Ripassiamo la discografia degli Oasis, mettendo in lista i loro lavori peggiori e migliori in quindici anni di carriera
7. Heathen Chemistry, 2002
Forse un momento un po’ a metà, pallido e per molti versi impreciso, quello che vede gli Oasis affacciarsi agli anni ’00 dopo una metà decade di grandi successi. Heathen Chemistry rimane il loro lavoro più tiepido, con Little by Little, super-classico cantato (e ovviamente scritto) da Noel come unico punto davvero forte.
6. Dig Out Your Soul, 2008
L’ultimo disco della band, anche se forse nemmeno loro lo sapevano. Uno stile che funziona fino alla fine, specie nell’inno rock The Shock of the Lightning e nell’oscura Falling Down. Ma, soprattutto, qui troviamo l’unica canzone scritta da Liam (su tre negli Oasis) veramente interessante e ben riuscita: la Lennoniana ispirazione di I’m Outta Time.
5. Don’t Believe the Truth, 2005
Per molti versi l’album più Beatlesiano della band, anche perché ci fa trovare alla batteria il figlio di Ringo Starr, Zak Starkey. Ma non solo: l’ispirazione è chiara nei singoli principali, Layla, The Importance of Being Idle (che riprende molto anche i Kinks) e Let There Be Love. Il difetto: questi sono più o meno i soli tre momenti davvero ragguardevoli nella tracklist.
Un disco del quale si è detto tutto e il contrario di tutto. Per molti la fine degli Oasis e la fine del britpop. Per altri il loro magnum opus. Come giudicare le stralunate e ambiziose iper-produzioni di All Around the World, D’You Know What I Mean, Stand By Me? Meglio concentrarsi su gioielli ingiustamente dimenticati come Fade In-Out per cogliere il carattere autenticamente rock dell’album.
3. Standing on the Shoulder of Giants, 2000
Gli Oasis forse più interessanti a livello strettamente produttivo, che qui fondono l’influenza dei contemporanei successi trip-hop (nelle basi ritmiche) e una volontà neo-psichedelica particolarmente vivace, che gioca su canzoni di grande atmosfera e dagli arrangiamenti sofisticati. Go Let It Out, Gas Panic! e Who Feels Love sono i momenti migliori in assoluto.
2. Definitely Maybe, 1994
Il disco dell’esordio, amatissimo in Gran Bretagna e che immediatamente getta uno sguardo lontano agli anni ’60 e ai tempi classici del rock inglese: un po’ Beatles, un po’ Kinks, un po’ Who ma con tanti altri momenti interessanti. Oltre ai classici, Live Forever e Supersonic, vanno citate perle come Sharkermaker, già quasi psichedelica, e la sottovalutatissima Columbia, brano rock epico quasi da stadio.
Difficile non considerare questo disco un capolavoro, pure con tutto il chiasso della produzione rumorosissima affidata a Noel. Il muro di suono rock si scontra con il perfetto cantautorato di caratter Beatlesiano che brilla specialmente in Wonderwall, Champagne Supernova, Don’t Look Back in Anger. Ma c’è molto di più. Brani estremamente sottovalutati come Cast No Shadow e She’s Electric.
Gli intermezzi sperimentali nella tracklist, che catturano una band rock in evoluzione e un suono che ricerca soluzioni nuove sia dal vivo che in studio. E la soluzione heavy di pezzi come la title track, che ci ricorda sempre che genere musicale stiamo ascoltando. Morning Glory è un disco rock, un disco altenativo e un disco brit. Difficile fare più di così.