ma anche per noi”. E racconta un episodio: “Quindici anni fa, mi taglio la mano in una classe di teatro, esce del sangue. Si avvicinano per aiutarmi e io urlo: ‘No, non mi toccate’. Cavolo che brutto carattere”.
“Oggi processare questa gigantesca marea di emozioni è possibile grazie a quello che la medicina ci dice, e cioè che siamo pazienti cronicizzati e in nessun modo io posso contagiare qualcuno. Per me è un sospiro di sollievo: non devo più stare sempre in allerta. La comunicazione [sull’HIV] si è fermata al 1989: abbiamo fatto dei passi in avanti con quattro baci e strette di mano passate e poi il nulla. Ma non possiamo fare come i bambini che fingono che qualcosa non esista perché ti fa paura”.
La Di Cioccio racconta anche di come ha affrontato la difficile separazione del padre, il batterista e leader della PFM Franz Di Cioccio, e della madre Anita Ferrari, che si è tolta la vita. “Processare il dolore non è uno sport per tutti e mia mamma aveva stratificato una quantità di dispiaceri davvero grande, non processandoli, appunto. Alla fine se la sono portata via”.
E, parlando della sua passata dipendenza da cocaina: “La dipendenza ti crea una situazione di benessere e, soprattutto, un’alternativa: ti impegna, anche quando poi si gira e ti mostra l’altra faccia della medaglia. Il tuo impegno diventa anche cercare di uscire dal buco. uscirne è stato molto faticoso e ringrazierò mia mamma per sempre per avermi fatto sentire il peso di quello che stavo facendo quando mi ha scoperta”.
“Eravamo a un matrimonio, sono uscita dal bagno e me la sono trovata davanti: tu che sei su di giri non ti accorgi di niente ma da fuori si vede tutto benissimo. Lei mi ha detto solo: ‘No, anche tu no‘. Era così spaventata, così addolorata e impotente che mi è proprio passata attraverso”. E conclude su ciò che potrebbe pensare il padre Franz del libro e delle sue confessioni.
“Questa volta ho deciso di preoccuparmi solo di me: preoccuparmi degli altri è stata la mia occupazione principale per tutta la vita, ora avevo solo bisogno di essere me stessa. Con papà al momento non abbiamo rapporti, ognuno è andato per la sua strada… e se penso a tutti quelli che mi chiamano per avere il suo numero o dei biglietti… ma c’è sempre domani. Domani può sempre accadere qualcosa di inaspettato”.
Fonte: Corriere della Sera
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