Terry Gilliam è uno dei personaggi più incredibili che abbia mai lavorato dietro ad una macchina da presa. Fin dagli esordi insieme ai Monty Python, il cinesta britannico si è sempre contraddistinto per un modo folle, geniale e unico di interpretare il mestiere del regista. In occasione del suo compleanno abbiamo dunque deciso di scandagliare la sua filmografia e di parlarvi dei 5 film che, secondo noi, rappresentano a piano la folle genialità di un uomo come ce ne sono pochi nel mondo della settima arte.
I film più rappresentativi di Terry Gilliam: i criteri
Riuscire a raccontare una carriera che va avanti ormai da 50 anni, qual è quella di Terry Gilliam, in soli 5 film, non è assolutamente cosa facile. Per questo abbiamo cercato di premiare quelle opere che, secondo noi, riescano più delle altre a raccontare il pensiero artistico di un uomo assolutamente unico nel suo genere. La possibilità dunque che qualche grande film sia rimasto fuori è concreta, tuttavia il nostro scopo è quello di presentare un caleidoscopio della brillante genialità di Gilliam che possa permettere a chi non lo conosce di entrare nel suo mondo. Sentitevi tuttavia dunque legittimati a dirci cosa avreste cambiato. Fatta questa rapida, ma doverosa premessa, iniziamo.
Brazil, 1985
Di film distopici basati su società futuristiche di stampo dittatoriale con un controllo pervasivo del governo ce ne sono centinaia lì fuori. Da quando George Orwell nel 1949 scrisse il Re di queste storie, 1984, il mondo dell’intrattenimento ha sfornato decine e decine di prodotti ispirati o comunque influenzati dall’opera del grande scrittore britannico. Tuttavia pochi hanno avuto la potenza narrativa e visiva di Brazil di Terry Gilliam. Servendosi di un Jonathan Pryce all’apice della sua bravura giovanile, il regista ci racconta una società nella quale la libertà personale è quasi del tutto dimenticata.
Tuttavia, e questa è probabilmente la grande intuizione del cineasta, per mostrarci il controllanto totalizzante dello stato, non ci vengono mostrati solo soldati armati, telecamere in ogni dove e punizioni severe per i trasgressori. Terry Gilliam infatti ci racconta un mondo assurdo, grottesco. Tutto ciò che vediamo è talmente fuori da ogni senso logico che si addice perfettamente ad una società distopica nella quale tutto ciò che per noi oggi è normale non esiste più.
Brazil vive di un’atmosfera mai più toccata in film di questo tipo, tutta giocata sul filo del surrealismo e del crudo realismo scaturito da una situazione di questo tipo. Una perfetta commistione tra una possiiblie futura realtà e una lontana fantascienza grottesca e disarmante in grado di creare una storia che confluisce in un finale che racconta di cosa questo film sia molto meglio di quanto potremmo fare noi. Vedere per credere.
Le avventure del barone di Munchausen, 1988
Terry Gilliam è, prima di tutto, un grande artista della comicità, specialmente surreale. I suoi lavori con i Monty Python sono li a confermarlo. Abbiamo dunque scelto il film che, per noi, rappresenta a pieno l’assurdo, ma divertentissimo modo che il cineasta britannico ha di fare cinema. Le avventure del barone di Munchausen è un film assurdo, con un trama e, soprattutto, dei personaggi totalmente squinternati e fuori di testa.
Tuttavia non è assolutamente il non sense a fare da padrone. Perchè il canovaccio sul quale la storia è creato e il contesto così assurdo e irrealistico da essere fiabesco e da cartone animato riescono a coinvolgere in modo dolcissimo, facendo ridere e divertire. Non è un caso che per questo film Gilliam si sia affidato per un grande attore teatrale, dalla presenza scenica massiccia come John Neville per il ruolo principale. Questi è quasi il direttore artistico del film, il grande maestro d’orchestra che ci mostra, passo dopo passo, le follie del suo mondo.
E, ancora meno casuale, è la scelta di affidare a Robin Williams, attore che avrebbe lavorato di nuovo con Gilliam ne La Leggenda del Re Pescatore qualche anno dato, uno dei ruoli più iconici e divertenti di tutto il film. Sebbene infatti il suo Re della Luna stia in scena pochi minuti, è fuori discussione che sia divenuto, col tempo, il vero volto del film insieme a quello ddi Neville. Un film geniale, surreale, divertentissimo nel quale Terry Gilliam ha inserito tutte le sue inimitabili capacità di far ridere raccontandoci una dolce fiaba nella quale, non a caso, protagonista è una bambina al fianco del Barone. Un’autentica perla.
