Yoko Ono: ma che tipo di arte fa la vedova di John Lennon? [VIDEO]

Yoko
Condividi l'articolo

Conosciamo tutti Yoko Ono e sappiamo che, oltre a cantare è una artista concettuale. Ma avete mai approfondito che cosa fa davvero nella sua arte?

Yoko Ono è nota universamente, lo sappiamo, per un motivo: vedova di John Lennon e, prima ancora, capro espiatorio per lo scioglimento dei Beatles. Data la sua fama legata a queste due parti della sua vita, in pochi spesso si soffermano e cercando di andare oltre la componente “lennoniana” (seppur fondamentale) nella sua biografia.

Per esempio, non tutti sanno che precedentemente l’artista giapponese era già stata sposata e prima ancora di conoscere John aveva già una figlia, Kiyoko, nata nel 1963. Ma non è finita qui, perché nel mondo dell’arte concettuale Yoko era ben più famosa di John e già diversi anni prima, anzi, considerata tra le più importanti artiste degli anni ’60.

Una decade di grandi cambiamenti e innovazioni, come sappiamo, nel cui fervente panorama culturale i Beatles interpretavano solo uno dei tanti ruoli (per quanto eclatante) in un cast di innovatori e sperimentatori. La pop art di Andy Warhol, il teatro vivo di Julian Beck, la pittura-fumetto di Roy Lichtenstein, il minimalismo musicale di Terry Riley: c’è di tutto.

E tra i tanti troviamo proprio lei, Yoko, trasferitasi a New York nel 1952 e dedita ad un tipo di arte concettuale che subito trova posto nel clima di fervente creatività che caratterizza la città. All’inizio studia principalmente musica: è appassionata delle composizioni dodecafoniche di Arnold Schoenberg e trova immensamente stimolanti gli esperimenti di John Cage.

Finché all’inizio degli anni ’60 non si unisce al gruppo Fluxus, il più classico dei classici collettivi artistici americani, in questo caso di impronta new-Dada, del quale fanno parte tra gli altri anche Nam June Paik, La Monte Young, Joseph Beyus e Wolf Vostell. Ma negli anni tutti i più importanti artisti dell’epoca vi collaborano, in un modo o nell’altro.

LEGGI ANCHE:  Yoko Ono - Quello che molti non sanno

Parliamo qui di arte “cutting edge”, come si dice: avant-garde, sperimentazioni che includono spesso opere multimediali come quelle di Paik e che vanno dalla classica critica verso le ipocrisie della civiltà occidentale e capitalista all’esplorazione dei limiti tra le persone e la natura delle convenzioni della società umana.

Ed è questo proprio il tipo di arte al quale si dedica Yoko. Nella sua performance Cut Piece, del 1964, per esempio chiede ai presenti di tagliare a pezzi il suo abito (con lei dentro, si intende) con un paio di forbici. Si affrontano imbarazzo, nudità e violazione della privacy ma anche identità di genere e distanze culturali.

Ono esprime la sua arte anche in brevi filmati realizzati amatorialmente, come No. 4 (1966), che consiste in una serie di inquadrature di glutei e sederi vari; e in libri, come Grapefruit (1964), che contiene istruzioni per arte concettuale fai-da-te, come la performance Hide and Seek: “Nasconditi finché tutti vanno a casa. Nasconditi finché tutti si dimenticano di te. Nasconditi finchè non sono tutti morti”.

E poi naturalmente si arriva alle produzioni assieme al fedele John, dalla controversa Revolution 9, pezzo di musique concrete poi inserito nel White Album dei Beatles, alla creazione dello stato fittizio di Nutopia per protestare contro la tentata deportazione di John dagli Stati Uniti e ai famosi bed-in di protesta contro la guerra in Vietnam.

LEGGI ANCHE:  Pacifismo, hippy, John Lennon e Yoko Ono. Si prepara il film sulla coppia!

Negli anni ’70 in particolare John e Yoko diventano sinonimo di schieramento politico dell’arte ed esprimono le loro idee con forza e sempre insieme. Lo fanno naturalmente anche in musica: oltre a fare parte di fatto della Plastic Ono Band, gruppo senza confini e che può virtualmente includere chiunque, Yoko canta e suona anche insieme a John.

Yoko registra anche diversi album da solista, collaborando con John a più riprese (e con altri musicisti della loro cerchia, come Ringo), utilizzando anche spesso tecniche vocali sperimentali e derivanti dalla tradizione giapponese, non spesso capite o se è per questo sopportate dai fan del cantante inglese.

L’attività di Yoko è proseguita anche dopo la morte di John (ma spesso sempre ispirandosi anche a lui e alle sue idee), con varie forme di arte concettuale e produzioni musicali o spettacoli dal vivo legate a diverse versioni della Plastic Ono Band. Negli anni diverse band, come i B-52’s, hanno ammesso di essere state influenzate più da Yoko che da John.

Tra le sue opere più recenti ricordiamo per esempio Arising, esibita a Venezia nel 2015: un’opera di carattere femminista, che rappresentava corpi femminili (di silicone) bruciati, per descrivere la condizione della donna oggi con una metafora in riferimento al risorgimento di una fenice. E questo, con Yoko, è solo grattare la superficie. Lo stesso Lennon disse di lei che è: “L’artista sconosciuta più famosa al mondo: tutti sanno chi sia ma nessuno sa che cosa faccia“.

Continuate a seguirci su LaScimmiaSente