Orlando: Recensione del film di Daniele Vicari | Torino Film Festival
Presentato fuori concorso al Torino Film Festival e dal 1 Dicembre al cinema il nuovo film di Daniele Vicari: Orlando, con un grandissimo Michele Placido. La nostra recensione.
Tra le migliori sorprese del 40. Torino Film Festival, arriva al cinema questo giovedì 1 DicembreOrlando di Daniele Vicari, dramma intimista con un grandissimo Michele Placido nella parte di un anziano agricoltore che incontra per la prima volta a Bruxelles una nipote dodicenne che non sapeva neanche di avere.
Una trama essenziale, minimalista, che guarda alla grande tradizione del Neorealismo italiano per ritrovare la centralità dei personaggi, della vita vissuta e delle emozioni più autentiche, spogliate di ogni artificio narrativo e finzione cinematografica.
Ed è proprio l’incredibile autenticità della sceneggiatura tracciata da Daniele Vicari e Andrea Cedrola, unita all’incredibile interpretazione di Michele Placido e della giovanissima esordiente Angelica Kazankova, la chiave di volta di Orlando, un film che convince dal primo all’ultimo fotogramma, illuminato dalla splendida colonna sonora di Teho Teardo.
Orlando (Michele Placido) non vede suo figlio da vent’anni, ovvero da quando il ragazzo ha scelto di lasciare il suo paese in Sabina e trasferirsi a Bruxelles in cerca di fortuna. Improvvisamente, riceve una chiamata. Valerio è malato e Orlando decide di partire per andare a trovarlo.
L’uomo, che in tutta la sua vita non aveva mai viaggiato, si trova così proiettato in una terra straniera, ma soprattutto in una modernità che percepisce come totalmente estranea. Qui scoprirà che suo figlio è già morto, ma soprattutto scopre di avere una nipote, Lyse (Angelica Kazankova), mai riconosciuta dalla madre, di cui è ora il tutore legale.
Non restano che tre ipotesi, tutte difficilmente praticabili. L’anziano contadino deve convincere la ragazzina a lasciare Bruxelles per trasferirsi in un paesino che non ha neanche mai visto, oppure toccherà a lui reinventarsi una vita in terra straniera. L’ultima ipotesi, la più dolorosa, è rinunciare alla patria potestà e lasciare Lyse ai servizi sociali per l’adozione.
Ma nel frattempo queste due persone così diverse, che apparentemente non hanno nulla in comune, a parte essere praticamente soli al mondo, dovranno imparare a conoscersi.
Orlando: Recensione
“Ho incontrato Orlando quando ero ragazzino, sull’Appennino laziale, quando il paese era pieno di persone come lui.” Ci racconta il regista Daniele Vicari. “Uomini solitari e di poche parole, capaci di tirare giù una montagna anche da vecchi, se ce ne fosse il bisogno. Semidei eterni che vivono in un passato che non passa.”
“Non sono simpatici, raramente hanno il telefono, non sono ‘connessi’. Però mi ha sempre colpito la loro capacità di accogliere la vita e le sue asprezze senza lamentarsi, con pragmatismo. In una società di lagnosi sempre in cerca di soluzioni facili e comode gli Orlando non si scoraggiano, ci danno la misura dei nostri fallimenti.”
Così il regista riassume l’essenza del suo protagonista, una figura sospesa oltre lo spazio e il tempo, strenuamente legato alla sua realtà . Parla poco, quasi nulla, quest’Orlando magnificamente interpretato da Michele Placido, eppure è pronto a farsi carico delle sue responsabilità . E nella sua asprezza, rivediamo quell’Italia che inesorabilmente scompare sotto i nostri occhi.
Difficilmente il cinema contemporaneo ci regala un verismo tanto assoluto e una onestà così cristallina. E nell’intensità di un film tanto autentico, essenziale e vero, tornano a esplodere anche quelle emozioni autentiche, destinate a restare a lungo, accompagnarci fuori dalla sala, molto oltre la fine dei titoli di coda.