U2 – War | RECENSIONE

U2
Condividi l'articolo

Gli U2 degli esordi: il post-punk come impegno politico e sociale. La musica nel loro classico del 1983, War

War, il terzo album degli U2, è quello che oggi bisognerebbe far riascoltare con attenzione a tutti i detrattori della band dublinese. Per molti ancora solo il disco di Sunday Bloody Sunday e New Year’s Day, ancora oggi loro classici assoluti e tra le più famose canzoni degli anni ’80. Ma in realtà, oltre a questo, un piccolo gioiello di post-punk politico e speranzoso.

Bono e compagni imbracciano per la prima volta i loro strumenti come armi, tingendo le loro canzoni di ideologia pacifista che non prende alcuna posizione se non quella della razza umana. E lo fa, come si sa, parlando della famosa Bloody Sunday ma anche della proliferazione nucleare (Seconds) e del movimento Solidarność in Polonia (New Year’s Day).

War non è un concept album, è più una descrizione dei tempi: il mondo di nuovo sull’orlo della guerra nucleare con l’intensificarsi delle tensioni tra est e ovest; e, in piccolo, l’annosa questione dell’indipendenza dell’Irlanda del Nord. Per gli U2 sono tutte lotte sanguinarie e inutili, in cui non ci sono vincitori ma solo sconfitti.

LEGGI ANCHE:  Roger Waters contro Bono degli U2: "È una enorme mer*a" [VIDEO]

A far da colonna sonora a questi testi impegnati ed emotivi il chiaro stile post-punk degli U2 degli esordi: su tutto trionfa ovviamente la chitarra di The Edge, con il suo suono abrasivo e distorto che prende il meglio dall’evoluzione dello stile ai tempi incentrandosi su riff memorabili ma anche su una classica alternanza ritmica/solista che riempie ogni canzone.

E la capacità della band di proporre un rock and roll di qualità, allo stato dell’arte e teso verso una produzione impegnativa proprio in un periodo in cui lo scettro di band “that matters” viene perduto dai Clash si apprezza non tanto nei due singoli famosi quanto, come spesso avviene, nelle altre canzoni.

Ed è sempre la solita storia: il pubblico si ricorda solo i pezzi noti, i brani passati per radio e (ovviamente) i videoclip su MTV. Ma canzoni come Seconds, Drowning Man, Red Light e Surrender meriterebbero pari attenzione se non maggiore rispetto ai singoli celebri che ancora oggi tutti ricordano.

LEGGI ANCHE:  U2 - Achtung Baby [RECENSIONE]

Non guasta ovviamente la produzione di un gigante come Steve Lillywhite, che in quegli stessi anni lavora con Peter Gabriel, Siouxsie and the Banshees ed XTC e che ha del resto già prodotto i primi due album degli U2 (Boy e October) e che con la band collaborerà poi fino agli anni ’10. Se c’è da ricercare il segreto del suono della band, è sicuramente nella presenza di Lillywhite.

Ciò non di meno parliamo ovviamente di un gruppo che solo in questo album comincia a scoprire appieno le proprie potenzialità: un The Edge che trova il suo suono e un Bono Vox che scopre nell’attualità la sua ispirazione lirica. In altre parole War è il momento preciso in cui gli U2 iniziano a diventare “importanti”, quello in cui la loro musica inizia a parlare del mondo; e al mondo.

Continuate a seguirci su LaScimmiaSente