Fallen degli Evanscence è diventato, tra goth, synphonic e nu metal, un album di culto per una generazione intera
C’è stato un tempo in cui un termine come gothic aveva un significato molto importante. Ai tempi degli Evanescence, a inizio anni ’00, questo significato era ben noto agli adolescenti che crescevano in quell’epoca: un’epoca di incertezze, insicurezze rampanti (non come oggi, ma già belle acute) e vuoti di significato.
L’inizio del millennio vedeva, sullo sfondo del nichilismo post-9/11 e della confusione di una nuova società ora senza direzione, il successo mainstream del genere nu metal. Tanta, tanta rabbia, tante chitarre distorte, arrangiamenti brutali e spesso distruttivi che lasciavano spazio alle volte a strofe rap e spesso esprimevano soprattutto cinismo, dolore e sofferenza, senza filtri.
Band come Spilknot, Korn, Deftones, System of a Down, Staind e Linkin Park avevano successo su MTV grazie alle produzioni di alto livello garantite dalle case discografiche e ai video accattivanti, fantasiosi e seducenti che creavano attorno a quei brani un universo a sé stante. Il teenager medio, che avesse 13 o 14 anni, non poteva non restarne colpito.
Ma quello che mancava era una forte presenza femminile. Ed eccola: la capacissima Amy Lee, non solo incredibile vocalist ma anche pianista, compositrice nonché curatrice degli arrangiamenti. Una nuova icona, che del gothic incarnava una tradizione ma anche una nuova visione, adottando anche nei costumi, nei video, nelle cover degli album e in ogni aspetto un’estetica di conseguenza.
In un periodo nel quale dunque essere goth era per molti giovanissimi quasi una bandiera, un vero e proprio ideale che decideva non solo gusti musicali ma anche codici di abbigliamento, frequentazioni e scelte di vita, gli Evanescence divenivano improvvisamente la colonna sonora ufficiale di quelle travagliate esistenze giovanili.
L’album Fallen, già esplicito sui contenuti dal titolo, affonda in una malinconica disperazione esplorata in tutti i meandri e che estende musicalmente braccia orrifiche in un disegno macabro e tetro verso i più differenti generi: symphonic, nu (rap, ma pensiamo anche alle parti di chitarra in stile Slipknot) e ovviamente goth. Il tutto riunito sotto il verbo del metal, in una delle ere d’oro del genere.
Canzoni come Bring Me to Life (uno dei classici del decennio), Everybody’s Fool, My Immortal e Going Under colpivano profondamente l’immaginario collettivo dei giovani dell’epoca, e possiamo immaginarci tantissimi ragazzi e ragazze chiusi in camera, lontani dal mondo così ostile, perdersi in questa musica a volumi altissimi e trovarvi l’unico sfogo possibile.
Ingenuità? Certo, ma si era adolescenti: MTV promuoveva diversi generi di musica e questo, così evocativo e affascinante, s’innestava in quelle menti ancora da plasmare con una forza equivalente a tanti generi rock del passato, portando con sé tutta un’etica e un’estetica propria di un mondo, per loro, nuovo e mai vissuto, mai nemmeno sognato. Ecco perché Fallen rimane, ancora oggi, un classico.