Attenzione: Articolo contiene Spoiler sul finale di stagione di The White Lotus 2
A cura di Matteo Saraceno
The White Lotus 2 è una delle uscite più attese di questo autunno con un cast e una location nuovi di zecca. Ecco la nostra recensione.
Attenzione: Articolo contiene Spoiler sul finale di stagione di The White Lotus 2
A cura di Matteo Saraceno
Il 7 novembre scorso è arrivata in Italia la seconda stagione di The White Lotus: serie antologica HBO trasmessa nei confini nostrani da Sky Atlantic. L’eco della prima stagione e dei dieci Emmy vinti è ancora molto forte e i numeri di queste prime puntate sembrerebbero confermare l’onda lunga del successo dell’anno scorso.
Mike White, creatore, sceneggiatore e regista dello show, aveva inizialmente partorito The White Lotus come una miniserie in sei atti salvo poi ricredersi dopo il successo di critica e pubblico che ha portato la serie a essere già stata rinnovata per una terza stagione. Del resto il suo carattere “antologico a stagioni” (alla True Detective, per intenderci, non alla Black Mirror) la rende potenzialmente infinita: ogni stagione è ambientata in uno degli alberghi della fittizia catena internazionale “The white lotus” con conseguente cambio di setting e cast.
Questa season two, infatti, ci tocca da vicino perché non è più ambientata alle Hawaii come la prima ma in Sicilia, a Taormina per la precisione. L’unica superstite del recasting è Jennifer Coolidge (sì, lei, la mamma di Stiffler) che dopo aver sfiorato un Grammy e vinto un Emmy nei panni della disastrosa e dirompente ereditiera Tanya McQuoid, è stata riconfermata alla grande.
Nel cast anche la nostra Sabrina Impacciatore (insieme a diversi altri attori nostrani), direttrice dell’albergo, che eredita il non facile testimone dell’eccezionale Murray Bartlett, anche lui vincitore di un Emmy per la prima stagione. Una scommessa purtroppo vinta a metà sia per l’impietoso paragone fra i due concierge sia perché il personaggio della Impacciatore risulta monocorde (almeno fino a metà serie, sul finale si riprende) e troppo marginale per poter alterare gli equilibri degli ospiti dell’hotel come invece faceva Armond.
Il meccanismo narrativo è sempre quello alla Le regole del delitto perfetto e cioè un omicidio nella prima scena e un balzo indietro sulla linea del tempo per ricostruire movente, dinamiche e colpevole. È una storia corale quella degli ospiti del loto bianco: arrivati in un hotel di lusso per trascorrere una vacanza in completo relax, si trovano a dover affrontare i propri demoni.
Un format non originalissimo a dire la verità, alla Nine perfect strangers, a cui però Mike White ha saputo dare fascino e credibilità senza mai annoiare. C’è la coppia di neo sposini che si è portata dietro il migliore amico di lui e sua moglie per fare vacanza di coppia; ci sono tre generazioni di Di Grasso: nonno, padre e figlio ventenne, venuti in Sicilia per riportare l’anziano vecchietto a visitare i luoghi da cui ai tempi sua nonna ha mosso i primi passi verso la promised land americana; ci sono le escort di lusso Lucia e Mia, giovanissime ragazze del posto a caccia di clienti facoltosi tra gli ospiti del lussuoso resort. Infine c’è lei, la già citata Jennifer Coolidge, insieme alla nuova assistente Portia, e Greg (Jon Gries) che nel frattempo è diventato suo marito, ha risolto grazie a lei i gravi problemi di salute e che, avendo ancora molti giorni da vivere, ha realizzato di non volerli vivere con lei.
