Pillon attacca Sanremo: “Kermesse delle ideologie antiumane”

Il Sensatore Simone Pillon ha criticato sui social il Festival di Sanremo definendola una "kermesse delle ideologie antiumane"

simone pillon
Credits: YouTube/ Simone Pillon risponde a Fedez sul DDL omofobia
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Ieri si è concluso il Festival di Sanremo con la vittoria di Marco Mengoni. Essendo uno degli eventi mediatici più seguiti nel Nostro Paese, è ovvio che se ne continui a parlare. E il senatore Simone Pillon, da anni grande detrattore della kermesse ligure, non si è tirato indietro neanche questa volta. Su Facebook ha infatti criticato pesantemente tutta la manifestazione parlando di “kermesse delle ideologie antiumane”

Finalmente la ributtante kermesse delle ideologie antiumane è finita – scrive Pillon. I protagonisti di Sanremo non si sono risparmiati neanche quest’anno. Prima l’inno all’identità sessuale fluida di Paola Egonu, di Fedez e di Rosa Chemical, poi la candida ammissione del dovere di insegnare ai bambini altrui i dettami fondamentali del Gender come sostenuto da Amadeus poi ancora lo sdoganamento della droga “leggera” (?) da parte di Morandi e J-Ax e infine la celebrazione dell’aborto come “diritto” da parte di una Ferragni che somiglia sempre più, nell’ideologia ma anche nel viso, a Hillary Clinton.

Ecco le sue tristi parole per descrivere la sua collana-utero : “I diritti riproduttivi sono diritti umani. Perché l’accesso all’aborto sicuro e alla procreazione assistita è una questione di diritti umani a cui non dobbiamo rinunciare”. Con buona pace dei sei milioni di bambini eliminati con l’aborto solo in Italia dal ’78 ad oggi, e degli orrori dell’utero in affitto e del traffico di gameti. Ma davvero i diritti delle donne consistono nella libertà di mostrare i capezzoli, o di sopprimere il loro bambino, o di affittare il loro corpo, o di vendere i loro ovociti, o di essere put*ane, come autorevolmente affermato da Elodie?

Sullo sfondo la decostruzione della famiglia, delle relazioni, delle identità, delle tradizioni. Il tutto, ovviamente, a spese del contribuente – prosegue Pillon. È chiaro come il sole che questa mastodontica macchina di propaganda non punta a celebrare la canzone italiana, ma a far trangugiare, a noi e soprattutto ai nostri figli, il brodo mefitico del “mondo nuovo” che i fautori del pensiero unico hanno progettato per noi.

Un mondo di individui isolati, senza nome, senza identità, storditi dalla droga, incapaci di distinguere tra un maschio e una femmina, schiavi del proprio egoismo, pronti a subordinare la procreazione agli ordini di chi vuol gestire la demografia; soli e disperati, senza più moglie, marito, mamma, papà, fratelli e sorelle. Paradossalmente tutta questa desolazione emerge dai testi delle canzoni, che in gran parte non sanno più celebrare la meraviglia dell’amore e si rifugiano nella rabbia, nell’insoddisfazione, nel non senso.

Il frutto dell’albero sembra bello a vedersi, buono per nutrirsi e desiderabile per acquistare conoscenza. Ma il suo sapore è amaro come il fiele, e le sue conseguenze sono fosche e mortali. Meglio un bel sabato sera con gli amici, come ho fatto io e come per fortuna han deciso di fare anche i miei figli.

Che ne pensate di queste parole di Simone Pillon?

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