Su Netflix è appena arrivato il Cabinet of Curiosities, serie antologica supervisionata da Guillermo Del Toro e basata su alcuni dei più terrificanti racconti horror scelti dal cienasta messicano. Abbiamo deciso di parlarvi di uno quelli che maggiormente ci ha impressionato, ovvero sia L’apparenza, diretto da Ana Lily Amirpour e basato su un racconto di Emily Carroll. Si tratta sicuramente di una delle puntate più “leggere”. Non sono infatti presenti mostri, creature sovrannaturali o chissà quale entità diabolica pronta a fare a pezzi i malcapitati protagonisti. Tuttavia l’elemento attorno al quale ruota tutta la vicenda è qualcosa che fa decisamente più paura di chissà quale demone ancestrale: la pressione sociale e il continuo sentimento di inadeguatezza.
La storia parla infatti di Stacey, una dipendente di una piccola banca, interpretata in modo inquietantemente perfetto da Kate Micucci, che si trova, durante il periodo natalizio, ad essere invitata ad una festa insieme alle sue colleghe. Queste appaiono tutte molto simili tra loro ma terribilmente diverse dalla nostra protagonista. Le donne sono infatti tutte procaci, estremamente appariscenti e chiuse nella loro cerchia nella quale si parla princiapalmente di uomini, sesso e prodotti di bellezza. Stacey invece è esclusa da questi discorsi. Lei è infatti una donna molto mite e introversa, ha la passione per la tassidermia e vive serena col suo amorevole marito Keith. Tuttavia la sua vita, nella quale è evidentemente a disagio in ogni momento, è destinata a tracollare proprio durante la festa.
Inizialmente Stacey è infatti felicissima di prendervi parte, sentendosi finalmente parte di un gruppo che così tanto agogna. Tuttavia una volta sul posto si rende conto come la padrona di casa, Gina, abbia regalato a tutte le colleghe, compresa Stacey, una costosissima lozione miracolosa di bellezza alla quale, in maniera quasi ironicamente ovvia, la nostra protagonista è terribilmente allergica. La crema le scatena un violento sfogo sulla pelle che la porta a perdere totalmente il controllo di sè stessa.
Stacey entra in fatti in un vortice di follia scatenata dal suo sentirsi sbagliata e immagina che il venditore della costosa lozione, dalla televisione, le spieghi che quello sfogo sia solo un processo di traformazione verso la bellezza. Un po’ come in un moderno Videodrome, la televisione diventa il punto di riferimento infallibile al quale affidarsi per risolvere i problemi. Stacey dunque compra decine di confezioni e continua a spalmarle fino a che il suo sfogo non si propaga su tutto il corpo. E da qui la situazione diverrà incontrollabile.
Evitando qualsiasi spoiler successivo a questo punto, in quanto il finale è uno dei punti di forza maggiori della serie, è fuori discussione che questo L’apparenza sia l’eccezione che conferma la regola di tutto ciò che è Cabinet of Curiosities. Si tratta infatti di un episodio che fa leva su una paura che, chi più chi meno, tutti abbiamo. In determinati momenti della nostra vita, tutti siamo stati Stacey. Tutti ci siamo sentiti eslclusi, sbagliati. Abbiamo tutti cercato qualche rimedio miracoloso per poterci elevare e adeguare. Non è infatti un caso che il venditore televisivo, cercando di vendere la sua lozione, spiega che utilizzarla porterà a una trasformazione fisica, ma adeguerà le persone alla massa, toglierà il libero arbitrio e la personalità . Insomma renderà tutte pecore di un unico gregge. Pecore belissime, non c’è dubbio. Ma pur sempre pecore. Ma Stacey non vuole altro che essere come le altre, a qualsiasi costo.
La regia di Ana Lily Amirpour, insieme alla recitazione della Micucci, è uno dei punti più alti dell’intera puntata e dell’intera Cabinet of Curiosities. La messa in scena infatti, creata in modo furbo e scaltro per mostrare l’isolamento di Stacey anche in momenti ricreativi nei quali le colleghe tentano di avvicinarla, sono così semplici e diretti da colpire al cuore. Lo stesso modo di vestire della protagonsta, così diametralmente opposto rispetto alle altre donne, la fanno apparire ancor più diversa.
I primissimi piani sui protagonisti, le inquadrature ricercate dall’interno del forno a microonde o dallo specchio. Sono tutti mezzi che servono a portarci fin dentro alla psiche di Stacey. Il finale, tanto bello quanto angosciante, è solamente una metafora di ciò che la donna vuole diventare. Non importano sentimenti, desideri, ambizioni o personalità : Stacey vuole solo che le sue colleghe la includano. Non bastano neanche le parole di Keith a spiegare a sua moglie che non c’è niente di sbagliato in lei, nulla può ormai fermare la sua volontà . Tutto deve diventare come quello che ai suoi occhi è diventato il giusto canone: bello ma vuoto e morto dentro.
La fotografia fa inoltre un gioco importantissimo in tutta la vicenda. L’atmosfera spenta e smorta dell’inizio che si trasforma nell’apoteosi di colore finale, con inquientanti tocchi fatti di chiaroscuro e luci fulminate della cantina dove la protagonista tiene la sua scorta di lozione, è un modo che la regista utilizza per prenderci per mano durante tutta la vicenda. Vuole farci sentire come Stacey: sbagliati. E per tutto l’episodio ci sentiremo esattamente così.
In conclusione L’apparenza, col suo ritmo sostenuto e le sue musiche squillanti, sebbene quasi l’intera vicenda si svolga in un appartamento, è uno di quei prodotti horror che ci fanno capire, se mai ce ne dimenticassimo, che niente fa più paura al mondo della spietatezza della società nella quale viviamo. Assolutamente immancabile.
Che ne pensate? State apprezzando Cabinet of Curiosities?
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