Una domanda che si staranno ponendo in molti: aver giocato The Last of Us serve per arrivare “preparati” alla visione della serie? Cerchiamo di dare una risposta
The Last of Us, la serie HBO evento basata sul videogioco Naughty Dog, è finalmente arrivata. E da parte di molti sorgerà spontanea una domanda: “Non conosco il gioco, posso vedere lo stesso la serie?” Cominciamo col rispondere che sì, la serie chiaramente è progettata per reggersi tranquillamente “sulle sue gambe”, e quindi si può tranquillamente vedere senza aver giocato lo storico titolo.
Questo, si intende, a livello di trama: tutto viene spiegato e a parte alcuni piccoli cambiamenti nella serie si ritrova la medesima storia, con il medesimo impatto. Ma c’è una differenza e riguarda, necessariamente, la differenza di medium: un’esperienza interattiva come quella videoludica non si può sostituire con una semplicemente narrativa, per quanto ben realizzata.
Spieghiamo: nel videogioco momenti di trama culminanti vengono raggiunti dopo ore e ore di combattimenti, lotte con gli infetti o con i nemici umani; e dopo infiniti passaggi attraverso luoghi impervi, situazioni critiche o semplici momenti “puzzle”, nei quali bisogna capire come proseguire.
Come nei videogiochi Uncharted (sempre Naughty Dog), ma ancora di più, The Last of Us stressa a puntino questa componente “logorante” nel gameplay in modo da rendere perfettamente l’idea delle traversie e delle fatiche, nonché dei traumi, vissuti dai protagonisti: una componente emotiva e personale tramessa dall’interattività e che nella serie quindi, necessariamente, viene a mancare.
Inoltre la serie, composta di pochi episodi di un certo numero di ore, per forza di cose non può riproporre TUTTI i contenuti del gioco, anche cercando di esservi fedele il più possibile. Conseguenza: è possibile che chi non ha giocato manchi di cogliere certe sfumature, l’importanza di alcuni momenti o la peculiarità di altri.
Quindi è possibile (ripetiamo: possibile, non sicuro) che chi guardi solo la serie senza aver fruito del gioco si trovi di fronte a un prodotto con tutte le carte in regola ma non riuscendo ad apprezzarne le componenti migliori e comunque mancando di trovare quella immedesimazione con i personaggi che in The Last of Us è in fondo la chiave del gameplay.
Ripetiamo: la serie è ben progettata e del resto per un prodotto il cui sviluppo è stato affidato a Craig Mazin (Chernobyl) e a Neil Druckmann, non poteva essere altrimenti. Ma, al di là della lapalissiana differenza tra videogioco e serie tv, in questo caso in particolare di certo aver fruito del primo aiuterebbe a rendere la visione della seconda qualcosa forse di diverso.
Un’esperienza di certo più completa, che porterebbe anche a comprendere l’unicità della saga e perché sia The Last of Us parte 1 che la parte 2 sono state così premiate e vengono tenute in tale buona considerazione dagli appassionati. E perché, quindi, l’attesa di questa serie era ed è tanto spasmodica.