Da poco in sala è arrivato L’ultima notte di Amore, nuovo film di Andrea Di Stefano con protagonsita Piefrancesco Favino. Il grande attore ha per l’occasione rilasciato un’intervista a L’Espresso nella quale ha raccontato la sua visione del mondo, specialmente in relazione al personaggio che interpreta nel film, Franco, un poliziotto in bilico tra fare la cosa giusta faticando ad arrivare a fine mese e travalicare la legge per riuscire a guadagnare di più.
Oggi accendi il cellulare e vedi che stanno tutti benissimo, sono in forma smagliante, hanno successo. Anche quando è evidentemente un insuccesso, te lo fanno passare come successo – ha detto Favino. Questo percepire che c’è sempre qualcosa di meglio di te ti schiaccia e ti mette in un angolo. Specie se sei uno come Franco, senza uno scatto di carriera in 35 anni, impossibilitato a fare un doppio lavoro. Ci sono tante persone che faticano ad arrivare a fine mese e sono subissate dal paragone di ciò che dovrebbero essere
Andando avanti l’attore de Il Traditore ha raccontato di come ha fatto a immedesimarsi in Franco.
Io ho campato con poco per molto tempo. Ho fatto mille mestieri per pagarmi l’affitto, e non parliamo di un’era fa. Faccio questo mestiere dal 1992, fino al 2015 non sono stato pagato grandi cifre. Conosco il valore del denaro, sono uno che va a fare la spesa, alla posta, porta le figlie a scuola. Non disperdo il denaro, non ho bisogno della villa, del cuoco, del lusso sfrenato, non mi realizzo in quella dimensione. Detto questo, alla base del mio mestiere ci sono comprensione ed empatia indispensabili per abbracciare le potenzialità di chi interpreto. Senza giudizi e con tutta l’apertura mentale che posso. Se domani voglio interpretare un elefante e credere di essere un elefante lo divento: mostrare al pubblico ciò che non riesce a vedere, e a volte immaginare, è la funzione di un attore
Favino ha voluto infine fare una considerazione sul cinema italiano in genere.
I nostri film piacciono, circolano, siamo noi che frustriamo le ambizioni, pur avendo armi e specificità storica per raccontare come nessuno. Dovremmo smettere di avere sudditanza psicologica per il cinema americano, che peraltro non funziona più come un tempo. Persino maestri come Spielberg raccontato se stessi e vengono sorpassati da cinematografie più stimolanti e originali