A pochi mesi dall’uscita della docu-serie targata Netflix il caso si riapre.
La serie Netflix Vatican Girl racconta la storia della scomparsa di Emanuela Orlandi, un caso che dopo quasi 40 anni tiene ancora fortemente banco
Lo scorso 12 ottobre, su Netflix, è arrivato Vatican Girl – La scomparsa di Emanuela Orlandi, docu-serie scritta e diretta da Mark Lewis (già vincitore di un Emmy per Don’t F**k with the cats: hunting an internet killer) e prodotta dalla britannica RAW. Il caso della sparizione di Emanuele Orlandi rappresenta ancora oggi, dopo 40 anni, uno dei misteri più inspiegabili della storia recente del nostro Paese. Anche se tecnicamente la Orlandi è cittadina vaticana e non italiana, questa è tuttora una delle ferite più sanguinose dello stivale. Dopo il film del 2016 La verità sta in cielo di Roberto Faenza, che provava a fare luce sulla faccenda dopo oltre trent’anni, Netflix ripresenta la storia della Orlandi in 4 puntate da un’ora circa.
L’aspetto più interessante di Vatican Girl per noi italiani è che si tratta di una docu-serie anglofona che parla di una storia di casa nostra e la racconta a terzi, stranieri, che probabilmente di questa storia non ne hanno mai sentito parlare. Ad esempio: alla serie partecipano diversi giornalisti italiani, tra cui il bravissimo Andrea Purgatori (attuale conduttore di Atlantide su LA7) che ai tempi aveva seguito la vicenda per il Corriere della sera. Purgatori interloquisce in inglese con i suoi intervistatori per poi doppiare sé stesso in italiano per il pubblico nostrano. Interessante anche il fatto che nessun membro dello Stato Pontificio abbia voluto essere intervistato dagli autori di Vatican Girl.
Vatican Girl, il trailer:
Vatican Girl, la storia.
Città del Vaticano. Nel torrido pomeriggio del 22 giugno 1983, l’allora quindicenne Emanuela Orlandi esce di casa per andare a lezione di flauto traverso. Chiede a suo fratello, Pietro Orlandi, di accompagnarla ma lui non può, è impegnato. Così Emanuela esce di casa sbattendo la porta per non fare mai più ritorno. Dopo la lezione, Emanuela chiama casa da una cabina telefonica riferendo che un uomo l’aveva avvicinata offrendole un lavoro per una nota azienda cosmetica. Da lì in poi se ne perdono le tracce per sempre. 16 giorni prima un’altra ragazzina, sua coetanea, era scomparsa in circostanze simili: Mirella Gregori. Anche lei, purtroppo, non avrebbe fatto mai più ritorno a casa.
Vatican Girl, la triplice pista.
Nel corso di questi 40 anni le indagini si sono fermate e sono ripartite diverse vole. Depistaggi e buchi nell’acqua, colpi di scena degni della sceneggiatura di un giallo e scottanti rivelazioni, hanno reso il caso intricato e talvolta imperscrutabile. La docu-serie scandaglia a fondo e con minuzia di particolari gli anfratti più torbidi di questa faccenda percorrendo una triplice pista.
Terrorismo internazionale.
La prima pista è quella del terrorismo internazionale. Ovvero la pista secondo la quale, in piena Guerra Fredda, i lupi grigi avrebbero rapito la Orlandi con l’intento di ordire una trattativa con lo Stato Italiano per chiedere la scarcerazione di Mehmet Ali Ağca, l’attentatore di papa Giovanni Paolo II per intenderci, che intanto era stato arrestato e stava iniziando a rivelare scottanti verità.
Per molto tempo questa è stata la pista più battuta e la tesi più convincente. Anche perché appena sei giorni dopo il rapimento della Orlandi, Ali Ağca si rimangiò completamente tutte le accuse rivolte a est. Il successivo processo per stabilire chi fossero stati i suoi complici e, soprattutto, i suoi mandati per l’attentato al papa, si concluse con un nulla di fatto. In quest’ottica, il rapimento della “ragazza con la fascetta”, cittadina vaticana, sarebbe servito a tranquillizzare Ağca, mentre il rapimento di Mirella Gregori, cittadina italiana, sarebbe servito per fargli ottenere la grazia e scarcerarlo: pare che una sua bozza fosse già presente sulla scrivania dell’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini.
