Burnout, inclusione, accettazione del diverso. Tutto chiede salvezza è questo e molto altro.
A cura di Matteo Saraceno
Tutto chiede salvezza, serie tv Netflix tratta dall’omonimo romanzo di Daniele Mencarelli è una delle grandi sorprese del 2022. Questo perche tratts di una tematica non sempre troppo congeniale agli standard del nostro paese. In Italia infatti ci sono alcuni temi di cui è particolarmente difficile parlare. Temi che disturbano, imbarazzano, che ci costringono a porci domande scomode con le cui risposte non vogliamo convivere. La malattia mentale è uno di questi: se capita la sfortuna di avere un parente con una problematica del genere lo si tiene nascosto, chiuso in casa, perché ci si vergogna, rifuggendo dall’essere associati a “quello lì”, dal “matto”.
Sia chiaro, si parla di un andazzo generale ma non universale; il mondo è pieno di persone straordinarie che si fanno carico di situazioni al limite dell’impossibile con una dignità e una forza interiore da applausi: lungi da chi scrive voler fare la morale a qualcuno, ci mancherebbe altro. Probabilmente, però, in quest’ambito nel nostro Paese (ma non solo) c’è ancora molta strada da fare, sia dal punto di vista socio-culturale sia da quello sanitario. E allora: come si fa a sfatare un tabù? Sensibilizzando. Soprattutto le nuove generazioni.
Tutto chiede salvezza: genesi
A febbraio del 2020, due anni e mezzo fa, sugli scaffali delle nostre librerie compariva un libro a firma Daniele Mencarelli, il titolo era Tutto chiede salvezza. Un lavoro che si sarebbe rivelato incredibilmente attuale una volta costatato che i danni fatti dal Covid non si limitavano solo ai morti e ai ricoverati in terapia intensiva, ma includevano una pletora di persone che portava, invisibili, i segni e gli effetti collaterali dell’alienazione dovuta a quei terribili mesi.
Di lì a poco il mondo sarebbe andato in lockdown e la nostra vita non sarebbe stata più la stessa. Quel libro, passato inizialmente in sordina, avrebbe poi vinto il Premio Strega di quell’anno nella sezione giovani. Il racconto autobiografico di un ragazzo con diagnosi di depressione maggiore dopo una settimana in reparto psichiatrico in regime di TSO. Sette giorni, i più lunghi della sua vita.
A parte la mia famiglia, che conosce, e subisce, nessun altro è al corrente della mia vera natura. I medici non fanno testo, ovviamente. In realtà, c’è anche qualcun altro. Me ne rendo conto solo ora. Sono i cinque pazzi con cui ho condiviso la stanza e questa settimana della mia vita. Con loro non ho avuto possibilità di mentire, di recitare la parte del perfetto, mi hanno accolto per quello che sono, per la mia natura così simile alla loro.
Con loro ho parlato di malattia, di Dio e di morte, del tempo e della bellezza, senza dovermi sentire giudicato, analizzato. Come mai avevo fatto prima. Quei cinque pazzi sono la cosa più simile all’amicizia che abbia mai incontrato, di più, sono fratelli offerti dalla vita, trovati sulla stessa barca, in mezzo alla medesima tempesta, tra pazzia e qualche altra cosa che un giorno saprò nominare
Le parole di Mencarelli devono aver fatto breccia nel cuore di Francesco Bruni, storico sceneggiatore di Virzì (Ovosodo, Ferie d’agosto, La prima cosa bella, Il capitale umano) ma anche regista e autore di un film meraviglioso per delicatezza e sincerità come Cosa sarà, un lavoro “affine” a Tutto chiede salvezza, in cui a Kim Rossi Stuart viene diagnosticato il cancro e, dopo battaglie lunghe e travagliate, vince una guerra che sembrava persa in partenza.
Così, il libro diventa una serie e lo scorso ottobre approda su Netflix che lo distribuisce in sette puntate, una per ogni giorno di ricovero. Protagonista della storia un bravissimo Federico Cesari, volto già noto al pubblico della piattaforma perché protagonista dell’acclamato Skam Italia. Insieme a lui Ricky Memphis, Fotinì Peluso, Filippo Nigro, Antonio Pennacchi, Carolina Crescentini. Un racconto disarmante, commovente ma anche di denuncia, che non si erge mai a detentore di una verità suprema.
Racconta ma non punta mai il dito, mostra le condizioni dei reparti di psichiatria italiani, i turni massacranti di infermieri e dottori, le condizioni delle camerate e, soprattutto, l’umanità e la solidarietà incredibile che l’essere umano riesce a tirar fuori quando si trova a toccare il fondo. Non è mai banale la serie diretta da Bruni, intenerisce senza essere stucchevole. Il casting mirato (Federico Cesari e Fotinì Peluso) e la scelta di aggiungere alla storia una linea rosa marcatamente teen suggerisce che dietro ci sia l’encomiabile volontà di sensibilizzare la fascia di pubblico teen.
13 Reasons why e gli altri precedenti illustri
Tutto chiede salvezza non è il primo teen drama a fare questo tipo di operazione; è in buona compagnia. La storia recente della serialità ci racconta di numerosi successi che hanno parlato di salute mentale, molti tra l’altro prodotti e/o distribuiti proprio da Netflix. 13 Reasons why, Atypical, Mr. Robot, It’s ok not to be ok, la stessa Skam, sono solo alcuni degli esempi di show in grado di sviscerare questo tipo di problematiche in maniera magistrale. Questo senza voler scomodare il grande schermo che ha regalato pellicole indimenticabili come Forrest Gump, Rain Man, My name is Sam, Buon Compleanno Mr. Grape, per citare solo alcuni esempi.
Spesso ci si interroga sul senso dell’arte in generale e del cinema in particolare e forse l’arte è tale quando sa farsi portatrice di un messaggio. È questo il caso di Tutto chiede salvezza: sensibilizzare, raccontando il diverso senza stigmatizzarlo; includere, imparando a non vergognarsi delle proprie debolezze. Come ci dice la serie, non c’è differenza tra “matti” e “normali”, siamo tutti in cerca di una cosa: la salvezza.