L’esercito delle 12 scimmie, 1995
Nel momento in cui Terry Gilliam ha deciso di unire il suo amore per le società distopiche con l’action affidando i ruoli principali a due degli attori più amati al mondo, il risultato non poteva che essere un film esplosivo e indimenticabile. L’esercito delle 12 scimmie è tutto questo e anche di più. In un mondo devastato da un epidemia che ha decimato la popolazione mondiale, un uomo, Bruce Willis, viene mandato nel passato per cercare di scoprire l’origine della malattia e fermarla. Qui, dopo essere finito in un manicomio incontra Brad Pitt, in una delle performance migliori della carriera che, sebbene ad una prima occhiata possa sembrare uno squinternato come molti, avrà in realtà un tuolo fondamentale nella vicenda.
Gilliam in questo film riesce a creare un connubio tra una trama contorta, misteriosa e avvincente che tiene col fiato sospeso fino all’ultimo frame con scene d’azione, tra le migliori della sua carriera, per le quali non poteva fare scelta migliore del volto di John McClane. Davvero difficile trovare qualcosa che non funzioni in questo film, un ritmo serrato, una storia bellissima, un’ambientazione e una fotografia assolutamente meravigliosa e un plot twist finale che ha fatto scuola (citato anche da Caparezza, qui).
Il manifesto ideologico di un cinema assolutamente bifronte qual è quello di Terry Gilliam, un mix tra tutte le varie anime che convivono nell’intricata anima del cineasta britannico che si mescolano perfettamente in 130 minuti di grandissimo cinema in grado di catturare qualsiasi tipo di pubblico. Cosa che solo ai grandissimi succede. Vedere per credere.
The Zero Theorem – Tutto è vanità, 2013
Nel 2013 Gilliam passa a esplorare un altro aspetto tipico dei mondi distopici, ovvero sia quello dell’avanzamento sconsiderato delle tecnologie digitali e sociali. In un’era nella quale i social network erano definitivamente esplosi il regista immaginò un futuro nel quale le dinamiche interpersonali venissero svolte tutte dietro uno schermo. Ecco dunque che arriva la figura della psicanalista che in realtà è solo un algoritmo che ripete cose scriptate o la prostituta che non vende il suo corpo per sesso reale ma solo virtuale.
In tutto questo marasma vediamo il nostro protagonista, talmente tanto assuefatto alla solitudine e al mondo freddo e distaccato che vive da dietro uno schermo da rivolgersi a sè stesso utilizzando il noi. Uno di quegli espedienti semplici, grotteschi ma di grandissima efficacia che abbonando in maniera nel cinema di Gilliam.
Si tratta probabilmente del film più criptico e intelligibile di questa lista poichè, sebbene anche altre pellicole raccontano storie davvero follemente geniali, questo The Zero Theorem riesce più degli altri a trascinarci in un mondo che, per quanto sia distopico e all’apparenza lontano dal nostro, è in realtà più vicino di quanto si pensi. Basti pensare ai riferimenti alla realtà virtuale o a Facebook o anche allo smart working prima che divenisse argomento di tendenza, che vediamo direttamente fatti nel film. Una storia che ad ogni minuto che passa ci si rende conto di quanto sia più radicata nella nostra vita quotidiana di molte altre che a uno sguardo disattento sembrerebbero più vicine. Una critica feroce alla società attuale fatta in un modo così divertente, unico e folle che solo un uomo al mondo avrebbe potuto farla: Terry Gilliam.
L’uomo che uccise Don Chisciotte, 2018
Questo è il lavoro della vita di Terry Gilliam, dove inserisce tutto il suo modo di fare cinema eclettico e visionario. Per anni ha desiderato infatti realizzare un film sul prode Don Chisciotte Della Mancia, fallendo in molte occasioni. Tuttavia questo lungometraggio del 2018 non è la semplice trasposizione del celeberrimo romanzo di Miguel de Cervantes Saavedra, ma è un vero esperimento meta-cinematografico.
Gilliam tira fuori tutta la sua maestria nella creazione di mondi distopici per realizzare un’opera che parla del cinema stesso, del suo cinema. Il protagonista, Adam Driver, è un regista che si ritrova a viaggiare insieme al protagonista di un suo vecchio film, appunto L’uomo che Uccise Don Chiscotte, interpretato da un sontuoso Jonathan Pryce.
Tutto il film ha la classica struttura del “gioco di specchi”, nel quale lo spettatore si fa trasportare all’interno di una storia così dolce e ben raccontata che, sebbene in certi punti di difficile comprensione, non può che catturare in ogni secondo. Il finale è la vera ciliegina sulla torta nel quale noi che guardiamo non potremo che sentirci un po’ tutti Sancio Panza, eterni seguaci di quel Prode Cavaliere Errante che altro non è che il cinema stesso. Un vero gioiello nel quale Gilliam racconta tutto ciò che il suo amore per la Settima Arte; un autentico viaggio all’interno di una delle menti più brillanti in circolazione.
Che ne pensate di questa lista? Siete d’accordo con noi? Qual è il vostro film preferito della carriera di Terry Gilliam?