New Religion: Recensione del film dei Keishi Kondo | Trieste Science + Fiction Festival
Tra i nostri film preferiti di Trieste Science + Fiction Festival 2022 c'è indubbiamente l'opera prima di Keishi Kondo: New Religion. Ecco la recensione.
Anche quest’anno LaScimmiaPensa è Media partner di Trieste Science + Fiction Festival, da oltre vent’anni il festival di riferimento in Italia per tutti gli amanti di Fantascienza, Horror e Fantasy di produzione indipendente e underground. E tra i più bei film visti quest’anno, non possiamo che segnalarvi il perturbante New Religion di Keishi Kondo.
Abstract sci-fi horror è la definizione dello stesso Keishi Kondo. E fin dalla primissima sequenza è proprio la componente astratta, fortemente allegorica, in perfetto equilibrio tra cinema e una sessione di video arte, a catturare istantaneamente la nostra attenzione.
Miyabi (Kaho Seto) ha perso da poco la sua bambina, morta in un incidente a causa di una sua fatale distrazione. Separata dal marito, incapace di perdonarla, lavora come squillo di lusso e vive con un nuovo giovane fidanzato. Vive come un automa, un fantasma, e forse solo le piantine del suo balcone contano davvero qualcosa per lei.
Non è la sua nudità che desidera, ma qualcosa di tremendamente vicino al segreto della sua anima. E ogni volta che Miyabi lascia che il cliente fotografi una parte del suo corpo, sente sempre più vicina la presenza della sua bambina, come se potesse di nuovo toccarla, abbracciarla, leggerle delle fiabe, arrivando perfino a pensare di rivederla.
New Religion: Recensione
Un film evidentemente ispirato dal cinema di David Lynch, David Cronenberg, Lars Von Trier, Sion Solo, eppure in grado di esprimere uno stile registico assolutamente unico e personale.
Attraverso la semplice, radicale intensità del silenzio e del primo piano, New Religion di Keishi Kondo sembra fotografare l’essenza del lutto, del senso di colpa e di un dolore sordo, impossibile da espiare, restituendo la cruda verità di un’anima dilaniata.
Un horror senza sangue, eppure capace di arrivare al cuore dell’orrore umano. Così, tanto il cinema giapponese più commerciale sembra giocare sul crinale della perversione, la provocazione, la moltiplicazione spasmodica degli stimoli audiovisivi, Keishi Kondo sceglia la via di un’eleganza minimale.
E tra le righe di queste immagini sempre allusive, metaforiche, c’è anche una rappresentazione impietosa della società nipponica, uno scenario apparentemente caratterizzato dalla ricchezza e il benessere, eppure attraversato da una violenza e una disperazione strisciante, evidente negli occhi di persone sempre più sole, chiuse nei loro minuscoli, ordinati appartamenti.
Non sappiamo quando e se questo piccolo capolavoro di cinema indipendente troverà una eventuale distribuzione in streaming o nel tradizionale circuito cinematografico. Ma nel frattempo, non possiamo che ringraziare Trieste Science + Fiction Festival per averci fatto scoprire un’opera così anomala, radicalmente diversa dal qualunquismo e l’omologazione dilagante.