Al cinema da questo 19 Gennaio uno dei film più attesi e controversi dell'anno: Babylon di Damien Chazelle, con Margot Robbie e Brad Pitt. La nostra recensione.
Dal 19 Gennaio arriva finalmente anche in Italia il film più controverso e discusso del momento: Babylon di Damien Chazelle. L’opera più ambiziosa, personale e sfrontata di Chazelle – già eletto enfant prodige di Hollywood con Whiplash e La La Land – centra così pienamente il suo obiettivo. Ovvero, spaccare letteralmente in due la critica.
Damien Chazelle lavorava alla sceneggiatura di Babylon da oltre 15 anni, ben prima del clamoroso successo di La La Land, premiato con 6 premi Oscar, tra cui quello che l’ha trasformato nel più giovane autore mai premiato dall’Academy per la Miglior Regia.
Quindi, dopo una prova ben più prevedibile e convenzionale come First Man – Il primo uomo, Chazelle ha scelto di giocare il tutto per tutto, sfruttare la notorietà per realizzare finalmente il suo film-sogno. E in aperta rottura con il moralismo dell’America contemporanea, doveva essere un’opera oltremodo provocatoria, deliberatamente esplicita e volgare.
Eccesso dopo eccesso, Babylon racconta così la Hollywood degli anni d’oro, dagli anni ’20 al 1952, seguendo ascesa e caduta, manie e vizi di un piccolo gruppo di personaggi emblematici, dominati dalle figure di Margot Robbie e Brad Pitt, che regalano ovviamente performance straordinarie.
Questa resta una delle poche, pochissime certezze riguardo Babylon. Insieme al fatto che i suoi 189 minuti possano essere amari oppure odiati, ma è quasi impossibile che lascino indifferenti.
Babylon: La trama
Manuel Torres (Diego Calva) è nato in Messico, ha oltrepassato il confine con i suoi genitori, sogna una vita a Hollywood, nella fabbrica dei sogni, dove tutto è “larger than life”, più grande della vita stessa. E così, mentre si intrufola nella sua prima festa nella grande Mecca del Cinema, inizia il lungo viaggio di Chazelle.
Un viaggio che ripercorre i diversi destini di 5 personaggi molto diversi tra loro. Manuel Torres diventa Manny, lavora duramente, riesce a farsi strada fino a diventare un executive. Anche Nelly LaRoy (Margot Robbie) riesce a diventare una stella, ma l’alta società non le perdonerà mai le sue umili origini e i suoi modi da ragazza del New Jersey.
Mentre Nelly distrugge lentamente la sua carriera tra alcool, droghe e gioco d’azzardo, assisteremo anche a lento declino di Jack Conrad (Brad Pitt), star di primo piano che si dibatte per sopravvivere al passaggio dal cinema muto al sonoro.
Se l’avvento del sonoro è destinato a spazzare via una intera generazioni di attori, il trombettista afro-americano Sidney Palmer (Jovan Adepo) si troverà improvvisamente proiettato dalla povertà, la discriminazione e la segregazione razziale allo status di celebrità.
Sullo sfondo Babylon fotografa anche le vite di Lady Fay Zu (Li Jun Li) e della giornalista Elinor St. John (Jean Smart), che paragona serenamente sé stessa a una blatta, un parassita nella Terra dei sogni, capace di sopravvivere ad ogni incendio, ogni nuova rivoluzione di Hollywood, nel suo eterno ciclo di morte e rinascita.
Babylon: Recensione
Come forse il regista Damien Chazelle aveva ampiamente previsto, Babylon ha scatenato istantaneamente nella stampa americana reazioni incendiarie. Un rifiuto categorico e un massacro forse inevitabile, già che la decadenza, il degrado e la violenza che esplodono sul grande schermo raccontano il passato, ma parlano evidentemente al presente.
E se in Europa il giudizio critico si fa meno puritano e moralistico, restano chiare due opposte fazioni, quella degli entusiasti e quella dei detrattori, pronti a liquidare le oltre tre ore di Babylon come un orripilante fiasco.
Eppure, è probabile che Babylon non sia né un capolavoro né un terrificante obbrobrio, ma semplicemente un complesso film corale, forte di momenti altissimi ma gravato da qualche errore di sceneggiatura.
L’ossessione di provocare, cercare l’eccesso sequenza dopo sequenza ha certamente penalizzato alcune linee narrative, che risultano così superficiali e poco sviluppate, in particolare nel caso dei personaggi di Li Jun Li e Jovan Adepo. E allo stesso tempo, Babylon conserva anche nelle sue imperfezioni e imprecisioni il fascino del caos.
Chazelle ha dichiarato apertamente la sua ispirazione al cinema di Federico Fellini, in particolare a La dolce vita. Eppure, il suo film più che felliniano risulta irrimediabilmente altmaniano.
L’idea di un film corale costruito come un’opera di action painting, da Nashville (1975) ad America oggi (1993) ha cambiato per sempre la Storia del Cinema americano. E se l’eredità di Robert Altman resta fondamentale per comprendere l’opera di moltissimi autori, da Paul Thomas Anderson a Baz Luhrmann, la sua eco è chiara anche in Babylon.
I colori della commedia, della tragedia e del melodramma si fondono e si confondono in questa debordante esperienza audiovisiva, che polverizza la propria stessa struttura in favore delle immagini e del suono.
Fin dalla primissima sequenza tutto è esplicito, il sesso e la disperazione, gli escrementi e il vomito, mentre Hollywwod passa dal muto dal sonoro, dal bianco e nero al colore, fagocitando nel modo più indifferente, crudele e spietato persone, vite e sogni.
Il risultato è tutto tranne “una lettera d’amore” all’arte cinematografica, come quelle tracciate da Quentin Tarantino con C’era una volta a Hollywoodo da Steven Spielberg conThe Fabelmans. Chazelle ha tentato piuttosto di mostrare il lato oscuro della Fabbrica dei sogni, arrivando fino agli abissi e ai toni dell’Horror.
E se gli eccessi comportano ineluttabilmente degli errori, in fondo Babylon si ama o si odia per le stesse ragioni, per la sua stessa natura chiassosa e caotica. Forse, verso il finale il film implode su sé stesso. O forse, lo scopo di Chazelle è sempre stato portare la macchina oltre i limiti, fino a perdere il controllo, affrontando anche lo schianto, pur di lasciare il segno.