Willow Smith produce un interessante album emo colmo di tristezza, disperazione e chitarre stridenti
Willow Smith è ufficialmente l’icona emo del 2022. E sì, nel 2022 esiste l’emo, in gran parte appunto grazie a lei. Per inciso, non parliamo della versione del genere più soft che ricordiamo legata alle band promosse da MTV, dei più orecchiabili My Chemical Romance o dei più popolari Fall Out Boy, sul finire degli anni ’00.
Al contrario, con un’operazione musicale nostalgica e per certi versi imprevedibile la cantante recupera le sonorità più classiche del genere, quelle legate all’hardcore punk e al post-hardcore degli anni ’80. E ci regala un disco chitarristico violento, aggressivo, disperato e autenticamente stridente, colmo di rabbia e insicurezze giovanili.
La cantante, figlia di Will Smith e Jada Pinkett e sorella di Jaden, accarezza queste sonorità piuttosto inusuali già da un po’ ed esce fuori dallo schema dell’artista di colore figlia di celebrità che deve darsi al rap o all’R&B. Tutt’altro: qui abbiamo un bell’album rumoroso e potente, con ritornelli però soavemente pop e melodici, come l’emo della miglior qualità.
E nel proporsi in questa veste in effetti Willow riesce anche figurare come forse l’unica vera e propria icona “rampante” della famiglia Smith, con il fratello ancora legato a un’immaginario sad rap troppo anni ’10 e i genitori per metà invischiati nello “Slapgate” risalente agli ultimi premi Oscar.
Coping Mechanism, una promessa di indagine psicologica già dal titolo, esprime furia ed incertezze già dal titolo e rilascia tantissime tensioni in canzoni come curious/furious, WHY? (che scritto così sembra, probabilmente non a caso, un pezzo di XXXTentacion) e ur a <stranger>, più la title track, molto riuscita.
Pregevole anche la collaborazione con Yves Tumor in Perfectly Not Close to Me, mentre gli abissi più oscuri nell’album vengono esplorati in Falling Endlessly, Hover Like a GODDESS e BATSHIT!. Anche se l’operazione di ricostruzione musicale e di arrangiamento è evidentemente risultato di un attento studio, difficile credere che in tutto questo grande sfogo non vi sia nulla di onesto.
Ossia: non ci viene da pensare che questo album sia solo il tentativo di una figlia d’arte di farsi disperatamente notare quanto (se non più) dei genitori e pur con tutta la malizia e il cinismo del mondo è impossibile credere che di questi profondi sentimenti tradotti in oscuri passaggi hardcore punk Willow non provi in realtà nulla.
Ovvio che, d’altra parte, non dobbiamo essere nemmeno ingenui. Non parliamo di una artista garage o bedroom che registra demo amatoriali, ma di un prodotto sicuramente affidato a professionisti e registrato con le più moderne tecnologie, nonostante il sound “antico”. Il che, certo, non ci impedisce di apprezzarlo. Potrà Willow da sola riportare in auge l’emo? La scommessa è aperta.