I Depeche Mode tornano con un disco darkwave oscuro e cinico, dai suoni lugubri e atmosferici. La nostra recensione di Memento Mori
Più che mai lontani sembrano i tempi, ascoltando l’ultimo album dei Depeche Mode, del synthpop allegro e spensierato di Just Can’t Get Enough. Vero che la transizione verso un synth dalle tinte dark era stata compiuta dal complesso già nell’arco del primo decennio di attività, entro la fine degli anni ’80. E tolta la parentesi alt rock anni ’90, hanno poi sempre seguito quella strada.
Memento Mori, il loro nuovo lavoro del 2023, è un’altra collezione di canzoni dai toni lugubri e dai tratti fortemente atmosferici ed evocativi. La voce di Dave Gahan risuona tra gli echi di suoni astratti, che a momenti sfiorano il dark ambient e in altri sembrano quasi tramutarsi in canti religiosi.
Un modo per parlare di questo nuovo disco sarebbe dire che, nel catalogo della leggendaria band inglese, non rappresenta nulla di nuovo. Non c’è niente che non abbiamo già sentito nei loro album degli ultimi vent’anni. Il che, beninteso, non è necessariamente un male: abbiamo una band navigata, musicisti rodati che sanno cosa vogliono e sanno come ottenerlo.
In altre parole, i Depeche Mode agiscono sempre all’interno del loro universo, che è fatto di suoni alternativi, ricercati e silenziosi (del resto parliamo della band che amava il silenzio, ai tempi), un’impostazione synth che regge sempre l’insieme con riff precisi ma sottili, e liriche esistenzialiste che vanno dalle problematiche d’amore a riflessioni sulla società in toto.
Dodici canzoni che si somigliano un po’ tutte, che non riservano nessuna sorpresa e specie per chi conosce e segue il gruppo da tanti anni. Certo non un lavoro rivoluzionario, anzi: si potrebbe tranquillamente parlare di comfort zone, anche se certo parliamo di una zona nella quale la musica che si sente è sempre interessante, di qualità e di alto livello.
In definitiva questo Memento Mori è la conferma e ri-conferma di tutto ciò che i Depeche sono sempre stati. Di più: se ce ne fosse bisogno (e non c’è) della loro posizione come band tra le più importanti e capaci della storia della musica. Un ottimo disco per i fan e per i fedelissimi, un po’ meno per chi cerca suoni nuovi. Ma di certo sempre Musica con la m maiuscola.