Il 3 giugno del 2001, ormai 22 anni or sono, negli Stati Uniti andava in onda per la prima volta l’episodio pilota di Six feet under, il capolavoro targato HBO che di lì a poco sarebbe diventato un vero e proprio cult. Da allora, la serie scritta da Alan Ball (American Beauty, True Blood) sarebbe andata avanti per cinque stagioni incontrando il favore di pubblico e critica e, soprattutto, ridefinendo gli stilemi della narrazione moderna.
Six feet under, la trama
La Fisher & Sons è un’agenzia funebre a conduzione familiare. A portare avanti la baracca ci sono Nathaniel Fisher, il capo famiglia, il suo secondo genito David e Rico, formidabile imbalsamatore che Nathaniel ha preso sotto la sua ala protettrice e ha formato quando era solo un ragazzino. Nathaniel presto muore in un incidente stradale lasciando l’attività di famiglia ai suoi figli. Solo che a differenza di David, gli altri due, Nate e Claire, per motivi diversi, dell’attività di famiglia non vogliono saperne. Claire è un’adolescente, frequenta il liceo ed è ancora troppo piccola per occuparsi di cose del genere.
Nate, il primogenito, vive invece a Seattle e tutto vorrebbe tranne che tornare dai suoi in California per gestire gli affari di famiglia. È tornato a casa per la vigilia di Natale e mai avrebbe pensato di trovarsi con un padre in meno e un’agenzia di pompe funebri in più. Volente o nolente Nate accetta di restare e, insieme a suo fratello David e a Rico (che nella terza stagione diventerà socio), porta avanti la baracca. La genesi di Six feet under fu travagliata: era un progetto molto ambizioso ma impressionare i dirigenti dell’HBO non fu facile all’inizio, così Ball provò a fare di necessità virtù:
“Quando andai all’HBO loro avevano letto già la sceneggiatura e Carolyn Strauus disse: ’Sai, è davvero molto buona. Amo i personaggi, amo le situazioni, ma sembra tutto un po’ troppo tranquillo. Potresti rendere tutto in po’ più incasinato?’, non è una cosa che ti dicono spesso a Hollywood. Così ho pensato ‘Wow! Ho la possibilità di andare un po’ più in profondità, di essere un po’ più cupo, di rendere le cose un po’ più complesse”.
Six feet under, I temi
Six feet under è una di quelle serie che ti colpisce dritto al cuore perché parla delle due cose che più ci interessano: la vita e la morte. Ogni puntata si apre con una dipartita Un caso di puntata che indirizza l’episodio e si intreccia indissolubilmente alla trama della linea family. La morte viene descritta in tutte le sue sfaccettature, può avvenire in maniera rocambolesca, essere accidentale o premeditata, quasi come se Ball volesse ricordarci che nessuno di noi è al riparo. La morte è estremamente democratica: colpisce tutti, non bada a razza, religione o età. È lì, costantemente sullo sfondo delle vite dei protagonisti che spesso parlano o litigano o semplicemente vivono la loro quotidianità casalinga mentre Rico sta imbalsamando un cadavere nel seminterrato o al piano di sotto c’è una commemorazione.
C’è una puntata bellissima, la 2×08 (It’s the most wonderful time in the year) in cui un gruppo di motociclisti chiede ai Fisher di poter fare una veglia proprio il giorno di Natale. Loro sulle prime rifiutano ma poi l’ingente somma offerta dai biker gli fa cambiare idea. Così, il giorno di Natale, a un anno esatto dalla morte del capofamiglia Nathaniel, si ritrovano a pranzare nel soggiorno mentre di là dei motociclisti stanno commemorando uno della loro gang.
Nel raccontare i Fisher, Alan Ball si chiedeva:
“Chi sono queste persone che assumiamo per affrontare la morte al posto nostro? Che effetto ha tutto questo sulle loro vite – crescere in una casa dove ci sono cadaveri nel seminterrato, essere un bambino ed entrare senza preavviso trovando tuo padre che sta lavorando su un cadavere aperto sul tavolo. Che effetto farebbe a voi?”
In effetti la vera forza di Six feet under sta proprio nella scrittura di personaggi così complessi e di spessore. Così reali. I temi trattati da Ball sono molteplici: dall’omosessualità alla malattia mentale, dall’incesto (o presunto tale) alla violenza psicologica. Six feet under ha il grande pregio di aver fotografato in maniera impietosa l’America di vent’anni fa. Le difficoltà che ad esempio incontra David nel fare coming out, non sono le stesse che incontrerebbe oggi un ragazzo bianco di una famiglia americana del ceto medio. Noi, da spettatori, viviamo con David tutto il percorso: dalle angosce e dalle sofferenze del coming out, all’auto-affermazione sessuale che lo porta ad adottare due bambini e a crearsi una famiglia insieme al suo compagno.
