State seguendo anche voi Daisy Jones & The Six? Se siete musicofili avrete già capito che la storia è basata su quella di una vera band anni ’70: i Fleetwood Mac
Mentre Daisy Jones & The Six, la serie Amazon Prime Video basata sull’omonima (fittizia) band rock anni ’70, si sta avviando alla fine con gli ultimi episodi, approfondiamola un po’ in riferimento a quella che è chiaramente la base d’ispirazione per la storia: la carriera dei Fleetwood Mac, un gruppo anglo-americano tra i più importanti di sempre.
Probabilmente i più giovanissimi di voi non li avranno mai sentiti nominare (se non per un TikTok virale), ma chiedete ai vostri genitori o anche ai vostri nonni e vi sapranno dire che negli anni ’70 e ’80 questa band era davvero famosissima, con canzoni in cima alle classifiche di tutto il mondo che sono ancora oggi dei classici.
Nome portante della scena soft rock, il gruppo nel suo periodo d’oro nasce dall’evoluzione di un primo nucleo “british”, fondato negli anni ’60 daPeter Green, che includeva Mick Fleetwood (batteria), John McVie (basso; e da loro il nome: Fleetwood + Mc) e Christine Perfect (tastiere, voce), quest’ultima poi moglie di McVie e scomparsa tristemente nel 2022.
Orfani di diversi chitarristi e vocalist, tra cui lo stesso Peter Green (distrutto dall’abuso di acido), i tre si trasferiscono in California a metà anni ’70 e accolgono nel gruppo un duo formato da Lindsey Buckingham (chitarra, voce) e Stevie Nicks (voce). Questa nuova formazione a cinque si lancia con l’album omonimo, Fleetwood Mac del 1975, verso un rinnovato, insperato e poi enorme successo.
Da lì seguono Rumours (1977, uno dei migliori album della storia della musica), Tusk (1979), Mirage (1982) e Tango in the Night (1987), tutti dischi di successo e che li rendono delle superstar mondiali. Ma la loro storia è travagliata: all’altezza delle registrazioni di Rumours, le due coppie Buckingham-Nicks e McVie marito e moglie sono in piena crisi.
Anche il batterista Fleetwood si separa nello stesso periodo e questa sfortunata congiunzione crea un clima di tensione e frustrazione che, per contro, permette ai cinque di sfogare tutto nella musica e realizzare un autentico capolavoro come Rumours. E tutto ciò che avviene è molto simile a ciò che succede a Daisy Jones e a The Six.
Le canzoni scritte da Daisy e Billy (che sono chiaramente la Nicks e Buckingham) sono segretamente attacchi e frecciate l’uno contro l’altra, espressione di un rapporto morboso di amore e odio. Una convivenza obbligata, che arriva nel loro caso non alla fine ma all’inizio di un rapporto per metà tenuto nascosto e negato da e a loro stessi.
Se il fulcro della storia rappresentato da Daisy e Billy è la più chiara citazione della storia dei Mac, non mancano altri riferimenti e somiglianze. La tastierista Karen, per esempio, è ovviamente Christine Perfect (con tanto di marcato accento british); e il batterista Warren riporta tutti i tratti del carattere gioviale e spiritoso di Mick Fleetwood.
Il bassista Eddie ricorda invece più forse John Deacon dei Queen, mentre il triangolo amoroso con la moglie di Billy, Camila, sembra richiamare quello tra Eric Clapton, George Harrison e Pattie Boyd, altra “soap opera” molto nota nella storia del rock. C’è spazio a margine anche per il personaggio di Simone, che tra nascita della disco music e Studio 54 ricorda un po’ Diana Ross, un po’ Donna Summer.
Una delle differenze fondamentali tra i Mac e The Six sembra stare nel fatto che, come ci viene detto all’inizio del mockumentary, poco dopo il loro esplosivo successo i sei si scioglieranno. I Fleetwood Mac sono invece andati avanti per anni, con svariati cambi di formazione, e ufficialmente sono tuttora attivi con Nicks, Fleetwood e McVie in formazione (hanno tutti più di settant’anni).
Per sapere come finirà la vicenda di Daisy Jones & The Six dovremo aspettare una settimana, quando il 24 marzo usciranno gli ultimi due episodi. Per il momento la serie ha mostrato alti e bassi (il principe di Irlanda? Seriamente?) e continua a oscillare tra romance drama e omaggio un po’ impreciso al rock anni ’70. Si spera che il meglio debba ancora venire.