La banda della Magliana.
La pista legata alla Banda della Magliana. Una pista inquietante che ad oggi, stando alla docu-serie targata Netflix, sembrerebbe essere quella più plausibile. Ovvero la teoria secondo la quale le casse dello Stato Pontificio a metà degli anni ’80 sarebbero state pesantemente in rosso, al punto da chiedere un prestito alla malavita organizzata; alla banda della Magliana nello specifico. A fare da tramiti sarebbero stati il cardinale Marcinkus e Roberto Calvi.
La mancata restituzione di questo prestito avrebbe portato alla pianificazione di rapimenti sistematici come forma di ritorsione. Emanuela e Mirella sarebbero state, secondo questa teoria, le prime due di una serie di ragazzine designate come agnelli sacrificali sull’altare del ricatto. Sempre secondo la ricostruzione di Vatican Girl, il denaro sarebbe stato “investito” da papa Wojtyla, di nazionalità polacca, per portare avanti la sua opera di evangelizzazione in Polonia. I soldi sarebbero dunque stati usati per finanziare Solidarność, il sindacato autonomo dei lavoratori polacco, al fine di accrescere i consensi della Chiesa Cattolica a est.
A corroborare la tesi del legame fra Vaticano e banda della Magliana c’è una telefonata che nel luglio del 2005 arriva alla redazione di Chi l’ha visto? in cui una fonte anonima sostiene che per trovare la soluzione al caso della Orlandi, bisogna andare: “…a vedere chi è sepolto nella cripta della basilica di Sant’Apollinare, e del favore che Renatino fece al cardinal Poletti”. Nella cripta c’era sepolto Enrico De Pedis, detto Renatino, boss della malavita romana. La banda della Magliana, dunque, usata per il lavoro sporco nei giorni successivi al rapimento di Emanuela.
Sabrina Minardi, la “cocca” di De Pedis, intervistata nella docu-serie dichiara: ”…fui incaricata da Renato di portare Emanuela dal Gianicolo al benzinaio in fondo alla strada delle mille curve, dove la consegnai a un uomo in tonaca; Renatino frequentava Marcinkus, il quale violentò Emanuela, che poi fu uccisa e gettata in una betoniera”. Non tutte le affermazioni della Minardi, donna con un passato da cocainomane, hanno ritrovato riscontro. Probabilmente però, il suo contributo più grande consiste nell’aver indicato il luogo della probabile prigionia di Emanuela: via Pignatelli, a Monteverde Nuovo, dove la polizia effettivamente trovò una sorta di stanza degli orrori, ma non il DNA della Orlandi.
Il torbido intrigo.
La pista sessuale. Delle tre, l’ipotesi più vaga e fumosa, cioè la pista secondo cui un uomo del Vaticano, un prelato, avrebbe insidiato Emanuela per coinvolgerla all’interno di loschi giri sessuali. A dar forza a questa teoria in Vatican Girl, è la testimonianza diretta di un’ex compagna di scuola della Orlandi che appare in video col viso oscurato e la voce lievemente alterata in modo da essere irriconoscibile. L’ipotesi di fondo è che Emanuela, una volta diventata testimone scomoda del giro losco, dovesse sparire.
Gli sviluppi recenti.
Negli ultimissimi giorni il caso Orlandi è balzato di nuovo agli onori della cronaca perché, per la prima volta dopo 40 anni, il Vaticano ha deciso di aprire un’inchiesta sulla scomparsa della quindicenne. Un passo in avanti importante, sicuramente dovuto, che finalmente potrebbe portare alla verità di uno dei casi più intricati e torbidi di sempre. Perché in 40 anni chi sapeva ha sempre taciuto? Perché tutti questi depistaggi e ricatti? Quali inconfessabili segreti sarebbero venuti fuori se i ricattati non avessero ceduto ai ricattatori?. Forse, come disse Papa Francesco al suo primo incontro con uno speranzoso Pietro Orlandi: ”La verità sta in cielo”.
Avete visto Vatican Girl? Che ne pensate? Ditecelo nei commenti.