Michael Imperioli nel ruolo di Dominic Di Grasso
F. Murray Abraham nel ruolo di Bert Di Grasso
Adam DiMarco nel ruolo di Albie Di Grasso
Jennifer Coolidge nel ruolo di Tanya McQuoid
Haley Lu Richardson nel ruolo di Portia
Theo James nel ruolo di Cameron Babcock
Meghann Fahy nel ruolo di Daphne Babcock
Aubrey Plaza nel ruolo di Harper Spiller
Will Sharpe nel ruolo di Ethan Spiller
Tom Hollander nel ruolo di Quentin
Sabrina Impacciatore nel ruolo di Valentina
Beatrice Grannò nel ruolo di Mia
Simona Tabasco nel ruolo di Lucia
Leo Woodall nel ruolo di Jack
Jon Gries nel ruolo di Greg
La cosa che balza subito agli occhi dalla fruizione di questa seconda stagione è che, al netto di una scrittura sempre molto sottile ed efficace, stavolta storie e conflitti non hanno la stessa forza drammaturgica della stagione precedente. Archetipi, schemi e dinamiche sono praticamente gli stessi con piccole variazioni su tema. Ethan e Harper sono freschi sposi come Shane e Rachel. Stavolta quello idealista è lui, mentre a recitare la parte di quello ricco e stro*zo non è Harper, che è solo una sua versione più snob e meno sincera, ma il suo migliore amico Cameron.
Proprio come succede a Shane con la camera d’albergo, anche a Cameron capita un inconveniente: gli smarriscono i bagagli a Fiumicino ma sembra farsene quasi subito una ragione senza perderci troppo il sonno. Qui gli sceneggiatori ci dicono a chiare lettere che il background è lo stesso di Shane ma che, a differenza sua, Cameron non è un bamboccione viziato e capriccioso attaccato alla sottana di mamma: è invece uno che prende a morsi la vita per paura che la vita possa prenda a morsi lui.
C’è l’immancabile scontro generazionale: nella prima Connie Britton e il marito spesso dibattevano con la prole in tema di cancel culture, ora è il personaggio di Michael Imperioli, produttore di Hollywood con una dipendenza dal sesso, a discutere di patriarcato con il figlio provando a difendere una generazione che però diventa indifendibile quando è il nonno a prendere la parola. Un gap incolmabile come ammette quest’ultimo: “Prima rispettavano gli anziani, ora siamo testimonianze sgradevoli di un passato che tutti vogliono dimenticare”. Il modo in cui la Sicilia e l’Italia sono raccontate è molto stereotipato: dalla colonna sonora (il richiamo esplicito a La grande bellezza dell’episodio pilota, Bocca di rosa di Faber usata per introdurre le escort) all’abuso di cliché (il giro in Vespa, il pianista alla Peppino Di Capri, l’imbarazzante scena in stile Malèna) fino al cortocircuito di Chris Moltisanti dei Soprano (Imperioli) che parla de Il Padrino parte II con il figlio.
In definitiva, questa seconda stagione sembra avere tutto in regola, dalla regia alla scrittura alla recitazione, eppure non convince completamente perché paga il peccato originale di averci abituato troppo bene con quel piccolo gioiello che è la prima stagione, capace di vincere ben dieci Emmy. Ecco, questo è quello che stavamo scrivendo fino a mezz’ora dalla fine.
L’ultimo episodio però (“Arrivederci”) ribalta tutto, completamente. Un finale magistrale che White orchestra da gran direttore quale è. Il modo in cui esce di scena il personaggio di Jennifer Coolidge è perfetto: fa fuori 3 persone a colpi di rivoltella per poi morire cadendo goffamente dallo yacht nel tentativo di raggiungere una barchetta che era a portata di scaletta. Semplicemente fantastica. Alla fine i conti tornano tutti, i fatal flow dei personaggi si chiudono in maniera convincente, intrigante e ambigua in perfetto stile Mike White. Seppur partita in maniera claudicante, questa seconda stagione ha il merito di sapersi riprendere alla grande piazzando anche quest’anno 4 nomination ai Grammy Award (quella alla Coolidge, ad Aubrey Plaza, a F. Murray Abraham e quella come miglior Limited Series) e un finale strepitoso migliore anche di quello della stagione precedente.
Che ne pensate? L’avete vista?
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