Six feet under, I personaggi
Nate Fisher, interpretato da Peter Krause (Parenthood, SportsNight). Nate è il primogenito della famiglia Fisher. Tornato da Seattle va in California per trascorrere il Natale con la sua famiglia, Nate finisce per restare, seppur controvoglia, una volta scoperto che il papà lo ha incluso tra gli eredi testamentari dell’agenzia funebre di famiglia. Ribelle, anticonformista e impulsivo, Nate ha un animo sensibile e fragile che lo porta spesso a impelagarsi in relazioni complicate in cui si butta a capofitto e dalle quali finisce poi col sentirsi oppresso. Emblematica è la sua relazione con Brenda Chenowith, interpretata dalla bravissima RachelGriffiths (Thewilds, Brothers and sisters), il suo grande amore, con la quale ha però un rapporto burrascoso, fatto di numerosi tira e molla. Nel mezzo Nate ha una figlia (Maya) da Lisa interpretata da Lily Taylor (American crime, Outer range). Lisa è una sua vecchia amica dei tempi di Seattle.
Il personaggio di Nate divide molto i fan della serie per alcune sue scelte, impulsive (manco a dirlo) ed egoiste. Nate però è un sognatore, un personaggio complesso che affascina e con il quale è facile empatizzare anche per via dei suoi problemi di salute che lo affliggono durante le 5 stagioni fino alla MAV cerebrale che lo uccide sul finire dell’ultima stagione.
David Fisher, interpretato da Michael C. Hall (sì, lui: Dexter in persona), è il secondo genito della famiglia. Dei tre figli è quello stabile. Fa il becchino per vocazione, prende il suo lavoro molto sul serio, così quando apprende dal testamento che suo papà non ha lasciato l’impresa interamente a lui, va fuori di testa. Anche perché Nate della sua parte non sa che farsene, e questa cosa gli fa stare suo fratello altamente sulle scatole.
David ha un compagno, Keith Charles, interpretato da Matthew St. Patrick (All my children) che è un poliziotto dell’ LAPD. Anche David e Keith hanno un rapporto molto travagliato: David fa fatica a venire allo scoperto, Keith ne soffre. Vivono una relazione figlia dei loro tempi. David è ostaggio della mentalità perbenista che lo ha formato. È molto religioso, va sempre in chiesa e ha un background che gli dice di provare vergogna per tutte le cose che in realtà lo fanno star bene. Per Keith è diverso, è paradossalmente più facile. È un poliziotto di colore in una città governata dai bianchi e in cui ai neri è riservato il ruolo di cattivi. Lui alla discriminazione c’ha fatto il callo, ha imparato a fregarsene di quello che dice la gente e vuole aiutare David ad aiutarsi. La loro è forse la storia d’amore più toccante della serie. Con Nate morto e Claire via, saranno David e Keith a prendere in mano le redini della famiglia e a costruirne (come detto) una tutta loro.
Claire Fisher, interpretata da Lauren Ambrose (Servant, Yellowjackets) è la minore dei tre Fisher. È un personaggio chiave perché è quello con cui la storia si chiude. L’episodio pilota parte quando lei è appena una ragazzina che frequenta l’High School del suo paesino, e finisce con lei ormai donna pronta per fare il salto in una grande città, lontana per la prima volta dai suoi affetti. Nel mezzo le (comprensibili) paturnie da adolescente, la scuola d’arte, le prime esperienze di lavoro, i primi amori.
Claire cresce insieme alla serie: una teen-ager venuta su in un posto in cui avere cadaveri nel seminterrato (come diceva Ball) è la normalità. Che ha perso il padre molto presto e che dopo poco si trova a fronteggiare un’altra incalcolabile perdita: quella del fratello. Una ragazza così giovane eppure già così temprata dalla vita. Sarà suo l’ultimo dei cartelli (quelli con la data di nascita e quella di morte di cui prima) che vedremo. È con lei che calerà il sipario sul capolavoro di Alan Ball.
Ruth Fisher, interpretata dalla straordinaria Frances Conroy (DesperateHousewives, How I met your mother), madre e vedova, è il collante, colei che tiene unito con gli spilli quel gran casino che è la famiglia Fisher. A dispetto della sua età, Ruth ha diversi amori nel corso delle cinque stagioni. Dopo aver passato gran parte della sua vita ad accudire suo marito, diventa vedova e scopre una nuova giovinezza. Flirta, è contesa, spezza cuori mentre fa la madre e prova a rendere meno incasinate le vite dei suoi figli (sempre molto difficili da gestire).
Tutto questo fino a quando non si innamora di George Sibley, interpretato da JamesCromwell (Succession, American horror story:Asylum). George a un certo punto si ammala e perde la sua indipendenza diventando bisogno di cure e di accudimento. Ruth ripiomba nell’incubo dal quale è uscita con la morte di sua madre prima (che aveva a lungo accudito da giovane) e di suo marito poi. Il personaggio di Ruth però si è evoluto e ha imparato ad anteporre sé stesso agli altri, mostrando un dose importante di sano egoismo con George, ma di grande altruismo e amore materno con Claire al momento della partenza, quando la rende libera e la lascia andare.
Six feet under, il finale [SPOILER]
Six feet under vanta uno dei finali più iconici della storia della televisione. Insieme a quello de I Soprano, è considerato dai critici uno dei finali di stagione migliori mai scritti. Una chiusura toccante, commovente, che sulle note dell’emozionante Breathe me di Sia, manda in avanti la storia fino a mostrarci la morte dei singoli personaggi con tanto di cartello con nome, data di nascita e di morte, proprio come abbiamo visto fare a ogni inizio di ogni singolo episodio.