La storia del gruppo inizia negli anni ’60 e si chiude, ingloriosamente, una trentina di anni dopo (salvo successive reunion). La band figura tra le più amate e seguite a livello internazionale, con ascoltatori di ogni età (prima o poi saranno riscoperti anche dalla Gen Z) e milioni di dischi venduti. Ecco come rileggiamo la loro carriera a partire dai loro album, mettendoli in ordine dal “peggiore” al migliore.
15. Calling All Station, 1997
Andando in discesa dal peggio al meglio dei Genesis, come sappiamo bisogna partire per forza da qui. L’ultimo album del gruppo è anche l’unico realizzato dopo l’uscita di Phil Collins con il cantante Ray Wilson. Un disco impreciso e indeciso, che vede il songwriting di Banks e Rutherford incapace di adattarsi alla scena alternative rock anni ’90. Lo scioglimento arriva non a caso pochi anni dopo.
14. We Can’t Dance, 1991
L’ultimo album con Phil Collins e l’ultimo vero classico della discografia della band. Forse è quello più influenzato dall’attività soul del cantante / batterista, ma propone comunque un pop rock interessante in brani come I Can’t Dance, No Son of Mine e Jesus He Knows Me, riprendendo anche una certa tradizione prog in Driving the Last Spike, pezzo di oltre 10 minuti.
13. From Genesis to Revelation, 1969
Ossia, in pratica: i Genesis prima di diventare i Genesis. Qui Collins e Hackett non ci sono ancora e la band di giovanissimi musicisti, guidata da Gabriel, si dà ad un baroque pop di ispirazione Beatlesiana che solo in parte tradisce le ambizioni prog che seguiranno poi. Comunque ci sono varie perle da riscoprire, tra cui la sottovalutatissima Am I Very Wrong?
12. Genesis, 1983
L’album omonimo del gruppo è ufficialmente noto anche come l’album di Mama (per quanto spicchino anche Home by the Sea e il soul di That’s All). Qui la conversione al pop rock del trio è completa e lo prova una tracklist fatta di brani orecchiabili, ispirati da new wave e arena rock, nei quali la potente voce di Collins (all’apice della sua carriera) è sempre al primo posto.
Uno degli oscuri primi album dell’inizio dell’era Collins, generalmente ignorato dal grande pubblico e noto solo ai fan più accaniti. Eppure, davvero un ottimo disco prog specie in gioielli come One for the Vine ed Eleventh Earl of Mar, laddove la classica Your Own Special Way risulta paradossalmente come forse la canzone meno interessante della tracklist. Sicuramente da riscoprire.
9. Abacab, 1981
L’album in cui il trio si scrolla di dosso gli ultimi rimasugli prog con l’incedere degli anni ’80, delle nuove ispirazioni e delle nuove tecnologie. Rimangono note la title track, il soul bianco di No Reply at All, la dolce ballad synth di Man on the Corner, il pop prog di Dodo / Lurker e un cult assoluto per i veri appassionati: Keep It Dark. In generale, forse uno dei loro album più eclettici e meno prevedibili.
8. …And Then There Were Three…, 1978
Come attesta il titolo, il primo album da trio per i Genesis e che ciò nonostante rivela che la band può funzionare benissimo anche così. Abbiamo un progressive rock sempre brillante in brani decisi e ambiziosi come Down and Out, Undertow e Burning Rope, mentre Many Too Many e soprattutto Follow You, Follow Me si ricordano tra i loro primi veri successi commerciali.
7. Duke, 1980
L’album della svolta, quello in cui i tre decidono infine di smettere di essere delle “parodie” di loro stessi e di esplorare suoni nuovi, accogliendo le sempre più diffuse influenze della new wave contemporanea e spingendosi verso un sound più easy-listening e radio-friendly. Un disco davvero divisivo, se ma ce n’è stato uno.
6. Trespass, 1970
I primi Genesis ufficialmente prog, come si nota in canzoni leggendarie quali The Knife e Looking for Someone, anche se non va dimenticata la favolosa e trasognante Dusk, episodio folk rock perfettamente rappresentativo del lato più romantico e fantasioso del gruppo. Un piccolo classico da riscoprire.
Il primo album con Phil Collins alla voce. E, in quanto tale, spesso ingiustamente odiato. In realtà si tratta del prosieguo coerente dello stile prog più classico del gruppo, e l’assenza di Gabriel (pesa dirlo) non fa mancare nulla. Lo si sente benissimo in un capolavoro come Dance on a Volcano, ma anche nella splendida title track, in Entangled e in Squonk. Di sicuro, fidatevi, il loro album più sottovalutato.
4. Nursery Cryme, 1971
Il primo album della formazione classica Gabriel / Banks / Rutherford / Hackett / Collins: un puro e caratteristico gioiello progressive rock anni ’70, con brani cult quali The Musical Box e The Return of the Giant Hogweed, ma spicca anche un episodio quasi alla Frank Zappa come Harold the Barrell. Un lavoro sfaccettato e sintomo del meglio dello stile della band.
3. The Lamb Lies Down on Broadway, 1974
L’ultimo album con Peter Gabriel e l’ultimo del periodo classico dei Genesis è un doppio concept colmo di spunti fantasy mescolati a un certo realismo americano e impilati gli uni sugli altri per comporre l’unica vera rock opera del gruppo, completa di spettacolo concettuale abbinato. Di certo il loro disco più ambizioso, completo e magniloquente.
2. Foxtrot, 1972
Per i veri appassionati quest’album è sinonimo di una cosa sola: Supper’s Ready, l’epica di 23 minuti riconosciuta tra le suite più classiche del prog rock. Ma l’intero disco è un altro ottimo esempio delle vette assolute del genere, con la classica Watcher of the Skies o al sottovalutata Get’Em Out by Friday: una tracklist immancabile per qualunque conoscitore di questo stile.
1. Selling England by the Pound, 1973
Il classico dei classici: un manuale vero e proprio del rock progressivo, che regala sia brani intricati e complessi come Firth of Fifth e Dancing with the Moonlit Knight che un gioiello amatissimo come I Know What I Like (In Your Wardrobe), più soft e libero. Una lista di otto canzoni tutte famose e amate, dalla prima all’ultima, da ogni vero fan dei Genesis che si rispetti.
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